Gridalo di Roberto Saviano

La manipolazione delle informazioni e le fake news sembrano essere il nuovo stato fisiologico di paesi autoritari e democrazie, senza nessuna distinzione. Proprio per questa significativa assenza di barriere fra “modelli politici” è bene parlare della questione e cercare di fare chiarezza là dove il mare di notizie costruite ad arte si fa più burrascoso. Questo è quello che tenta di fare Roberto Saviano con il suo nuovo volume, Gridalo (Bompiani Overlook), dando in prestito a noi lettori la sua lucidità per tratteggiare una mappa del mondo delle informazioni in cui oggi viviamo.

Gridalo fa parte di un percorso dello scrittore perfettamente coerente con la curatela della collana Bompiani Munizioni, che con questa uscita trova moltissimi punti in comune, e con la voglia di far prevalere la verità nascosta nelle zone d’ombra, caratteristica che lo ha sempre contraddistinto nel suo lavoro.

Questa dichiarazione d’intenti è già palese nella copertina del volume – continuiamo a usare questo termine perché non si tratta né di un saggio né di un romanzo – dove sullo sfondo blu della sovraccoperta campeggia il titolo del libro stilizzato a megafono, nell’esplicito invito al lettore a gridare la propria verità. Ma non è il solo elemento grafico particolare del libro. Il corpo del testo si intreccia infatti a ritratti e illustrazioni di Alessandro Baronciani, dalla prima all’ultima storia.

Saviano parla a un ragazzo di sedici anni, che potrebbe o non potrebbe essere una sua versione passata, con lo scopo di dargli una mappa, una guida grazie alla quale spingersi oltre i sentieri già battuti e addentrarsi in una selva oscura inesplorata, irta di pericoli. Così ciascun capitolo del libro è dedicato a persone che in qualche misura hanno contributo a gettare un po’ di luce negli angoli più nascosti di questa mappa, persone che non hanno avuto timore di urlare le proprie verità e di vivere la propria vita con coraggio, anche quando tutto si faceva difficile. Ipazia, Daphne Caruana Galizia, Giordano Bruno, Martin Luther King sono solo alcuni dei protagonisti di queste storie.

Uno dei pericoli che si trovano a dover affrontare queste persone – un pericolo che ritorna sempre, anche nei paesi democratici, è bene sottolinearlo ancora una volta – è, inevitabilmente, una sapiente campagna di delegittimazione. Questa campagna, sia essa operata da un governo autoritario o da altri soggetti, si fonda su tre livelli. Innanzitutto attacchi privati, facendo insinuazioni sulla tua vita personale e sfruttando il gossip come strumento di controllo. Questo genera un senso di incertezza e sfiducia nei tuoi confronti anche da parte di chi ti è vicino, dei tuoi familiari, dei tuoi amici. Il secondo livello è quello economico: una raffica di multe e di accuse di frodi fiscali di ogni ordine e grado. L’ultimo livello è svuotare la tua immagine pubblica di credibilità e dignità. Alla fine sei circondato da una fitta rete di menzogne che instilla dubbi a dismisura. Qualsiasi cosa dici o fai ha sicuramente un secondo fine, non importa poi se questo fine non c’è o se una cosa non l’hai fatta. L’importante è che tu non sia più affidabile. Così la battaglia, che dovrebbe essere sul piano delle idee, si trasferisce sulla persona, sulle sue abitudini e sulla sua moralità. Non hanno importanza le idee per cui ti batti, conta solo quello che fai tu nel tuo privato. Non vi sembra uno scenario familiare?

Lo vediamo tutti i giorni sui social e in televisione, quando non si sa come ribattere a una tesi ben argomentata o a un’idea forte e coraggiosa, e allora si fanno lanciano attacchi personali e illazioni (basta visitare il profilo Twitter di un certo Presidente per rendersene conto). A una riflessione simile è arrivato anche Peter Pomerantsev nel suo Questa non è propaganda (Bompiani Munizioni), una illuminante raccolta di saggi sulla disinformazione e la comunicazione.

Gridare è un verbo che difficilmente saremmo inclini ad associare all’ambiente culturale e al mondo dei lettori e degli scrittori in generale. Non sembra coerente con il racconto pacato e razionale di quello che ci circonda, quasi fosse una contraddizione in termini. Ma forse, almeno in alcune particolari circostanze, quando si cerca di soffocare la verità – che esiste e non è qualcosa di astratto – e di manipolare il reale, be’… forse in quelle circostanze è bene gridare forte, per far sentire la propria voce e non lasciare indietro nessuno.

-Davide

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