Una delle più interessanti voci del panorama letterario italiano, che nel 2018 ha vinto il Premio Campiello con il suo Le assaggiatrici – edito Feltrinelli –, Rosella Postorino è tornata in libreria con una nuova storia, Mi limitavo ad amare te. Si tratta di un romanzo che, come spesso succede nel mondo della narrativa, prende spunto da un fatto che affonda le sue radici nella realtà e che viene poi sviluppato nella finzione. Il titolo omaggia una poesia di Izet Sarajlic, storico e poeta bosniaco che durante l’assedio di Sarajevo scelse di rimanere in città.
Passeggio per la città della nostra gioventù
e cerco la strada per il mio nome.
Le strade grandi, rumorose –
le lascio ai grandi della storia.
Cosa facevo io mentre durava la storia?
Mi limitavo ad amare te.
[…]
Nel 1992, durante il conflitto che vide contrapporsi l’esercito bosniaco e quello croato, venne bombardato un orfanotrofio di Sarajevo, il Ljubica Ivezić. In seguito a questo avvenimento, visto che la città era sotto assedio da tre mesi ed era costantemente bombardata, si decise di trasferire alcuni bambini dell’orfanotrofio in Italia. Quando tuttavia il conflitto giunse a conclusione, l’Italia si rifiutò di far rientrare i bambini (non tutti erano orfani) in Bosnia, ritenendo che la situazione fosse ancora troppo rischiosa, e iniziò le procedure per farli adottare da alcune famiglie italiane.
Postorino, a partire da questa triste vicenda, sceglie di raccontare la storia inventata di quattro bambini, Nada, Danilo, Omar e Sen. I quattro abbandonano Sarajevo per venire in Italia e sfuggire alla guerra. Nada lascia alle spalle il fratello, che viene arruolato nelle forze di difesa della città, e una madre che quasi non ricorda più. Danilo lascia una famiglia che lo incoraggia a partire, per la sua incolumità. Omar e Sen lasciano il proprio passato, incerti sulla salute della madre, di cui Omar ha perso le tracce una mattina che era venuta a trovarlo all’orfanotrofio. In Italia, intraprendono ciascuno la propria strada, affrontando il passato come riescono, con i scarsi mezzi a loro disposizione.
Mi limitavo ad amare te è prima di tutto una storia di formazione. Accompagniamo Omar, Sen, Danilo e Nada fino alla decade dei primi anni duemila quando, ormai giovani adulti, si ritrovano tutti e quattro a dover fare i conti con le proprie scelte. È chiaro che dal passato si può cercare di scappare, di rinnegarlo, di non lasciarlo andare o semplicemente di resistergli, galleggiando come meglio si può sui propri traumi, ma quello che resta sempre con noi è il dolore che nell’infanzia ci plasma e condiziona le nostre scelte future.
Le storie dei quattro bambini si intrecciano e si parlano tra loro come vasi comunicanti lungo tutto il romanzo. Postorino scrive con un linguaggio evocativo che padroneggia al punto che al lettore basta uno sforzo minimo per immaginarsi luoghi, situazioni e personaggi. E così siamo insieme a Nada e a Omar quando scappano dall’orfanotrofio e si rifugiano in una chiesa durante un bombardamento; siamo sul pullman insieme a Danilo quando incontra Nada per la prima volta; siamo con Sen quando sfreccia in motorino attraverso la pianura padana.
Postorino non vuole raccontare “solo” la storia di questi ragazzini e una fosca pagina – una delle tante – della Storia europea. Vuole raccontare anche e soprattutto gli strappi che contraddistinguono l’esistenza umana. La vita è fatta di strappi. Lo strappo iniziale che ci separa dal corpo materno, lo strappo dal proprio paese, dalla propria terra, lo strappo dalle persone amate e dalla propria famiglia, lo strappo dal proprio passato e da una versione di noi che non esiste più ma che continua a tormentarci o a ricordarci i nostri errori. Nel romanzo si parla anche di corpi, di violenza, di maternità, di rinascita. Una molteplicità di temi che si intrecciano continuamente e che danno forza a una storia struggente.
Rosella Postorino si riconferma ancora una volta una grande narratrice, con un talento particolare nello sviscerare l’emozione umana. Mi limitavo ad amare te è uno di quei romanzi capaci di destabilizzare chi legge e di fargli esplorare nuovi mondi interiori. Un romanzo che continua a rimanerti dentro anche a lettura conclusa.
-Davide