Feltrinelli | Nevada di Imogen Binnie

Ci sono libri che parlano così bene di un’esperienza, di un percorso di formazione che diventano nel tempo veri e propri fari attorno al quale si raduna una comunità di lettori. Questi libri possono a buon diritto definirsi dei libri di culto, perché impattano sulla vita delle persone e perché hanno qualcosa di così potente da raccontare che è difficile rinunciare a slogan del tipo «i libri curano», «i libri salvano». A volte anche gli slogan sono veri.

È questo il caso di Nevada, di Imogen Binnie, pubblicato nel mese del pride e in questo complicato anno 2023 per Feltrinelli. Il romanzo viene dato alle stampe per la prima volta nel 2013, dalla casa editrice Topside Press, specializzata in letteratura trans e femminista. Nel 2022, grazie alla sua continua popolarità, il libro viene ripubblicato da una major, Picador. Ora è in via di pubblicazione in tutto il mondo.

Quando Imogen Binnie scrive Nevada – è il lontano 2008 e l’autrice si trova in California, in uno scantinato – i personaggi trans nei libri sono o quasi del tutto assenti o rappresentati malissimo – e per malissimo si intende con tutti gli odiosi stereotipi del caso. Ma sulle intenzioni creative di Binnie, la possibilità di dare vita a personaggi trans reali e positivi incide solo parzialmente. Quello che più le interessa è scrivere un romanzo letterario, con struttura e carattere, che non abbia lo scopo di educare i lettori cis bensì di raccontare una storia di formazione trans. Così nasce Nevada, un classico della letteratura americana.


Ecco com’è essere una donna trans: non sai mai se gli altri sanno che sei trans o cosa può significare per loro. Hai una posizione sociale strana e incerta. E in realtà non è nemmeno così importante se sanno che sei trans. Chissenefrega. Solo, non vuoi che il tuo strambo, spassosissimo, incantevole e complicato io venga cancellato da certe idee che s’è fatta la gente a causa di, che ne so, penosi autori tv o ancora più penosi autori di porno online. È una palla dover educare la gente. Vi ci ritrovate? Le donne trans devono sorbirsi la stessa merda di chiunque al mondo non sia bianco, etero, maschio, di sana costituzione o in qualche modo privilegiato. Non è eccitante o misterioso. È noioso.

La protagonista di questa storia è Maria, una giovane donna trans che è insoddisfatta della propria vita. Maria abita a New York insieme alla sua ragazza Steph, lavora in una libreria e cerca di trovare un equilibrio tra tutti questi elementi che compongono la sua esistenza. Il problema è che Maria questa esistenza la sta mettendo in discussione. Odia il suo lavoro, di New York le piace solo l’autunno e con Steph le cose sembrano diventare sempre meno spontanee e sempre più difficili. Questa crisi la porterà a rimettere tutto in discussione e a intrecciare le sue avventure con quelle di James, una persona che vive a Star City e che si trova a un altrettanto punto di svolta epocale.

Nevada non è un romanzo tragico, come succede spesso quando si parla di storie di persone e personaggi queer o con corpi non conformi. Maria, pur essendosi trovata e trovandosi ad affrontare momenti ed eventi traumatici, inizia un percorso formativo che porta con sé qualcosa di dolce e speranzoso. E, per quanto non si tratti di un romanzo con un intento pedagogico, il lettore cis, scopre molti aspetti legati all’esperienza trans che probabilmente non fanno parte del suo personalissimo bagaglio di esperienze e privilegi. Parafrasando goffamente quanto Binnie ha detto in merito, l’esperienza trans è parte fondamentale e integrante di questo libro ma non cerca di spiegarsi come non cerca di spiegarsi la fantascienza quando ci parla di navicelle spaziali o altri marchingegni.


Irresponsabilità. Maria non è mai stata irresponsabile. Da piccola si sentiva responsabile di proteggere gli altri da tutti i dubbi di identità che aveva in testa – di proteggere i suoi genitori dalla possibilità di avere una figlia strana. Poi fa niente se avevano una figlia strana e triste lo stesso. Evabbè. È stato allora che la responsabilità a discapito di sé era diventata un’abitudine: non le importava della scuola, ma sapeva che ai suoi genitori sarebbe dispiaciuto se non andava al college, perché la gente si aspetta certe cose da te quando vai bene nei test standardizzati, così aveva tirato avanti in qualche modo, facendo attenzione. Idem con le droghe: le aveva prese tutte, ma sempre in dosi così piccole da non correre veri rischi. […] E poi era venuta a New York, dove pagava l’affitto, aveva un lavoro, rigava dritto e aveva delle storie d’amore in cui far filare liscia la storia era più importante che viverla davvero. E non funzionava mai. È chiaro che essere responsabile non è stata una spinta positiva nella sua vita. Ha mandato tutto a puttane.

La storia attraversa la fine di ottobre e la fine di novembre, e queste due finestre temporali separano nettamente la vita di Maria prima di James e la vita di Maria dopo aver conosciuto James. Maria e James sono molto similɜ tra loro, tendono entrambɜ a isolarsi dal mondo esterno, anche dalle persone che vogliono loro bene. Così Maria non riesce a parlare apertamente della sua esperienza di donna trans con la sua ragazza, come James non riesce a trasmettere i dubbi sulla propria identità a Nicole. Sono due percorsi umani diversi che partono da lontano e che si incrociano, fanno rete, comunità.

È questa la sensazione che si prova a leggere Nevada. La sensazione di trovare due amicɜ e di entrare a far parte di una rete, di una comunità di affetti pronta a guardarti le spalle. E a Maria e James vorresti dare spesso un abbraccio. Le sfide che lɜ aspettano sono sfide difficili, ma per fortuna non sono solɜ in questo lungo viaggio. E Nevada è proprio un viaggio, forse un po’ strano, intenso, e come ogni viaggio che si rispetti è giusto avere dei compagnɜ all’altezza.

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