Com’è che diceva Eliot nella sua Terra desolata? Aprile è il mese più crudele? Per addolcire questo periodo di incertezze e difficoltà crescenti, un buon rimedio è sempre quello di rifugiarsi nei libri. La tappa della #ReadChristie2021 di questo mese consentiva di scegliere tra una vasta gamma di titoli: era sufficiente che la storia fosse stata scritta prima della Seconda guerra mondiale. Così, una delle nostre letture è stata Due mesi dopo, uno dei romanzi meglio pensati di Agatha Christie.
Il romanzo viene serializzato negli Stati Uniti sul Saturday Evening Post nel 1936, col titolo di Poirot Loses a Client. Nel febbraio del 1937 arriva una versione speculare in Inghilterra: questa volta presentata al pubblico col titolo di Mystery at Littlegreen. Ma quando viene pubblicato nella sua forma completa, Dumb Witness? Dobbiamo aspettare fino al luglio di quello stesso anno, quando, finalmente, viene dato alle stampe dalla casa editrice Collins.
Come consuetudine della scrittrice, che spesso rielaborava le sue trame per dargli una nuova forma, di questo caso di Poirot esiste una sorta di prototipo, un racconto: Il mistero della pallina del cane (The Incident of the Dog’s Ball), scoperto da John Curran nel 2004. Al momento qui in Italia è disponibile nella raccolta completa di racconti dedicata all’omino baffuto, nell’edizione Oscar Draghi di Mondadori. Vedere per credere.
Due mesi dopo è l’archetipo di tutti i gialli inglesi dell’epoca: c’è un piccolo villaggio immerso nella campagna inglese, Market Basing, c’è una famiglia disfunzionale, che non manca di moventi per un delitto, c’è Poirot che risolve il caso di fronte a tutti i sospettati, in perfetto stile Agatha Christie – o perlomeno come immaginiamo sempre che la scrittrice risolva tutti i suoi misteri. Nel villaggio, nella sua casa di Littlegreen, la signorina Arundell muore improvvisamente… non prima però di aver scritto una lettera confusa e preoccupata a Poirot, arrivata con ben due mesi di ritardo (e quando ormai la mittente è già deceduta). L’investigatore belga è convinto che ci sia sotto qualcosa di sospetto, così sceglie di partire per Market Basing al fianco del fedele Hasting (qui nella sua penultima apparizione), deciso a fare chiarezza sulla strana faccenda. Nessuno è particolarmente sconvolto dalla morte della donna – non certo i suoi nipoti. Forse soltanto la signorina Lawson, sua dama di compagnia, e il piccolo fox terrier Bob, sono realmente dispiaciuti dell’accaduto.

Si tratta di un romanzo molto ben congegnato, dove ogni singolo elemento necessario alla risoluzione del caso è in bella vista. Mi spingerei anche più in là e direi che è uno di quelli in cui il lettore ha più possibilità di arrivare non solo al colpevole ma anche all’arma e al movente, il che lo rende uno strumento perfetto per evadere dalle preoccupazioni quotidiane, tra false piste, piccole schermaglie verbali e cani dalla personalità decisa.
La famiglia Arundell, dicevamo, vive a Market Basing. Questo piccolo villaggio non è una pura invenzione della scrittrice ma è ispirato a un luogo reale. Ricorda straordinariamente Wallingford, dove si trovava una delle abitazioni di Agatha Christie, Winterbrook House. Questa deliziosa casa di metà diciottesimo secolo, Agatha l’acquista nel 1934 insieme a Max Mallowan, suo secondo marito. Ed è proprio questa costruzione a ispirare un altro pezzo importante del suo lascito letterario, la casa di Miss Marple, l’anziana e acuta zitella che ha più di un tratto in comune con la signorina Arundell.
Nel libro, Agatha gioca con le sue competenze nel campo dei veleni. Durante le due guerre ha fatto la volontaria al dispensario dell’ospedale di Torquay e sa bene come si preparano le capsule dei medicinali, pertanto non gli viene difficile inventare lo stratagemma perfetto per far morire la ricca vecchina di Due mesi dopo, ignara di quello che le farà patire la sua sadica creatrice.
Oltre a tirare in ballo i veleni, Agatha Christie si affida allo spiritismo e al gioco metaletterario. Come in altri romanzi e racconti (per citarne uno per ciascuna categoria: Un cavallo per la strega e quasi tutte le storie di L’ultima seduta spiritica), alcuni personaggi subiscono il fascino della tavola ouija. La signorina Lawson e le sorelle Tripp credono fermamente alla possibilità di contattare gli spiriti dei defunti, nonostante mezzo paese le ritenga delle povere sciocche sciroccate. E chissà che alla fine non abbiano ragione?
Due mesi dopo non è il libro adatto per chi odia gli spoiler. Nel romanzo, Poirot si riferisce apertamente a quattro casi risolti, facendo il nome e il cognome degli assassini. Qui Agatha Christie si è forse divertita a ricordare alcuni dei suoi romanzi più belli e meglio riusciti: Delitto in cielo, Poirot a Styles Court, L’assassinio di Roger Ackroyd e Il mistero del treno azzurro. Viene citato anche, en passant, Assassinio sull’Orient Express, ma senza rivelare dettagli importanti della trama. Questi nomi servono a Poirot per dimostrare al perennemente confuso ascoltatore di turno che dietro le apparenze più innocue e rassicuranti, si possono celare le intenzioni più torbide.

Come suggerisce il titolo originale, uno dei personaggi più importanti del romanzo è proprio Bob, il dumb witness, il testimone muto che, purtroppo per Poirot, non è in grado di parlare. Agatha Christie, al contrario del baffuto investigatore, ha sempre amato i cani, tanto che questo libro si apre con una dedica al suo fox terrier Peter: «A dog in a thousand», che è stato di ispirazione proprio per l’altezzoso quadrupede di Due mesi dopo.
Di questa storia esistono soltanto due adattamenti: uno per la televisione e uno per la radio. Il primo è ovviamente l’episodio andato in onda nel 1996 per la celebre serie che vede David Suchet nei panni di Poirot e Hugh Fraser nei panni di Hastings. Il secondo risale al 2007 e trova nel cast John Moffat, che già aveva vestito i panni del detective in altri radiodrammi.
Due mesi dopo è il tipo di storia che una persona si aspetterebbe di leggere sentendo nominare Agatha Christie. Un omicidio a porte chiuse, la campagna inglese, le atmosfere familiari riprese più tardi dalla Signora in giallo. È qualcosa su cui contare, affidabile come quei compagni domestici che sono al nostro fianco da millenni e che noi siamo soliti chiamare cani (Bob approva).
-Davide & Marco