#ReadChristie2023 | Dopo le esequie: Poirot e i Parenti Serpenti

Maggio, il mese delle rose, il mese del Salone e, non meno importante, il mese della quinta tappa della #ReadChristie2023, la challenge di lettura organizzata dall’Agatha Christie ltd. che per ogni mese dell’anno ci porta a leggere un titolo diverso della Regina del Giallo. Come sempre, insieme al Gruppo Telegram, Chiara & Laura di Sister’s Books e Sara di Istantanea di un libro, abbiamo deciso di leggere qualcosa che rientrasse nella consegna indicata, quella del tradimento: dal sondaggio lanciato nel gruppo è emerso vincitore Dopo le esequie.

After the Funeral, romanzo pubblicato per la prima volta in UK nel 1953 (conosciuto negli USA con il titolo Funerals are Fatal), arriva in Italia con il titolo Dopo le esequie, nella traduzione di Loredana Giachetti nel 1954. Al momento è disponibile nella versione di Lia Volpatti. Si tratta di uno dei romanzi di Agatha Christie che raccontano meglio il Regno Unito nel periodo dell’immediato secondo dopoguerra, come Alla deriva e Un delitto avrà luogo.

Il romanzo parte con una scena che sembra uscita dal primo episodio di Downton Abbey: siamo a Enderby Hall, magione della famiglia Abernethie (o Abernathy in alcune traduzioni italiane). Si è appena concluso il funerale (da qui il titolo) del ricchissimo Richard Abernethie. La famiglia del compianto si ritrova a Enderby per la lettura delle sue ultime volontà. Agatha Christie presenta quasi tutti i personaggi del romanzo, anche quelli assenti al momento presente.

L’albero genealogico della famiglia Abernethie è abbastanza complicato: in cima troviamo Cornelius Abernethie, rappresentato unicamente nel grande ritratto che campeggia in Enderby Hall. A seguire, i suoi figli: Richard, Leo, Laura, Timothy, Gordon, Geraldine e Cora. E poi c’è la “nuova generazione”, composta da Mortimer (morto prematuramente, compromettendo la salute del padre). George (figlio di Laura e presente al funerale), Susan (figlia di Gordon) e suo marito Greg Banks, Rosamund (figlia di Geraldine) e suo marito Michael Shane.

Alla lettura del testamento però ci sono solo Helen, George, Maude, Susan e il marito, Rosamund e il marito e Cora. E, ovviamente, l’esecutore testamentario, Mr. Entwhistle. Dopo un incipit alla Quel che resta del giorno, con l’indefesso Lanscombe, maggiordomo di Enderby Hall, che porta avanti il rituale dell’alta società inglese nonostante tutto — e nonostante i problemi alle persiane — l’azione si sposta in biblioteca, dove la famiglia è riunita per leggere il testamento di Richard. In seguito a una scomoda domanda di Cora, che non ha peli sulla lingua, forse più svampita che scaltra, gli eredi scoprono che la fortuna di famiglia va divisa in sei parti uguali, cinque parti per i parenti più stetti e la sesta per la moglie vedova di uno dei suoi fratelli morto in guerra. Due di queste parti sono donazioni dirette, mentre le altre vengono sotto forma di rendita a vita. Enderby Hall deve essere messa in vendita.

Tutto sembra regolare, senonché Cora se ne esce con una frase che diventerà il leitmotiv del romanzo:

“Diamine, è stato ucciso, no?”

Se all’inizio questa affermazione viene etichettata come una delle stranezze di Cora, successivamente il dubbio inizia a farsi strada nella mente dei membri della famiglia Abernethie e anche in quella del notaio Entwhistle. Il dubbio diventa ancora più profondo quando, poco dopo il funerale di Richard, Cora viene ritrovata uccisa in modo brutale — colpita e sfigurata da un’accetta — nel suo cottage di Lytchett St. Mary, dove vive con la sua companion, Miss Gilchrist, una signora di mezza età che si è reinventata aiuto in casa dopo aver chiuso la sua amata sala da tè a causa della guerra.

E Poirot? Poirot arriva dopo, per intercessione di Entwhistle, che inizia a sospettare che i due decessi possano essere collegati. Hercule Poirot gioca al suo gioco preferito, indagare a distanza, fino a quando non decide di buttarsi a capofitto nella situazione, come se fosse il personaggio di una farsa, tanto da indossare i panni di un certo Monsieur Pontarlier, ambasciatore dell’U.N.A.R.C.O.

Dopo le esequie raccoglie al suo interno tutto il sentimento inglese del secondo dopoguerra: la nuova “povertà” degli strati più ricchi della società, non volersi arrendere al passaggio del tempo e al mutare delle usanze e dei rituali della cara vecchia Britannia. Per non parlare della paura degli sconosciuti. La guerra ha scombinato le carte anche nei centri abitati più piccoli, dove tutti conoscono — o meglio conoscevano — tutti. Più e più volte nel romanzo i personaggi danno voce a questo timore, al fatto che le persone sono difficili da riconoscere, anche per colpa del conflitto appena terminato.

C’è poi il tema della casa, vista non solo come centro vitale e cuore della famiglia, ma anche come status di potere e come una versione ridotta della nazione in cui i nostri si muovono. Timothy si lamenta della sua magione georgiana difficile da mantenere con i pochi soldi a sua disposizione, e si lamenta ancora di più del fatto che Enderby Hall debba essere messa in vendita, per giunta a un gruppo di rifugiati esteri.

Incredibile poi è il numero di invettive che i personaggi — e ci permettiamo di aggiungere che queste dichiarazioni sembrano uscite dalla stessa penna dell’autrice — fanno nei confronti delle tasse di successione, delle tasse sui redditi, del governo (e sul precedente governo laburista) e delle nuove generazioni. Sappiamo, anche dall’autobiografia di Christie, che il suo rapporto con l’ente delle tasse non fu dei migliori, soprattutto dagli anni ’50 in poi. Non stupisce quindi questa vena polemica.

Non parliamo poi delle somiglianze ad altre storie di Christie che Dopo le esequie mostra di possedere: il Mr. Goby che viene incaricato da Poirot è lo stesso Goby che appare ne Il mistero del treno azzurro, in Sono un’assassina?, Poirot e la strage degli innocenti e in Gli elefanti hanno buona memoria. Dei temi ne abbiamo già parlato: se da una parte ci ricorda Alla deriva e Un delitto avrà luogo, dall’altra la famiglia di Dopo le esequie fa eco alla famiglia di Aristides Leonides di È un problema. In più, in voltata vengono citati anche La serie infernale e Se morisse mio marito.

Dopo le esequie è un romanzo che raccoglie molti temi classici dell’opera christiana (la famiglia, lo status sociale, la messa in discussione dell’identità), a partire da un’atmosfera cupa, angosciante e opprimente che si rivela poi per quello che è: una vera e propria farsa che mette in scena gli istinti dei personaggi — basti pensare alla spartizione dei beni del capofamiglia, che sembra uscita da Parenti Serpenti di Monicelli. Qui giocano un ruolo importante il teatro e la sua forma, non solo perché Rosamund, nipote di Richard, è un’attrice (ricorda la Magda West di È un problema) ma anche per l’aperta citazione a The Voysey Inheritance di Harley Granville Barker, play teatrale che vede protagonista la famiglia Voysey e le loro beghe intorno a un’eredità (anche questa citata in È un problema).

Insomma, leggendo i libri di Agatha Christie ci rendiamo conto che non sono monoliti, ma dialogano tra loro e mostrano al loro interno temi cari all’autrice e ricorrenti, temi che Christie ha cercato di approfondire attraverso una delle arti — per dirla alla De Quincey — più antiche dell’umanità, il delitto.

Di Dopo le Esequie parleremo insieme al gruppo Telegram, Chiara, Laura e Sara nella diretta mensile dedicata che avrà luogo lunedì 29 alle 21.15 su Google Meet. Diretta nella quale annunceremo anche la lettura del mese di giugno. Ci vediamo lì!

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