Ci sono alcuni libri che ti porti dietro come fossero copertine calde, da gustarsi a piccoli sorsi perché non vuoi che finiscano mai. Per molti anni per me sono stati i libri fantasy ed è bello scoprire che a volte lo sono ancora. A leggere L’anno dell’oro, scritto da Maria Gaia Belli e pubblicato per effequ, ho provato le stesse sensazioni e le stesse emozioni che ho provato – e provo ancora adesso quando mi capita di riprenderli in mano – leggendo i libri di Philip Pullman o quelli di Ursula K. Le Guin. Piccoli mondi in cui di tanto in tanto tornare, per sentirsi a casa.
Il romanzo è il secondo volume della trilogia della Dorsale, che prende il nome da questa gigantesca catena montuosa a ridosso della quale sorge l’Accademia, centro di addestramento per soldati e draghi. È un universo in cui queste creature fantastiche convivono pacificamente con l’elettricità, le automobili, i telefonini. Un universo in cui non mancano conflitti e discriminazioni, ingiustizie e pregiudizi. Dopo L’anno del ferro, che ci ha introdotti a questo luogo romanzesco e ai protagonisti, ritroviamo Kami, Luk, Key e Leila, alle prese con i loro anni di formazione in Accademia, tra corse di draghi, lotte e turni lunghissimi in ospedale. Ed è bello ritrovarli esattamente come li abbiamo lasciati, immersi in una società in transizione, in bilico tra antico e moderno.
Se il primo volume aveva il sapore del prologo e presentava tre personaggi perfettamente caratterizzati, questo secondo volume somiglia più a un romanzo di formazione. Kami, Luk e Key devono affrontare primi amori, scegliere un percorso professionale, relazionarsi alla propria famiglia, aggiustarsi a un mondo che sembra cambiare con loro e che spesso è ostile. In poche parole: crescere. È quello che attraversiamo tutti, è la realtà, e il fantastico diventa una possibile chiave di lettura di questa realtà.
I tre ragazzi maturano sotto i nostri occhi e si trovano davanti sfide importanti. L’anno dell’oro è anche l’occasione, per Belli, per approfondire tematiche come lo scontro tra culture diverse e il pregiudizio o per approcciare aspetti della vita quotidiana, come la maternità, che spesso nel genere vengono sfiorati solo en passant. Kami, Luk e Key assumono contorni sempre più netti e precisi e, alla fine del romanzo, hanno una strada precisa ad aspettarli.
Come nell’Anno del ferro, sono i tre ragazzi a raccontare la loro storia in prima persona, ciascuno con una voce netta e inconfondibile. Belli è narratrice super partes, si limita a dare fiato ai suoi personaggi, senza emettere giudizio. Leggendo ci si dimentica quasi che c’è un’autrice sola, e che non siano Kami, Luk e Key ad aver scritto il libro in uno sforzo congiunto.
Se c’è una cosa bella quando leggi è quel momento in cui sei talmente preso da quello che hai tra le mani che ti scordi completamente di dove sei. E sei così emotivamente investito dalla storia che ti ritrovi a fare il tifo per questo o quel personaggio, per questa o quella coppia (vedi voce del verbo shippare).
Che dire? L’anno dell’oro è IL fantasy dell’anno, per cui, per sapere cosa succederà ai nostri tre beniamini (quattro, se si conta Leila) tocca aspettare – e mai attesa fu più straziante e dolorosa – il prossimo volume. E noi aspettiamo fiduciosi.
-Davide