#ReadChristie2024: L’uomo vestito di marrone, spie, omicidi e furti di gioielli

Marzo si è concluso e così è lo stesso per la terza tappa della #ReadChristie2024. Per questo mese, per concludere l’esplorazione della produzione christiana degli anni Venti, la scelta è caduta su uno dei libri meno amati dal pubblico di lettori di Agatha Christie, L’uomo vestito di marrone.

The Man in the Brown Suit, questo è il titolo inglese, è il quarto libro scritto da Christie e, pur venendo pubblicato nell’anno 1924, prende a piene mani da una particolare esperienza vissuta dalla scrittrice soltanto due anni prima.

Nel 1922, il maggiore Belcher, amico di Archibald, offre al marito di Agatha Christie un’esperienza unica: partire per un lungo viaggio in giro per il mondo in vista della futura Esposizione Universale che si sarebbe tenuta a Londra nel 1924. Dopo alcuni tentennamenti, Archie e Agatha lasciano la figlia Rosalind alle cure della nonna e partecipano alla spedizione. Nel giro di quasi un anno intero i due visitano paesi che mai si sarebbero sognati di vedere, il Sud Africa, la Nuova Zelanda, l’Australia. Agatha Christie rimane affascinata da queste località e dalle persone che incontra lungo il tragitto, e inizia a scrivere furiosamente quello che sarà poi L’uomo vestito di marrone.

La protagonista di questo romanzo è Anne Beddingfeld, che ricorda la tipica eroina dei romanzi d’appendice, intelligente, emotiva, intraprendente. Il ruolo svolto da Anne è prominente a tal punto che, quando Christie vende i diritti della storia all’Evening News, dove viene effettivamente pubblicata per la prima volta a puntate, la redazione opta per il titolo Anne the Adventuress. Anne è una giovane ragazza senza una professione che, a causa della scomparsa improvvisa del padre, eminente antropologo, decide di seguire il proprio istinto e investigare sulle circostanze misteriose della morte di un uomo incontrato in stazione. Le indagini la portano presto a lasciare l’Inghilterra e a partire a bordo di un piroscafo per il Sud Africa.

Agatha Christie ricorda così i luoghi del suo viaggio attorno al mondo e, su richiesta del maggiore Belcher, per tratteggiare il personaggio dell’omicida prende parzialmente ispirazione dall’uomo che le ha permesso di vivere quella particolare avventura insieme al marito. Sempre in materia di personaggi singolari, fa qui la sua prima apparizione il Colonnello Race, che diventerà personaggio ricorrente, seppur mai particolarmente rilevante. L’uomo lavora per i servizi segreti e ha come principale obbiettivo quello di mantenere l’ordine in Inghilterra e nell’intero Impero britannico.

Fa una sua prima comparsa anche quel mostro gargantuesco che è la stampa, e che Christie arriverà presto a detestare. Il personaggio di Lord Nasby, un barone che possiede svariati giornali e che dà un lavoro e una copertura a Anne, è ricalcato sulla figura di Lord Northcliffe, uno dei primi editori a sviluppare il giornalismo popolare per come lo conosciamo oggi. Lord Northcliffe, aka Alfred Charles William Harmsworth, è stato cofondatore e proprietario del Daily Mail e del Daily Mirror.

L’uomo vestito di marrone è un calderone di generi e stratagemmi narrativi. È prima di tutto un romanzo di spionaggio: Anne ha a che fare con intrighi internazionali, organizzazioni terroristiche e agenti sotto copertura. Ma è anche un giallo, dove l’omicidio e il furto di gioielli si sprecano. D’altro canto è in questa storia che Christie inizia a sperimentare con forme narrative più complesse. Il punto di vista si sdoppia nell’alternare alla voce principale, quella di Anne, altri personaggi. Ça va sans dire, non tutti sono affidabili. L’idea della narrazione a più voci verrà sviluppata meglio in romanzi come La serie infernale o Un cavallo per la strega.

La pessima reputazione di questo romanzo, che a posteriori è in realtà molto godibile e divertente, se non preso con troppa serietà, è dovuta, probabilmente, in parte all’elemento spionistico, che presto ha stancato i lettori di tutto il mondo, in parte a una trama poco sviluppata. A contribuire a questa “superficialità” narrativa, se così vogliamo chiamarla, è la traduzione italiana, passata forse per numerose mani, piena di buchi e spesso stravolta rispetto all’originale inglese. Un condizione comune a molti altri libri di genere usciti in quegli anni, dovuta in parte ai mezzi limitati dell’epoca e a travagliate vicissitudini editoriali (nonché a un certo disprezzo per il genere, dal giallo alla fantascienza).

Consiglio: se volete leggere L’uomo vestito di marrone, e se sapete un po’ di inglese, leggetelo in lingua originale.

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