Scoprire nuove scrittrici, o scrittori, è la linfa vitale di ogni lettore che si rispetti. Nel nostro caso, questo è stato possibile anche grazie alle collaborazioni che negli anni abbiamo instaurato con svariate case editrici, grandi e piccine, e di cui siamo – ça va sans dire – molto felici. È questo il caso di Karel Čapek e Kateřina Čupová, due voci ceche, una del passato e una del presente, pubblicate dalla casa editrice indipendente Miraggi Edizioni (che alla letteratura ceca ha dedicato una intera collana editoriale, NováVlna).
Karel Čapek è uno dei più grandi scrittori cechi della prima metà del Novecento. Ha scritto molto, spaziando tra i generi, ed è stato anche giornalista è drammaturgo. Suoi sono, per esempio, il romanzo krakatite – pubblicato da Miraggi nella traduzione di Angela Alessandri – e il celebre testo teatrale R.U.R., Rossum’s Universal Robot. Proprio a quest’ultima opera, la giovane e brillante fumettista Kateřina Čupová ha dedicato un adattamento speciale, una bellissima graphic novel pubblicata da Miraggi sotto la curatela di Alessandro Catalano.
R.U.R. è stato pubblicato per la prima volta nel 1920 e, nel gennaio dell’anno successivo, è stato finalmente messo in scena. In questa storia, Čapek usa per la prima volta il termine robot che, nell’immaginario di chi fruisce le storie, si è consolidato con film come Metropolis e con i romanzi di Asimov (impossibile non citarlo). Sulle motivazioni che hanno consentito al termine di sopravvivere all’opera, finita ingiustamente nel dimenticatoio, è lo stesso traduttore e curatore della graphic novel a sottolineare alcuni aspetti interessanti, costruendo una galleria di immagini che trovate in appendice al volume.
L’elemento fondante della fisiologia dei robot dei Rossum è la commistione tra elementi meccanici e biologici. Non a caso spicca, sulla copertina del fumetto, un cuore rosso. Non sono insomma i robot che normalmente siamo abituati a immaginare. Sono creature umane, prive di emozioni e bisogni, quelle caratteristiche che rendono l’uomo una macchina così inefficiente. I robot vengono prodotti in serie, nella fabbrica dei Rossum, e sostituiscono gli umani nelle loro mansioni lavorative.
Čapek anticipa per certi versi la realtà, esplorando il delicato rapporto che lega lo scienziato all’uso etico delle proprie scoperte. È lecito costringere degli esseri, per quanto solo parzialmente umani, a fatiche continue senza una minima carta dei diritti? L’uso etico delle scoperte scientifiche è un tema ampiamente esplorato anche in krakatite. Qui il protagonista, il chimico Prokop, arriva a sintetizzare una terribile sostanza esplosiva e si interroga a più riprese su come possa essere impiegata e sulla necessità di distruggerla. Ma il dilemma morale, che in R.U.R. sembra vedere solo Helena, è molto simile a quello che coglie a posteriori il dottor Frankestein nell’omonimo romanzo di Mary Shelley.
Altro aspetto interessante dell’opera è il timore, che si era fatto insistente proprio nel periodo tra le due guerre mondiali, che la meccanizzazione del lavoro potesse risultare nella perdita di posti di lavoro e nel peggioramento delle condizioni di vita dell’individuo. L’esatto opposto di quello che vorrebbe fare Domin con la sua fabbrica. Un timore fondato che ancora oggi ha una sua eco importante. Chissà cosa avrebbe detto Čapek, se fosse vivo ancora oggi, di fronte alla precarietà dilagante e a contratti che impongono alla gavetta continua con stage e stipendi da fame. (Questa però è un’altra storia.)
«Nulla è più estraneo all’uomo della sua immagine.»
Nell’opera di Čapek una speranza c’è, ed è rappresentata dall’amore (come in krakatite più tardi). L’amore ha una potenza sconvolgente e ha la capacità di resistere a qualsiasi estinzione o catastrofe artificiale. L’amore tra Domin e Helena prima, e tra due creature che di umano sembrano avere poco poi, è il filo tiene unita la speranza in un qualcosa di più, che sempre esisterà a prescindere dalla distruzione che ci circonda. Non a caso, l’amore è anche la potenza che in krakatite spinge Prokov ad andare avanti, a lottare contro un sistema corrotto.
Con R.U.R., Čapek ci mette di fronte alla nostra immagine. Man mano che la storia si dipana, la differenza tra robot e umani si fa debole, e quelli che prima sembravano sogni utopici, diventano presagi della fine di un mondo. Quest’opera dovrebbe farci riflettere sul capitalismo e sull’idea di progresso a ogni costo, magari non per i timori che attanagliavano le persone tra le due guerre, ma piuttosto per i limiti che il sistema capitalistico porta con sé. È un inno alla complessità, nella sua tragicomica essenza.
-Davide