Forse vi sorprenderà, ma uno dei nostri guilty pleasure (più pleasure che guilty) è Chi l’ha visto?, trasmissione trentennale che ogni mercoledì racconta il bel paese molto meglio di tanti scrittori e giornalisti. Non perdiamo una puntata. Sotto i nostri occhi passano centinaia di casi, dai ragazzi scappati dalle proprie abitazioni ai signori anziani che, per colpa di qualche malattia, si ritrovano senza contezza a vagare e a perdersi, finendo in quella che Federica Sciarelli chiama «La terra degli scomparsi».
Si tratta di uno spazio metafisico, dove le persone esistono e non esistono, sono vive ma allo stesso non lo sono. È in questa specie di limbo che inizia la storia di Alessio Cuffaro, Nessuna ragione al mondo, edito Elliot Edizioni. Lo scrittore prende spunto da un fatto di cronaca di qualche anno fa: un libraio torinese, dopo una festa, sparisce. Insieme a lui, solo uno zainetto.
In fondo era sempre stata questa la cosa che gli riusciva meglio: sottrarsi, nascondersi, scappare. Ma adesso è troppo facile. Il senno di poi è rubare il tempo alle cose.
Tranquilli però: non si tratta di un’inchiesta sul caso, che ancora oggi è purtroppo senza soluzione. Cuffaro ne trae soltanto ispirazione. Andrea, il protagonista, è un giornalista parlamentare a Roma. Quella sera sta cenando da solo in casa quando accende la tv e scopre, proprio grazie a una trasmissione televisiva, che un suo lontano amico d’infanzia è sparito. C’è solo un problema: il nome che accompagna la foto sullo schermo Andrea non lo riconosce. No, non si tratta di uno sbaglio della regia. Lo scomparso, che conosceva con il nome di Sergio, viene presentato come Daniele Pagani.
L’amicizia tra i due risale all’adolescenza vissuta a Palermo, uno nel mondo ovattato della buona società delimitato da via Marchese di Villabianca, via Libertà, via Dante e viale Lazio, l’altro nel quartiere dei palazzi popolari. Diversi nel carattere, passano le giornate parlando di libri, politica, filosofia. A loro poi si aggiungono Aurora e Tiziana.
Volevamo tutto, e pensavamo che ci sarebbe spettato. È il pensiero oggi, di come eravamo allora, che riveste i ricordi di una spensieratezza che non c’era, di una genuinità che non ci apparteneva, di una speranza che non eravamo disposti a sorreggere nemmeno con le nostre gambe ancora giovani.
Il passato si mescola al presente e all’indagine che Andrea porta avanti per distrarsi dalla crisi che sembra togliergli ogni certezza. Con la sua compagna le cose non vanno bene, il lavoro non gli dà più soddisfazioni, mentre il mistero del suo amico ha tutta l’aria di essere la scossa di cui ha bisogno.

Apre il volume una citazione di Truman Capote, precisamente da Colazione da Tiffany. E sono proprio le atmosfere melliflue e noir alla Capote che Cuffaro cerca di replicare, con successo, in questo romanzo che abbandona presto i binari della cronaca. Lo stile essenziale, ma non per questo grezzo o semplice, riesce a mantenere alta l’attenzione di chi legge, come un magnete. Vogliamo capire, non solo cosa è successo a Sergio-Daniele, ma anche per rispondere a una domanda implicita: come mai due amici così legati si sono persi di vista?
Cambiare identità è una di quelle idee che tutti, prima o poi, accarezziamo. Alcuni di noi vivono già sotto mentite spoglie, oppressi dalle convenzioni sociali, da comportamenti e leggi invisibili che hanno un loro peso. Cuffaro indaga anche queste istanze, restituendo il ritratto di un uomo che si sente in trappola, ma che riesce in qualche modo a trovare uno scopo per andare avanti, forse senza rendersene conto.
Siamo affamati di gioia. E alle volte pur dir gioire facciamo delle cazzate incredibili e sprechiamo le cose migliori.
Nessuna ragione al mondo è stata una bella sorpresa. Data l’ispirazione, era facile scivolare nelle dinamiche delle trasmissioni di cronaca, che spesso dimenticano l’elemento d’inchiesta in favore del sensazionalismo e dello share. Alessio Cuffaro non indugia su questo aspetto, anzi, crea qualcosa di sorprendente. Proprio per questo lo consigliamo con forza.
-Marco