Al centro del mondo di Alessio Torino

Nella storia della letteratura italiana sono molti gli esempi di romanzi dedicati al mondo rurale e alla campagna. L’ultima voce ad aggiungersi a questo coro è il nuovo libro di Alessio Torino, Al centro del mondo, pubblicato per la casa editrice Mondadori. L’autore, di origini marchigiane, è docente di letteratura latina all’Università degli Studi Carlo Bo di Urbino e ha pubblicato alcuni romanzi con minimum fax che gli hanno fruttato vari premi letterari come Lo Straniero e il premio Subiaco Città del Libro.

Al centro del mondo è la storia della famiglia Bacciardi. Damiano, un ragazzino di diciassette anni, è rimasto orfano dopo il suicidio del padre e la fuga della madre. Il giovane ora vive a Villa la Croce, insieme ai nonni e allo zio Vince, sperduti tra le colline marchigiane. Lo zio si trastulla con l’idea di vendere la proprietà e le arnie che contribuiscono alla produzione della “manna”, il miele che dispone sui banconi del mercato del paese ogni fine settimana. Vorrebbe abbandonare quel luogo e non ritornarci mai più. Damiano si oppone fermamente a questa idea e, con tutte le sue paure e le sue contraddizioni, si erge a difensore della casa e delle api tanto amate dalla nonna. Molte sono le minacce che ostacolano il suo compito, tutte, nella sua mente, manifestazione fisica del Demonio.

Alessio Torino racconta delle fatiche della vita di campagna, della crudeltà che questa vita comporta, quasi a fare eco a quella descritta da Cesare Pavese in Paesi tuoi o, andando ancora più indietro, a quella di verghiana memoria. Ma, a differenza delle storie dello scrittore einaudiano, nel romanzo di Torino emerge una campagna che sa mostrare anche il suo volto gentile, dove non tutte le relazioni umane subiscono un imbarbarimento e un inselvatichimento. Quello che spinge Damiano a compiere anche le azioni più efferate in difesa di Villa la Croce è il suo profondo affetto per la nonna e per il nonno, per Teo e per la memoria del padre, una figura sbiadita che ancora non riesce a comprendere appieno.

La campagna di Damiano è davvero il centro del mondo. È un luogo ancestrale, mitologico, dove i legami familiari e il rapporto con la terra e con gli alberi – i due ciliegi, la quercia, il nespolo – diventano il fulcro della vita di tutti i giorni. Hanno qualcosa di rituale. La dimensione religiosa permea ogni più piccolo gesto di Damiano, che si sente ispirato dalla Madonna, ma più che assumere la maschera liturgica ecclesiastica assume quella spirituale, scardinandosi da un’interpretazione squisitamente dogmatica. Damiano parla di Maria ma come potrebbe parlare del Sole o di un albero o di un ruscello. Il nome conta poco, è l’essenza il centro di tutto.

Il ragazzo diventa il difensore di questa ritualità, dei gesti della nonna che cucina e mette in vaso il miele, del nonno che siede pensieroso sotto il ciliegio, dello zio che il sabato parte per il paese per vendere la “manna”. Le api sono le sacerdotesse, vivono nel Santuario e sono lo strumento tramite cui indagare i messaggi divini. Sanno se qualcuno viene alla Villa per turbare i suoi equilibri oppure se è persona amica e va trattata col massimo riguardo.

Al centro del mondo è la storia di un universo antico abbarbicato su se stesso che lotta contro i colpi di quello esterno, che cerca di sconfinare nel suo territorio e alterarne la rurale bellezza. È la lotta tra tradizione e modernità, tra vecchio e nuovo. Una lotta che non ha mai vinti né vincitori.

-Davide

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