Qualche tempo fa siamo stati contattati da Eris Edizioni, una casa editrice indipendente nata a Torino nel 2009, che ci ha proposto una loro nuova uscita, Lucenti di Uduvicio Atanagi, illustrato da AkaB (notte in lingua maya).
Non conoscevo Eris Edizioni, tantomeno avevo mai sentito parlare di Uduvicio Atanagi, cosa che non mi stupisce, visto che le sue opere sono state tutte pubblicate con diversi pseudonimi. Le premesse di questo romanzo, e il fatto che una casa editrice di piccole dimensioni sia riuscita a guadagnarsi spazio sul mercato editoriale e nelle librerie, cosa non scontata, specie in quelle di catena, che per Eris “[…] non devono essere lasciate in mano all’editoria mainstream ma devono essere un terreno di scontro culturale il più ampio possibile […]“, catturano subito l’attenzione, ma bando alle chiacchiere.
La vicenda ruota intorno al podere dei Lucenti, in Toscana. È la fine degli anni ’90, in un piccolo paese. Il primo personaggio con cui il lettore viene in contatto è Mino, ragazzino pre-adolescente che passa le giornate a giocare da solo, nel fango. Questo paese sembra uscito dall’immaginario collettivo popolare, c’è il bar dove i ragazzini giocano ai cabinati, le strade sterrate circondate da campi nei quali correre a perdifiato, ci sono vecchie signore vestite di nero che sembrano pregare a mezza bocca in qualche strana lingua o in qualche dialetto perduto, seguendo una litania maniacale, figlia del fervore religioso. O forse no.
Mino passa le sue notti alla finestra, a guardare il Podere nel quale gioca, e il suo sguardo sembra andare oltre alla terra e al Bosco che la circonda, si posa sulle storie degli uomini che hanno camminato su quel terreno, e che ora si trovano chissà dove, forse proprio nel fango. Le vicende del podere sono narrate attraverso analessi che aiutano a scoprire il puzzle che compone la storia del podere e della famiglia Lucenti, o almeno fanno credere di riuscire a dargli un significato.
Il lettore scopre questa strana forza che muove le varie pedine attraverso il tempo e lo spazio, dimensioni che sembrano fossilizzate nella provincia, sempre uguale e sempre diversa. Mino, pre-adolescente, intraprende un percorso di crescita, da solitario e strambo, riesce a diventare amico dei ragazzini del paese, perfino con la nuova arrivata, Teresa, che smuoverà di poco l’ordine naturale delle cose, fino a venirne assorbita.
Le atmosfere cupe, ferme, asfissianti della provincia sono soltanto una fine pellicola che copre un baratro oscuro, dominato dallo Strano, il weird lovecraftiano che rieccheggia nelle pagine, dal Male, che forse male non è, ma è semplice ordine naturale delle cose. La realtà, o meglio le realtà, sono soltanto un’interpretazione, non si riesce a distinguere bene il possibile dal vero, il finto dal reale.
Ma se in Lovecraft è possibile conoscere l‘origine del Male, degli Antichi e di tutto quello che si muove e incombe sull’uomo, in Lucenti il lettore è spettatore di qualcosa che sembra esistere da sempre e scaturisce dagli uomini stessi, che forse hanno in mano, per davvero, il loro destino e quello altrui. Ho citato Lovecraft, il Maestro del Weird, e immagino già gli sbuffi e gli sguardi di chi sente sempre gli stessi nomi e punti di riferimento, allora prendo tra le mani il comunicato stampa, che cita due film che riassumono le atmosfere, i momenti e le dinamiche di questa storia, ovvero: “Non si sevizia un paperino“, film collegato, tra l’altro, a una vicenda di cronaca nera che ha ispirato Matteo Garrone per uno dei suoi film (ma questa è un’altra storia) e “La casa dale finestre che ridono“. Entrambi ambientati in una provincia rurale, lontana, quasi aliena, ma che come un vetrino, contiene al suo interno un intero universo.
Lucenti è pubblicato Eris Edizioni nella collana Atropo, illustrato da AkaB.
-Marco
L’ha ribloggato su Alessandria today.
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