Fazi Editore | Piranesi di Susanna Clarke, la Casa e le Statue

Sedici è il numero di anni trascorso dall’ultimo romanzo di questa straordinaria autrice, Susanna Clarke. Nel 2004 era uscito il suo primo libro, un esordio, Jonathan Strange & il Signor Norrell (Longanesi, 2005), che l’aveva portata in finale al Man Booker Prize. Un volume imponente, di più di 700 pagine, in perfetta antitesi con la sua nuova uscita, pubblicata in Italia da Fazi nella traduzione di Donatella Rizzati.

Eh, sì, perché Piranesi è un volume esile, soprattutto considerando la lunghezza standard dei libri fantasy. È una storia autoconclusiva, bizzarra e surreale, con un incipit in medias res che costringe il lettore a spremersi le meningi per poterci capire qualcosa. Piranesi è il nome dell’unico abitante della Casa, un mondo – come lo definisce lo stesso protagonista – di lunghi Corridoi e Saloni in cui l’unico elemento topografico utile a orientarsi sono le Statue che spuntano come funghi in ogni dove. E poi c’è l’acqua… Secondo un preciso calendario che solo Piranesi conosce, gli spazi della Casa vengono ciclicamente inondati da maree la cui origine è sconosciuta. Due soli umani vivono in questo strano luogo, il protagonista e l’Altro. Gli unici altri esseri viventi sono gli uccelli e i pesci.

Tante sono le domande che frullano per la mente del lettore: chi è Piranesi? Chi è l’Altro? Dove siamo davvero? Ma Piranesi cosa si è fumato? Vietato spiegare oltre, causa rischio spoiler, ma, potete stare tranquilli, a tutte queste domande – più o meno – viene data risposta se si prosegue la lettura del romanzo. Lo stato di confusione mentale è uno stratagemma voluto, in fondo è un po’ quello che sentono anche gli abitanti della Casa.

Piranesi è una specie di incrocio tra Il nipote del mago di C.S. Lewis – c’è anche una citazione difficile da mancare –, Il mare senza stelle di Erin Morgenstern, Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare e Le venti giornate di Torino di Giorgio De Maria – okay, forse quest’ultimo è un paragone un po’ forzato perché le statue delle Venti giornate, cupe e minacciose, sono esattamente l’opposto di quelle della Casa, rassicuranti e amichevoli, ma il senso di pericolo imminente che impregna le pagine è lo stesso. Il pregio di Clarke è quello di costruire un mondo originale, dall’eco classica, dotato di un fascino e una bellezza inquietanti, onirici.

Ho risalito la Parete Occidentale finché non sono arrivato alla Statua di una Donna che sorregge un Alveare, a quindici metri dal Pavimento. La Donna è due o tre volte più alta di me e l’Alveare è ricoperto di Api di marmo grandi quanto il mio pollice. Un’Ape – questa cosa mi provoca sempre una leggera sensazione di nausea – striscia sopra l’Occhio sinistro della Donna.  

Piranesi questo mondo lo esplora tutti i giorni, conosce ogni Salone, ogni Vestibolo e ogni Statua. Non ha nessun segreto per lui, forse solo quel profondo legame che sente di avere con la Casa, che lo unisce a quegli ampi spazi vuoti e lo riempie di meraviglia come poche cose sono in grado di fare. Piranesi comunica continuamente con la Casa, con gli uccelli, con le Statue, e quelle, a modo loro, gli rispondono. Tutto quello che gli capita, anche quelle che potrebbero sembrare semplici piccolezze ai più, le annota nei suoi diari. La scrittura, insieme alla capacità di osservare, di cogliere con attenzione i particolari, è la chiave per interpretare il mondo di Susanna Clarke. Nella parola c’è un potere ineguagliabile e Piranesi lo sa bene.

Dicevamo che è un fantasy atipico. Un po’ per la lunghezza, un po’ perché è autoconclusivo e non fa parte di una saga, ma un po’ anche per il modo in cui Clarke cerca di scardinare gli schemi tradizionali del genere – anche se è vero che ormai, per nostra fortuna, negli ultimi anni abbiamo assistito a una fioritura originale di storie di questo tipo, penso al già citato Mare senza stelle o a Gideon la nona. Piranesi poi, sfiora anche il thriller: c’è un mistero al centro di questo libro, e noi raccogliamo gli strumenti per risolverlo insieme al protagonista, pagina dopo pagina.

Il secondo libro di Susanna Clarke è un buon compromesso per chi vuole leggere un fantasy innovativo senza perdere del tutto quell’atmosfera magica e cerimoniosa che contraddistingue le storie fantasy di vecchio stampo. Susanna Clarke, ad anni di distanza, si riconferma una scrittrice interessante, capace di stupire ed emozionare il lettore con una prosa poetica tutta sua.

-Davide

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