Come sapete, i romanzi che ci piacciono di più sono quelli che hanno a che fare con Torino, con le sue atmosfere multiple, così aperta a interpretazioni di vario genere. Torino è il palcoscenico ideale per il teatro dell’assurdo, del classico, della commedia umana, ma anche per quel tipo di storie dal sapore weird che, sotto la patina di genere, si rivelano veri e propri ammonimenti profetici. In questa categoria rientra la produzione di uno degli autori del nostro piccolo pantheon personale: Giorgio De Maria.
Se già Le venti giornate di Torino, e tutta la sua travagliata vicenda di pubblicazione, ci aveva rapiti, I Trasgressionisti, riproposto da Frassinelli proprio quest’anno, dopo 51 anni, riconferma De Maria come vero profeta della società dell’epoca che già sull’orlo dei moti sessantottini sentiva su di sé il peso del futuro, un futuro dettato dal consumismo, dall’individualismo e dalle pressioni sociali. Di entrambi i romanzi vi abbiamo parlato in maniera esaustiva, e come per Le venti giornate di Torino, abbiamo deciso di dedicare a I Trasgressionisti una mappa interattiva con i luoghi descritti da Giorgio De Maria, anche questa volta con l’aiuto dell’occhio scrutatore di Google.
Cliccando sul pulsante in alto a sinistra potrete raggiungere il menù principale e una piccola introduzione a ciò che avete davanti agli occhi, più un elenco dei luoghi in ordine cronologico di apparizione nel libro (più o meno). Ogni luogo è segnalato da un segnaposto rosso: cliccandoci sopra trovate le foto che abbiamo scattato (che potete ingrandire con un altro click; in alcuni luoghi sono anche più di una, ve lo avevamo detto che siamo maniacali!) insieme all’indirizzo. Trovate anche il numero della pagina nella quale il luogo appare e una piccola nota con citazioni dal libro e qualche altra considerazione. La mappa è consultabile sia da questa finestrella sia in full screen.
Se la mappa virtuale non dovesse funzionare, o se semplicemente tutto questo vagare tra le linee rette delle strade di Torino vi dovesse far venire strane idee, vi lasciamo qui sotto l’elenco (in ordine di apparizione nel romanzo) dei luoghi descritti da Giorgio De Maria.
1) I portici di via Roma: pagina 7
Il romanzo si apre con il nostro protagonista senza nome in compagnia dell’amico Silvio, intenti a passeggiare in via Roma. I due assistono a qualcosa di strano.
L’uomo era piuttosto alto di statura, camminava raso alle vetrine e la sua spalla destra era leggermente abbassata. Anche se la sua andatura non era fra le più comuni, non l’avrei certo notato se il mio amico Silvio non mi avesse chiesto se lo conoscevo… «Quel tale là? No, mai visto in vita mia.» «Strano» fece lui. Silvio era speciale per queste parolette gettate nel mezzo di un discorso o di un silenzio, che facevano pensare sapesse molte cose che non ci diceva; per il resto era un ragazzo normale, fin troppo, direi. Era sera, e ci trovavamo sotto i portici di via Roma alla terza “vasca”.
2) Mastio della Cittadella: pagina 10
L’incontro con quell’uomo lascia incuriosito il protagonista, che ne parla con Liliana, sua fidanzata e promessa sposa, la quale ricorda un episodio che la segnò particolarmente.
Quando lo raccontai a Liliana, la mia fidanzata – una sera che passeggiavamo per la stessa via – Liliana rise molto. In primo luogo perché è una ragazza che ride facilmente, e poi perché anche lei come me, aveva associato il fatto a impressioni lontane: la risata era stata un naturale reattivo a sentimenti oscuri ricacciati nel profondo. Si era ricordata all’improvviso di un episodio successole a dodici anni, quando un uomo sporco e sbrindellato l’aveva avvicinata mugolando mentre sola passava dinnanzi al Mastio della Cittadella. Lei allora non sapeva che ci fossero uomini capaci di fare certe cose per una loro deformazione degli istinti, e la scoperta l’aveva resa muta per una settimana… poi eccitata, gaia, quasi felice all’idea balenante delle possibilità infinite nascoste dietro i volti della gente.
3) Piazza Castello: pagina 12
La routine inizia a stare stretta al nostro, che per qualche motivo, decide di abbandonarsi a una passeggiata quasi forzata, come se fosse richiamato da qualcosa di sconosciuto. Liliana sembra preoccuparsi.
«Non sarai anche tu, per caso, un trasgressionista?» mi aveva domandato quella sera, accigliandosi, mentre la salutavo sotto il suo portone. «E cosa te lo fa pensare?» «Ma, mi guardi in un modo così strano, a volte.» «Trovi?» […] Un pomeriggio che sentivo l’assoluto bisogno di sfogare alcune rabbie accumulate lungo il giorno nel mio ufficio e disperavo nella sua comprensione disinteressata, le telefonai per dirle…: «Sai…non posso uscire con te stasera…» […] Non mi comportai male affatto; percorsi semplicemente un numero imprecisato di vie, fino a quando vennero le sette e mezza e mi trovai in Piazza Castello, con le gambe a pezzi, del tutto dimentico delle ragioni che mi avevano imposto quella farraginosa marcia.
4) Piazza Carignano: pagine 19 & 20
Preso da chissà quale spirito, il nostro si rifugia in un bar, dove un altro incontro, e un Cin-cin! di troppo, lo fanno sentire ancor di più destinato a qualcosa di oscuro.
In quanto a me, mi sentii come se un fatto qualsiasi, una realtà a cui ormai si è abituati, mi si fosse parata dinnanzi all’improvviso ingigantita a dismisura. Che cosa enorme quel Cin-Cin!… E che cosa meschina nello stesso tempo! […] Che fare per strapparmi da quell’accerchiamento?… Mi allontanai di lì come guidato da un oscuro istinto e andai a rifugiarmi fra i palazzi di Piazza Carignano; le loro austere forme parvero soffiarmi sul viso, una sorta di fantomatico conforto. Raccolsi quel flebile aiuto d’oltretomba e proseguii ancora per vie più nascoste e fiocamente illuminate.
5) Istituto Margara, via delle Rosine: pagina 21
Il protagonista peregrina tra le vie del centro città e capita, seguendo uno strano figuro, davanti all’Istituto Margara, scuola d’infanzia, il cui ricordo è ancora impresso nella sua memoria ma che solo ora sembra riuscire a prendere forma.
Lo seguii di nuovo, trovando naturale che anche lui si inoltrasse fra quegli anacronistici quartieri, come se laggiù si nascondesse il segreto della sua forza. Gli echi della musica di Lulli erano riaffiorati in me sopravanzando ogni spiacevole ricordo e quasi mi sarei atteso di vedere ombre regali apparire fra i palazzi… […] Me ne accorgevo passando per via delle Rosine dove c’è l’Istituto Margara che mi aveva avuto allievo nel ginnasio. L’uomo del negozio era davanti a me di dieci passi e forse non sapeva ancora che io lo seguivo – o se lo sapeva lo celava molto bene – ma sembrò venirmi da lui il bisogno di compiere una nuova digressione dai binari del Presente per rivedere come ispirato quei miei vecchi corridoi… […] Mi ricordavo dell’odore di cavolo bollito che usciva da quello sgabuzzino dopo mezzogiorno e si spandeva per tutto il pianterreno; e anche nel cortile e del mio irrompevi fra la turba dei compagni quando suonavano gli intervalli.
6) Via della Rocca: pagine 23 & 24
Il pedinamento continua. Il protagonista si ritrova a seguire questa persona che, magneticamente, ha rapito tutta la sua attenzione.
Quando uscii dall’istituto, quell’oscuro bisogno di evocare antiche voci e di toccare antiche porte era ancora dieci passi di distanza come se fosse rimasto ad aspettarmi e sempre quel medesimo consenso emanava dalla sua persona. Stava guardando verso le colline nascoste dalla nebbia e pareva non volere decidersi ad andare avanti. Ma poi si mosse ed io lo inseguii. Se la Bellissima ci fosse stata, lei certo avrebbe compreso le ragioni di quella mia insolita trepidazione. Saremmo stati due ombre a seguirne una terza che si incamminava. Noi due per mano dietro all’uomo del negozio, verso via della Rocca.
7) Caffè Fiorio: pagina 26
Ormai il nostro si avvia verso il percorso che lo porterà al Grande Salto. La semplice Liliana, con i loro incontri giornalieri, sembra non bastargli più. Vorrebbe che fossero una Coppia, di quelle unite da segreti incomprensibili, allora le fa una proposta, un incontro diverso dal solito.
…allora volli tentare un mio esperimento con Liliana. Da un po’ di tempo la sua beatitudine rosata, la sua sicurezza di futura sposa e madre mi stavano aizzando. ” Che cosa è una fidanzata se non un’idea corrente?” mi dicevo “un logoro frammento delle Istituzioni umane?” Liliana aveva molte buone qualità, ma la vedevo tutti i giorni, le sarei stato accanto per tutto il resto della vita, sarebbe divenuta una moglie. E lo stesso valeva per lei nei miei confronti. […] Non sarebbe stato bello se fossimo riusciti a divenire una Coppia per davvero in virtù di qualche intesa intima, segreta? […] Valeva la pena di tentare… «Senti Liliana» le dissi una sera con finta noncuranza. «Saresti d’accordo di fare con me qualche cosa di diverso dal consueto?». Sedevamo al caffè Fiorio e lei mi aveva già preso le mani in modo dolcemente dissuasivo vedendomi chiedere un gin-fiz in più.
8) Via Po: pagina 33
Un incontro, una data e un’ora specifica di cui non bisogna far menzione. Questo è l’accordo tra Liliana e il suo promesso sposo. Che però non può lasciar correre il tempo senza problemi, e quindi…
Del giorno dell’appuntamento ricordo soprattutto la mia folle agitazione: cominciata all’alba e protrattasi per lunghe e assideranti ore. Anche ai miei genitori avevo raccontato la frottola del mio viaggio a Verona; li avevo salutati molto presto la mattina e subito me ne ero riuscito pieno di paure come se mi aspettassi ad ogni angolo un agguato. Sotto i portici di via Po avevo visto il padre di Liliana con la sua borsa d’avvocato che veniva avanti; avevo fatto appena in tempo ad evitarlo saltando dentro un vespasiano.
9) Lungofiume: pagina 33
Un continuo peregrinare, alla ricerca di chissà cosa, nascosto dallo sguardo di persone conosciute, fino a incontri particolari, sulla riva del Po.
Poi scesi sul lungofiume e non diedi requie alle mie gambe; le distrussi quanto bastava per desiderare di accasciarmi su una panca. Verso sera una ragazza mi si era avvicinata per chiedermi se avevo da accenderle una sigaretta; le dissi di no, che non fumavo; allora lei guardandomi di sbieco estrasse dei fiammiferi dalla sua borsetta e me ne accese uno sotto il naso, e stesse a irrorarmi il volto di sinistra luce fino a che il fiammifero non fu consunto. Il mio amore per Liliana aveva gridato in me, in quel momento.
10) Sinagoga, piazzetta Primo Levi già via San Pio V: pagina 34
Il luogo dell’incontro è la piazzetta davanti la Sinagoga. Liliana si presenterà? Oppure no?
Una passante mi domandò dove era via San Pio V, la via della Sinagoga. Sussultai. Le diedi un’informazione assolutamente falsa per timore di vedermela comparire innanzi all’attimo del mio convegno. Lei ringraziò, ma prese la direzione giusta. Forse Liliana non sapeva che la Sinagoga non è la chiesa protestante che vi è lì nei pressi, ma quell’altra, con tutte quelle cupole orientali, e che per andare al Tempio degli Ebrei avrebbe fatto bene ad imboccare via San’t Anselmo… conosceva poco la topografia cittadina…
11) Jazz Club, via Botero (18?15?): pagina 37
All’indomani dell’incontro (c’è stato? non c’è stato?) Silvio decide di invitare il nostro alla sede dei Trasgressionisti, per vedere come funziona questa setta che si ritrova in via Botero 18, indirizzo di un famoso Jazz Club della scena torinese (e non solo).
La mattina seguente Silvio venne a tirarmi giù dal letto per offrirmi un passaggio nella sua vettura, lo vedevo insolitamente allegro ed animato. «Se vuoi venire con me questa sera» mi disse appena in strada «io andrò ad assistere a un raduno di trasgressionisti… lo sai che hanno una sede in via Botero?» «In via Botero?» «Tu entri al club del Jazz, dici una parola d’ordine al padrone del locale che conosco, e allora lui con tutta la circospezione necessaria ti farà entrare in una porticina che c’è al fondo dello scantinato, e là, oltre quella porta, li troverai tutti radunati.»
12) Via Pietro Micca: pagina 61
La riunione dai Trasgressionisti ha lasciato un seme all’interno del protagonista, che inizia a essere cosciente del conformismo che lo reprime. Per liberarsene però, dovrà esercitare la sua volontà…
[…] Fuori di lì comunque, anche se con gran circospezione, e sempre tenendo presenti i suoi suggerimenti, cominciavo ad allenarmi e a conoscere meglio le mie debolezze; mi si svelavano al solo tentativo di compiere certi piccoli esercizi propedeutici che Lui mi aveva dato, semplici come le prime esercitazioni di un pianista, ma bastevoli a farmi intendere che razza d’uomo fossi, in quale tetro carcere di abitudini e di conformismi fossi segregato. Liliana doveva accorgersi che già qualche cosa… «Perché non hai salutato la signora Martinengo, che è così gentile?» mi aveva detto una domenica che passeggiavamo per via Pietro Micca e avevamo appunto incrociato una vecchia amica di mia madre, la quale mi aveva profuso inutilmente i suoi sorrisi. Avrei dovuto rilassarmi e tirare avanti, ma due mani invisibili e feroci mi afferrarono la testa costringendomi a girarla e a coronare il gesto con un sonoro «Buonasera, signora!» e un «mi scusi sa, non l’avevo vista!». Lei allora ritornò sui propri passi, festosa, ridondante, spruzzandosi sul viso una fantasmagoria di saluti, di notizie, di ricordi..[…] E così via, per mezz’ora, sotto i portici, la sua voce come una ventosa, ed io che mi dicevo mordendomi la lingua, piantale un bel pestone addosso, falle vedere un po’ chi sei! Come se servisse! Come se il mio piede fosse davvero l’umile servo della mia volontà!
13) Piazza Statuto: pagina 64
Gli esercizi per raggiungere l’Angolo Giro sono molteplici, e proprio una sera in cui Silvio era venuto a prendere il protagonista per accompagnarlo alla sede di via Botero, sembra pararsi davanti a loro una nuova sfida.
Quella sera stessa Silvio venne a prendermi per condurmi in via Botero. […] arrivati che fummo in Piazza Statuto fermò l’auto in un luogo riservato ai taxi e cominciò a guardarmi in modo strano, inquisitorio… «Ti turba molto la cosa?» mi domandò. «No, ma non avrei voglia di rischiare la contravvenzione con quel vigile a due passi…mi sento già appagato per oggi.» «E se tu provassi a non pensare alla contravvenzione, a non pensare a niente, oppure a guardare in un punto qualsiasi della piazza…quella finestra illuminata, per esempio?» La guardai, ma era come se una cataratta fosse discesa sui miei occhi. i miei pensieri erano tutti fissi sulla guardia, sulle auto pubbliche allineate accanto a noi, sui loro autisti che certamente ci stavano guardando. Silvio si appoggiò con i gomiti al volante sorreggendosi il capo con i palmi delle mani. Di lì a poco sentii dei passi avvicinarsi alla vettura, seguitai a guardare la finestra ma non riuscivo a dominare la mia agitazione. Un’ombra minacciosa stava prendendo corpo a poco a poco alle mie spalle, ed io la sentivo gravare su di me e comprimermi sotto il peso della sua presenza… […] Il vigile si era accostato in quel momento a un finestrino… poi ci arrivò di fronte e i suoi occhi si posarono come due fari sulle nostre facce. Silvio pure lo stava fissando.
14) Via Garibaldi: pagina 66
Era fatta, lo sguardo era stato sostenuto.
«Guarda la finestra adesso.» Obbedii, e potei vederla finalmente: dietro i suoi vetri sfolgorava un magnifico lampadario di Boemia, un quadro settecentesco raffigurante un “ratto di Proserpina” era appeso su un mobile intarsiato sopra il quale brillavano delle ceramiche e delle argenterie… un mondo perduto di cembali di trine di parrucche mi parve risvegliarsi all’improvviso ed investirmi come una zaffata. […] «Ne avrai di che pascerti di queste cose!» Silvio mi disse ridendo mentre la vettura marciava spedita lungo via Garibaldi.
15) Piazza San Carlo: pagina 68
È il decimo anniversario della Setta, si prospetta un evento unico nel suo genere, i Trasgressionisti sono chiamati in missione.
«Oggi è il decimo anniversario della fondazione della Setta» Silvio mi disse «e il Maestro vuole celebrarlo offrendoci alcuni saggi della sua arte… fra poco saprai di che si tratta.» […] «Allora, mi raccomando ragazzi, non fatevi notare per nessun motivo… voi due andrete con Tanassi al caffé San Carlo, gli altri li ho spediti chi al Caffé Torino chi al Caval ‘d Brons, io ogni tanto mi farò vedere per coordinare un po’ la cosa…» […] Giungemmo in Piazza San Carlo naturali, disinvolti “senza dar nell’occhio”, in tutto e per tutto eguali agli altri cittadini. Lasciammo l’auto presso il monumento equestre e prima di entrare nel caffè sostammo un poco dinnanzi a una vetrina dove erano esposte delle antiche litografie.
16) Santuario della Consolata: pagina 79 (e non solo)
Dopo la visione del Maestro, è arrivato il momento per il nostro di prendere coraggio e affrontare il Grande Salto. E come, se non disertando il proprio matrimonio? Inizia così il suo viaggio per giungere a ottenere l’Angolo Giro.
La mattina seguente, appena sveglio, volli farle la mia ultima telefonata per assaporare il brivido di quella provvisorietà; mi rispose la sua voce assonnata e dolcemente pigra, con un lungo e modulato ciao come se me lo inviasse da incommensurabili distanze. parlottammo un po’, lei mi disse scherzando che durante la notte si era resa conto di non essere fatta per il matrimonio e che forse non si sarebbe presentata col suo strascico da sposa alla Consolata, avrebbe preso un treno e se ne sarebbe andata sola sola al mare.
17) Cirié: pagina 89
Il nostro ormai si è lasciato Torino alle spalle, e con essa tutte le responsabilità dello status quo. Giunge quindi a Cirié, una piccola cittadina fuori dal capoluogo sabaudo.
Mi ricordo che appena giunto nei pressi di Cirié – una cittadina poco distante da Torino – avevo visto una donna sporgersi da una finestra per richiamare una bambina che si era gettata nella strada per rincorrere una palla. Il fatto non presentava nulla di particolare. Ma io mi fermai, e rimasi un po’ ad ascoltare la sua voce rifrangersi nel mio cranio come se fosse diventato una spelonca. Osservavo le cose esaltandomi della loro semplice presenza. Che tutto ciò potesse nascondere un pericoloso inganno non l’avrei creduto.
18) Duomo di Cirié: pagina 93
Il Duomo di Cirié, che Giorgio De Maria descrive, punto focale del viaggio del nostro protagonista.
Prima di mettermi in cammino, volli andare a rifugiarmi un attimo nella cattedrale, una chiesa gotica ancora mirabilmente conservata, con poche intromissioni barocche nell’interno. Mi era venuto desiderio di quiete e di penombra. Dentro c’era poca gente; qualche donna soltanto era inginocchiata sulle prime file dei banchi; l’organo suonava; vedevo una nuca biancha sporgere dalla balconata del coro. Mi sedetti vicino all’acquasantiera, in fondo, senza pregare, pago di lasciare scorrere lo sguardo sul trittico dell’altare maggiore, sugli ori e sugli argenti, sulle bocche sanguigne dei santi dagli occhi rovesciati.
19) via Barbaroux: pagina 118
Il nostro ha compiuto il Grande Salto. Dopo Cirié e un tuffo nel suo passato, nei luoghi d’infanzia, è riuscito a tornare in città, pronto a incontrare i colleghi Trasgressionisti. L’esperienza del Grande Salto e l’acquisizione dell’Angolo Giro lo hanno cambiato, ma ancora sente dei richiami verso la sua vita precedente.
Compiuto il Grande Salto, un uomo si sente solo e vuoto. Cammina con difficoltà, come un convalescente, desidera essere curato da candide e giovani infermiere, sogna letti comodi, passa lunghe ore di scoraggiamento… ricordo che quando feci ritorno in città – il giorno dopo la mia fuga – persi per ben quattro volte l’equilibrio, e per quattro volte mi ritrovai lungo e disteso su di un marciapiede… […] Presi alloggio in una mansarda di via Barbaroux affittata a poco prezzo, permeandomi di umido e mantenendomi con espedienti. Per sei mesi osservai con rigore la Regola dell’Isolamento. Residui di sentimentalismo si facevano ogni tanto vivi trascinandomi a vagare come un fantasma sotto le finestre di Liliana, e ancora abbastanza forti da infliggermi crampi dolorosi quando mi accadeva di vederla uscire, la sera, in compagnia di qualche giovanotto.
20) Corso Marconi (10): pagina 123
Siamo giunti alla fine del romanzo, il processo di transizione del nostro è arrivato al completo. I Trasgressionisti continuano le loro attività, si insidiano nelle aziende, nello stato, nei partiti, nella vita di tutti. Il loro potere è infinito tanto quanto è discreto. Con queste parole si conclude il romanzo:
La “Longa Manus” del Trasgressionismo Internazionale mi trovò un nuovo impiego in corso Marconi, nella mia città, dove tuttora lavoro e rispondo al telefono non a nome mio, ma della ditta che mi ha assunto. Non sono il solo fra gli impiegati ad avere effettuato il Grande Salto: riconosco i miei fratelli senza bisogno di sapere se sotto le loro giacche si celi il mio stesso distintivo… una occhiata mi è più che sufficiente! Siamo impiegati modello, all’apparenza; nessuno è più sollecito di noi nell’eseguire gli ordini e nel riverire i superiori. Volessimo avremmo una grande carriera assicurata! Ma è altro che ci preme. Qualche dirigente comincia già a sentirsi a disagio per la nostra gelida presenza, ma non sa spiegarsi il perché dato che il nostro comportamento è incensurabile per ogni verso. […] Emaniamo perfezione!…Che si vuole di più?… Eppure le pareti scricchiolano da un po’ di tempo in qua e la vita scorre in una inesplicabile atmosfera di “suspense!. La nostra guerra dei nervi prospera in siffatte condizioni. Fra non molto è probabile che si avvertano le prime crepe. […] Da quando percorriamo i corridoi del Palazzo tutto si triplica si centuplica esce di misura. Fra non molto tutto quanto sarà saturo della nostra Energia Negativa; ma mentre noi nell’Ora della Simultaneità ritroveremo di colpo la scioltezza e l’elemento Naturale gli altri taceranno si pietrificheranno impazziranno… ma non faremo una mossa per salvarli.
Si conclude qui questa lista non esaustiva dei luoghi citati da Giorgio De Maria all’interno del suo primo romanzo. Sono passati 51 anni dalla pubblicazione de I Trasgressionisti, ma le vicende narrate sembrano scritte oggi. De Maria infatti, come in Le venti giornate, si dimostra profeta, un Tiresia che se fosse stato ascoltato in vita, avrebbe potuto raccontare molto di più della società in cui viviamo.
-Davide & Marco
Ogni foto, tranne dove espresso, è stata scattata dai sottoscritti. Le citazioni provengono tutte da I Trasgressionisti di Giorgio De Maria.