Esistono diverse declinazioni possibili per raccontare la storia di una famiglia. Si possono scrivere lunghe saghe familiari – che sono di grande tendenza nella letteratura italiana da pochi anni a questa parte –, si può mescolare la Storia con la finzione o ancora ci si può affidare all’autofiction. E proprio l’autofiction è la strada intrapresa da Matteo Trevisani che, con il suo Libro del sangue, conclude l’ideale e perfettamente coerente trilogia iniziata con Libro dei fulmini e Libro del Sole. Tutti e tre i romanzi sono stati pubblicati dalla casa editrice Atlantide edizioni.
Matteo Trevisani, oltre a essere scrittore, è editor, redattore e collabora con diversi giornali e riviste. Con Libro del sangue sceglie di raccontare la sua storia familiare mescolando finzione letteraria e genealogia, dando vita a una seconda esistenza – un secondo Matteo – sotterranea che si fa carico di quelle dei suoi antenati.
Il Matteo del libro, un giorno si vede arrivare nella posta elettronica un documento che ripercorre tutta la sua genealogia familiare. C’è però una particolarità curiosa, che gli fa pensare a uno scherzo di cattivo gusto: sull’albero c’è anche lui, con tanto di data di morte. Matteo scopre che dovrebbe morire tra pochi giorni, il 21 settembre e, nel tentativo di scoprire il mittente della mail e di svelare il mistero che porta con sé, contatta una sua vecchia amica. Giorgia, la figlia di Alvise, ha sempre lavorato al fianco del padre come genealogista e, come Matteo, ha una complicata storia familiare che affonda le sue radici nella leggenda. Entrambi, così come i loro antenati, sono tormentati da un mostro. Nel caso di Matteo si tratta di una balena che sembra essere la responsabile del naufragio di molti Trevisani che lo hanno preceduto. Così i due uniscono le forze nel tentativo di svelare il segreto che si cela dietro le proprie esistenze.
Nel romanzo, la storia di Matteo si incrocia con quella dei suoi antenati. Passato, presente e futuro si intrecciano e si alternano continuamente per svelare il legame che unisce due alberi genealogici, un duo come l’albero della conoscenza e l’albero della vita biblici, e il potere che il sangue gioca sulle nostre vite.
Ma mi pareva che, come in un incantesimo, il futuro aveva modificato il passato. Ciò che stavamo scoprendo e che avevo ricercato aveva cambiato per sempre le vite di quelli che erano morti, e durante questo processo io ero finito, senza sapere come, o quando, in un presente che non conoscevo, che non avevo studiato, la cui mappa mi era arrivata nella posta elettronica un giorno che ero impegnato a fare altro. È così che le cose cambiano, realizzai, in un momento in cui non te ne accorgi, in un momento in cui non fai abbastanza attenzione.
La maledizione che colpisce la famiglia di Matteo, e che vorrebbe un destino tragico per i primogeniti, è il perno attorno cui ruota tutta la storia. Grazie all’immagine mitica di una balena che sconfina dal regno che le compete, quello delle acque, e che appare nella forma di segni premonitori e lugubri nelle nuvole o nel sangue che ci scorre nelle vene, l’autore riesce a evocare un’atmosfera mistica, esoterica. La realtà rompe gli argini e travolge tutto quello che è ordinario, un’altra vita affiora da quella emersa in superficie.
Questa maledizione, che si nasconde nelle genealogie di ciascuno di noi, fa coppia col destino, il fato. La nostra storia è già scritta in chi ci ha preceduto, i nostri traumi sono frutto di quelli dei nostri antenati, sono un tratto ereditario tanto quanto gli occhi azzurri o il colore dei capelli. Dal Libro del sangue emerge un forte senso di ineluttabilità, forse appena smorzato da un barlume di speranza. C’è qualcosa nella completa accettazione di una situazione impossibile da cambiare che sa anche di libertà. Non possiamo scappare dal nostro destino ma, forse, possiamo dargli un senso e gettare le basi per un futuro altro.
-Davide