Canone Ambiguo di Luca Starita: una lettura queer della letteratura italiana

Nell’oceano sterminato delle pubblicazioni, nei mari infiniti di romanzi e nelle correnti eterne dei generi, dei sottogeneri e delle categorie, è difficile orientarsi. Questi strumenti, come gli stilemi, o i tropes, servono ad aiutare il lettore (o il critico) ad attraversare i territori impervi della letteratura, ma non solo. A volte applichiamo queste etichette senza renderci conto che una visione più ampia può servire a comprendere meglio quello che leggiamo. Questo vale ancora di più per i grandi nomi della letteratura, specialmente i classici, e per tutti quei testi che sono oggetto di studio della Queer Theory, della teoria queer.

Luca Starita, laureato in italianistica all’Università di Bologna con una tesi su Aldo Palazzeschi, nel suo Canone ambiguo (sottotitolo: della letteratura queer italiana), pubblicato per Effequ, prova a darci un’idea di come l’elemento queer, strano, peculiare, omosessuale (in tutte le sue accezioni) sia sempre stato presente anche in libri insospettabili.

Starita cerca di spiegare come il concetto di queer possa essere una chiave di interpretazione della letteratura. Per arrivare a una piena comprensione della questione autori fondamentali sono Mario Mieli, che ha scritto Elementi di critica omosessuale, Judith Butler e Riki Wilchins, ma è altrettanto importante chiedersi se sia fondamentale categorizzare il concetto e se sia necessaria una lettura altra della letteratura (risposta breve: sì, oggi più che mai) che porti a interrogarsi sull’identità, sulla mascolinità, sulla femminilità e sulla consapevolezza del proprio corpo.

È difficile collegare il termine “omosessualità“ a un genere letterario, non è uno stile o una corrente filosofica o artistica e c’è il pericolo di cadere in un’ambivalenza, quella tra il definire e il non ghettizzare, con il rischio di passare dall’uno all’altro approccio senza accorgersene. Definire un canone oggi appare un’operazione più complicata rispetto al passato.

Canone ambiguo non è un semplice manuale o un trattato sulla letteratura queer. Luca Starita decide di accompagnarci attraverso un personale viaggio nella letteratura italiana del Novecento, rendendoci testimoni di quattro incontri (fittizi) con autori, autrici e i personaggi delle loro storie. A fare da guida lungo il percorso è Pier Vittorio Tondelli.

In questa particolare catabasi, Starita ci invita a indagare quattro macroargomenti. Nel primo episodio le donne delle storie di Palazzeschi, Moravia, Moretti, Mantovani, Bassani, Morante, Gadda e dello stesso Tondelli raccontano cosa significa femminilità, alla costante ricerca del proprio posto all’interno della famiglia, della società e del proprio corpo. In un secondo episodio il grande tema è l’omosessualità: prima qualcosa da nascondere, che rende soli, altri, diversi, finché non cambia nella percezione del singolo e in quella della società. Viene qui citato anche Comisso, quasi complementare a Moretti, insieme a Alberto Arbasino.

Il terzo episodio è dedicato alla mascolinità, o anche «quel che resta dell’uomo». Il modello imposto dai retaggi ottocenteschi, patriarcali e nazionalisti, non trova più spazio (né ha ragione di esistere) oggi e quindi viene messo in gioco, contestato. Oltre al modello, anche lo spazio del corpo viene studiato nelle sue rappresentazioni: cosa significa essere uomo, se l’identità maschile è legata al corpo e a un’insieme di azioni, comportamenti e atteggiamenti performativi?

Infine, con un tributo alla scena del tè del Codice di Perelà di Aldo Palazzeschi, Starita conversa con sei scrittrici, ancora oggi al margine del canone letterario italiano: Sibilla Aleramo, Natalia Ginzburg, Alba de Céspedes, Anna Maria Ortese, Amalia Guglielminetti e Anna Banti. Con loro, attraverso i loro romanzi, ci interroghiamo sulla femminilità, sulle battaglie che le donne hanno dovuto condurre per accaparrarsi quello spazio negato in principio, sulla vendetta covata, la rabbia e la possibilità di rinascita e di presa di coscienza.

Tutte le autrici e gli autori citati in ogni episodio sono riportati a fondo pagina, oltre che nella bibliografia a fine volume, così da far felice chiunque voglia recuperare le letture discusse. Ascoltando il dialogo fittizio tra i vari personaggi, è evidente che il canone non è un monolite che si può leggere solo da una singola prospettiva, ma può essere reinterpretato, guardato di lato, di sbieco e continua a parlare anche a distanza di anni e decenni.

Luca Starita, col suo Canone ambiguo, riesce a creare una mappa eccellente per chi vorrebbe approcciarsi alla letteratura nell’ottica dell’identità di genere e non solo. Un ottimo primo passo per chi è curioso, interessato e, nella sua accezione più vasta, queer.

-Marco

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