Hegel è un nome che tutti conosciamo, vuoi per trascorsi scolastici vuoi per percorsi alternativi e sentito dire. Ma di Ludwig Fischer cosa sappiamo? Dopo una breve ricerca su Wikipedia scopriamo che è il figlio illegittimo del filosofo tedesco, una figura scomoda, vissuta ai margini della famiglia “ufficiale” di Hegel. Dunque… quali erano i rapporti tra padre e figlio? Questa è la domanda cui tenta di dare risposta Francesco Baucia nel suo romanzo La notte negli occhi, pubblicato nella collana Contemporanea della casa editrice torinese Lindau.
Francesco Baucia – redattore, consulente editoriale e collaboratore di Alias, supplemento culturale del «Manifesto» – scrive una storia per riempire questo vuoto e tenta di colmarlo con lo stratagemma della finzione narrativa. Così Hegel affida a un medico con la passione per l’esplorazione l’incarico di ritrovare il figlio e di scoprire cosa gli è successo. Infatti, Ludwig è partito cinque anni prima con l’intenzione di unirsi all’esercito coloniale olandese. Sicuramente è arrivato a Giava, ma da lì in poi si perdono sue notizie. Il medico-investigatore tenta perciò di ricostruire i pezzi del puzzle che è l’esistenza del ragazzo e, soprattutto, di scoprire chi è il misterioso amico di Ludwig, Wilhelm Windt.
Il romanzo è scritto in prima persona sotto forma di diario, la forma narrativa che il medico-investigatore – come lo abbiamo definito sopra – sceglie di adottare per raccontare la sua storia, quella di Ludwig e di Wilhelm. Quello cui ci troviamo di fronte è un giallo dalle tinte gotiche, dove viene lasciato ampio spazio alla costruzione dell’antefatto, l’amicizia dei due giovani, il rapporto tra padre e figlio, contribuendo a generare un’opprimente atmosfera di sospensione che raggiunge il suo climax soltanto nelle ultime pagine.
L’oppressione nasce anche dalle sfumature cupe e dalla minaccia velata che sembrano incombere per tutto il libro. Sia quando l’io narrante si trova a Batavia, sia quando va alla ricerca delle uniche due donne che abbiano voluto bene a Ludwig, la sorella di Hegel e la sorellastra del ragazzo, a fare da sfondo alle vicende è un continuo gioco di luci e ombre, laddove le ombre sembrano celare sempre qualche pericolo imminente. Le luci invece non riescono mai a dipanare l’oscurità e falliscono nel loro compito.
L’accostamento di Poe e di Conrad, sul risvolto del romanzo, non è casuale. Ne La notte negli occhi c’è qualcosa che ricorda lo stile del maestro del mistero, così come c’è qualcosa di Cuore di tenebra. L’ossessione dell’io narrante per Ludwig e la sua storia, la follia che sembra fare da rumore di fondo al racconto del ragazzo, sono la stessa ossessione di Marlowe per il commerciante di avorio e la stessa follia di Kurtz, inghiottito dall’orrore.

La finestra che si apre sulla vita di Ludwig rischia di azzerare completamente il narratore, che cerca di liberarsi dando forma concreta alla sua storia. C’è qualcosa di lovecraftiano in questo. Ma il vero cuore del romanzo, il vero tema centrale, è la sovrapposizione di testimonianze, spesso contrastanti, su cosa sia successo realmente tra Hegel e il figlio, cosa sia vero, cosa sia falso. Alla fine, in realtà, non ha nessuna importanza saperlo discernere, perché le ombre calano su tutto, in modo ineluttabile.
La notte negli occhi è un testo in grado di condensare in poco più di centocinquanta pagine tutte queste atmosfere e queste sensazioni. È la riprova che il giallo e il mistero, proprio in virtù di questa loro natura conturbante, riusciranno ad affascinare il lettore ancora per molto tempo.
-Davide