Avvezzi come siamo alle atmosfere pacate (sarà poi vero?) dei gialli di stampo inglese, ogni tanto però facciamo capolino dall’altra parte dello spettro cromatico, dove il sangue si fa più evidente, dove la violenza non si nasconde sotto centrotavola decorati o tazzine di te. Questa volta infatti ci siamo addentrati nella lettura di un noir americano, Sole Verde di Kent Anderson.
Sole Verde non è però il primo lavoro di Kent Anderson, che sembra proprio un personaggio uscito da un suo Noir. Imbarcatosi nella marina mercantile da giovanissimo, diventa poi parte dell’esercito e presta servizio in Vietnam. La guerra gli frutta due Bronze Star Medal. Abbandonato l’esercito diventa poi poliziotto, per concentrarsi infine sugli studi. Dopo essersi laureato in scrittura creativa, con la tesi Symphaty for the Devil, che poi diventerà il suo romanzo d’esordio. Seguono quindi I mastini della notte e infine Sole Verde.
Nelle orecchie cinguetta, trilla, squilla, geme l’acufene che, gli hanno detto i medici dell’Ente Veterani, non migliorerà mai, può solo peggiorare.
Questi tre titoli fanno parte della trilogia di Hanson, protagonista che segue le orme del suo autore. Se infatti nel primo Hanson è un ragazzo che va alla guerra portando con se di nascosto una copia di Yeats (che poi rivedremo), nel secondo, I mastini della notte, Hanson ormai veterano dovrà fare l’abitudine con la vita da poliziotto a Portland, con la violenza quotidiana e con le storture del sistema americano.

Arriva quindi poi Nutrimenti, che pubblica il terzo volume della saga, Sole Verde, che si è fatto aspettare non poco, ben 23 anni. Attesa che però viene ripagata in toto. Il volume si apre con un incipit che ci trasporta direttamente nella scrittura tagliente di Anderson: vediamo il nostro protagonista, Hanson, intento a tagliare la legna nel bel mezzo della notte d’inverno nell’Idaho. Dalle prime pagine abbiamo già una caratterizzazione del personaggio che catalizza tutta l’attenzione del lettore, e una prosa che difficilmente fa venire voglia di posare il libro.
La Morte è nel capanno, dall’altra parte del muro. Hanson l’ha sentita aprire e chiudere i cassetti della scrivania, leggere vecchie lettere. Sta guardando i libri, gli parla in quella sua lingua antica. Quando comincia a cantare Hanson sorride, e chiude gli occhi. La Morte guarda il fuoco. nel cielo sopra il capanno, ben oltre la tempesta e le ansie terrene, la costellazione di Orione, maestosa ed enorme, segna l’ora.
Ci viene quindi presentato il nostro personaggio. Quasi verso i quaranta, ha deciso di lasciare l’insegnamento e la polizia di Portland, nonostante i suoi successi, per trasferirsi a Oakland, in California. Prima però, doveva passare dalla vita d’accademia, nonostante sia il più anziano tra i cadetti. Questo ambiente sarà soltanto l’anticamera di quello che Hanson si troverà a combattere sulle strade.
Le vicende sono ambientate negli ‘anni 80, troviamo infatti una tensione sociale molto alta, non sono sporadiche le notizie di questo o quel poliziotto che non si è fatto problemi a fermare, perquisire, arrestare o addirittura uccidere un sospetto, soltanto perché di carnagione scura. Troviamo infatti qui la descrizione di una frattura sociale che ieri, come oggi purtroppo, sembra segnare il modo in cui vengono raccontate le cose.
Se Hanson ha una sua etica del lavoro e si considera non tanto un poliziotto, ma una specie di assistente sociale con la pistola al servizio dei cittadini, indipendentemente dal colore della pelle, non sono delle stesse vedute personaggi come il Sergente Jackson, che vede nella paura e nell’incutere timore l’unico modo per far rispettare la legge.
“Lui non è come voi. Non credete a quelle fandonie sinistroidi secondo cui sotto sotto siamo tutti uguali. lui è un animale diverso da voi. E quando vi trovate coinvolti in uno scontro mentre siete di pattuglia, non avete amici. Non potete rinunciare, non potete mollare, perché se lo fate quello vi uccide. Sicuro come la merda – mi scuso con le signore – che non si limiterà a rendervi inoffensivi per poi tornare a casa dalla moglie e dai figli”
Lo scontro quindi tra Hanson e ciò che viene propagandato nell’accademia è soltanto l’inizio di tutta una serie di misure atte a fargli abbandonare il corpo di polizia, senza risultato. Superati quindi i cinque mesi di accademia Hanson si ritroverà, visto che il dipartimento è a corto di personale e di soldi, a dover pattugliare da solo, con grande frequenza, i quartieri popolati da neri. Nonostante questi mezzucci, e i fantasmi del Vietnam che ancora lo rincorrono, lui trova proprio nel lavoro sul campo la ragione per andare avanti, perché la strada è il luogo in cui si sente a più agio.

Si susseguono quindi gli episodi che vedono Hanson partecipe, tra una crisi dovuta all’alcolismo e al dolore fisico che torna a infestarlo, una storia d’amore e una relazione non proprio semplice con uno dei capi dello spaccio della città, il tutto raccontato con una prosa che fila via e taglia, taglia per il modo in cui racconta in maniera limpida le idiosincrasie di una città e una società allo scontro. Hanson però cerca sempre di vedere il buono, nonostante sia capace di giudicare le parti in causa, la cattiveria e l’odio che riempiono le sue giornate come poliziotto.
Kent Anderson riesce quindi dopo più di venti anni a far tornare sulla pista un personaggio non semplice come Hanson, e lo fa con naturalezza, come se lui fosse sempre stato pronto a rimettersi in gioco. Se mai Anderson deciderà di far tornare Hanson, sperando che Nutrimenti porti in Italia anche il prossimo titolo, e bisognerà aspettare ancora altri 20 anni, se i risultati saranno come quelli di Sole Verde, allora ne sarà valsa l’attesa.
- Davide & Marco