Come si può parlare di un argomento come quello della famiglia, delle donne e dei segreti, mettendo in ballo Torino, senza creare un enorme calderone di cliché? Se si è Monica Coppola farlo è possibilissimo.
Parliamo di La misura imperfetta del tempo (titolo che deve aver fatto gola a qualche grande editore, visto il bestsellerone uscito qualche tempo fa con un titolo molto simile) edito da Las Vegas Edizioni, una casa editrice torinese che proprio con il romanzo di Coppola inaugura una nuova veste grafica (che approviamo a pieni voti!).
Chi è quindi Monica Coppola, che riesce a gestire tematiche che possono sembrare trite rendendole intriganti, tangibili e mai banali? Non è un’esordiente, infatti ha pubblicato per i tipi di BookSalad Viola, vertigini & vaniglia (2015), e per la stessa casa editrice ha curato anche un’antologia intitolata Dai un morso a chi vuoi tu (2016). In più ha scritto racconti per Repubblica, L’espresso e ha collaborato con il blog di Vanity Fair.
Ci troviamo davanti a qualcuno che è a suo agio con la scrittura, lo notiamo ancor di più leggendo il suo romanzo. La misura imperfetta del tempo racconta di una famiglia non perfetta, che deve venire a patti con il proprio passato. Le protagoniste sono tre donne: Zita, nonna (e madre) ormai vedova del suo Tore, Lara (figlia di Zita) donna in carriera e madre di Mia.
Le tre storie si intrecciano e rivelano la forza e il tipo di rapporto che unisce le donne, ma anche il segreto che, come tutti i silenzi, pesa come un macigno.
Mia, infatti, non ha mai conosciuto il padre. Come non l’hanno conosciuto i suoi nonni, Zita e Tore, perché Lara non ha mai voluto rivelare la sua identità. Il segreto è rimasto indisturbato fino alla morte di Tore. Per smuovere Zita dal torpore della vedovanza, Mia decide di organizzarle (nel modo maniacale che più le è consono, nonostante le sue continue ansie) una vacanza. Nonostante la riluttanza, Zita accetterà, senza immaginare le conseguenze che avrà quel viaggetto alle terme.
Se Mia è presa dalle sue manie ed è incapace di capire se stessa e il mondo che la circonda, sua madre Lara è totalmente il suo opposto. Responsabile della boutique Gisèle, instancabile workaholic/stacanovista, ha in comune con Mia la capacità di creare uno scudo tra sé e il mondo, con ma consapevolezza però di poter ottenere quello che vuole. Tra lei e sua madre, oltre a una coltre di chiamate e messaggi di circostanza, ha steso il velo della distanza, trasferendosi a Milano.
E Zita? Zita è semplicemente Zita. Moglie devota, non manca di andare a trovare il suo Tore al cimitero. È una donna tutta d’un pezzo, che ha dato tutta se stessa per sua figlia prima, nonostante il passato burrascoso, e per sua nipote poi.

Monica Coppola con una scrittura chiara e pulita racconta una storia d’amore, l’amore che si prova per i propri familiari, quello che si prova per l’amato, per chi non c’è più, e anche quello più difficile di tutti, quello verso se stessi. Se a un primo impatto Zita, Lara e Mia sembrano così diverse in realtà col tempo ci si rende conto che sono molto più simili di quello che possa sembrare.
Ma Coppola non si ferma qui e crea un quadro vivo di personaggi che rendono la Torino di queste pagine colorata, viva, non stereotipata. Se è vero, come dice lei, che Torino è piena di riti scaramantici, è altrettanto vero che la versione che spesso viene raccontata della città diventa una parodia di se stessa, vittima di cliché. Coppola restituisce un racconto attuale della città, senza indugiare in manierismi di sorta. Ci sono il mercato di Porta Palazzo, la periferia con i casermoni gialli, i bar gestiti dai cinesi. Ma ci sono anche Piazza San Carlo, Piazza Carlo Felice, il Valentino e non solo. E ognuno di questi luoghi è vivido, mai posticcio.
E mai posticce sono le reazioni e i dialoghi (Andrea sarebbe potuto diventare facilmente una macchietta), che rendono ancora più piacevole la lettura.
Monica Coppola ne La misura imperfetta del tempo sa intrattenere il lettore e incuriosirlo, e allo stesso tempo sa creare un mondo pieno di personaggi difficili da dimenticare.
-Marco
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