Angélica Gorodischer è considerata una delle più grandi voci della fantascienza argentina, cosa che le è valsa il nome di «dama della ciencia ficción argentina». Ma questa straordinaria autrice attraversa i generi e li oltrepassa. Nella sua lunga carriera di professionista della parola, Gorodischer – scomparsa nel febbraio dello scorso anno – scrive di scenari fantastici, di noir, di storia e, sempre, di Argentina. Grazie all’attento lavoro di traduzione di Giulia Zavagna e grazie alla cura della casa editrice Rina, i lettori italiani possono leggere finalmente Kalpa Imperial, quarto titolo della collana Água viva diretta da Luciano Funetta.
Questa raccolta di racconti, o questo romanzo in episodi, è stato pubblicato in due volumi tra il 1983 e il 1984, in risposta a una scelta editoriale. Il libro rimane sconosciuto al grande pubblico per molto, moltissimo tempo fino a che, nel 2003, Ursula K. Le Guin lo traduce in lingua inglese e facendo questo lo consacra e lo rende celebre. Nelle storie di Kalpa Imperial si sentono le influenze di Hans Christian Andersen, di J.R.R. Tolkien e di Calvino, per stessa ammissione della scrittrice, che cita i colleghi nei ringraziamenti. Ma il mondo di Gorodischer ha qualcosa di intrinsecamente originale e complesso.
Qualcuno di voi ha l’onore di conoscere un giardiniere? Sono persone ammirevoli, credetemi, ma non se ne vanno certo in giro a fare considerazioni sulla pazzia propria o altrui. Se ne stanno chini sulla terra e conoscono molti nomi e molte lingue e non vi sono cose a questo mondo in grado di impressionarli troppo, poiché vedono la vita correttamente, così come si dovrebbe sempre fare, dal basso verso l’alto e in onde concentriche.
Al centro degli undici racconti che compongono il volume sta il potere. Il potere è rappresentato da un Impero grandioso, immenso e tentacolare, che si estende da Nord a Sud e che vede in continuo avvicendarsi una serie di imperatori e imperatrici, alcuni esempi luminosi di buon governo, altri meschini e corrotti omuncoli che del popolo non hanno considerazione. A raccontare la Storia e le storie dell’Impero sono i cantastorie che interpellano direttamente il proprio pubblico e conservano la memoria storica, spesso inaffidabile o frammentaria, di un mondo antico che non esiste più.
Gorodischer esplora la fenomenologia del potere. Ne mette in luce i rischi, le ambizioni, e facendo questo descrive anche cosa fa il potere agli uomini nel momento in cui l’ottengono. C’è chi lo usa sottomettere, chi lo usa per costruire città, chi perfino lo rifugge e lo lascia come un mendicante fuori dalle porte del palazzo imperiale.
Fu un buon imperatore. Non vi dirò che fu perfetto perché non è così: no, miei buoni amici, nessun uomo è perfetto e men che meno un imperatore, poiché ha il potere nelle sue mani, e il potere è dannoso come un animale non del tutto addomesticato, è pericoloso come un acido, è dolce e mortale come miele avvelenato.
Ma i veri protagonisti di questo libro sono i cantastorie. È evidente l’importanza che rivestono. Servono per ricordare gli eventi passati, le storie più o meno favolose degli imperatori e delle imperatrici e le origini mitiche dell’Impero. Ma come di Impero non ce n’è solo uno, ed è destinato a morire e a rinascere in un ciclo continuo, così di Storia e di storie ce ne sono molte, e corrispondono ad altrettante verità. Il rilievo che chi racconta storie e la memoria rivestono nell’immaginario di Gorodischer, e così vale per il linguaggio, la parola, è lo stesso che riecheggia nelle storie di Le Guin. La forza dell’immaginazione delle due scrittrici è molto simile per potenza e ricchezza.
Per Gorodischer – come racconta Loris Tassi nella prefazione al libro – la scrittura è un salto nel vuoto e come tale non deve produrre “libri addomesticati”. Chi scrive non è tenuto a far sentire a proprio agio chi legge, anzi. La scrittura deve correre rischi ed essere capace di togliere la terra da sotto i piedi del lettore, come quando si è in cima alle montagne russe, poco prima di tuffarsi giù in un salto avvitato, e lo stomaco ti si annoda in vista della caduta libera. Gorodischer è questo: lasciarsi andare all’immaginazione e all’alieno, tuffarsi nel multiforme.
-Davide