#EinaudiTO: Fernanda Pivano, Pavese, Torino e l’America

Nonostante tutto siamo arrivati a giugno, mese che sancisce il giro di boa anche per #EinaudiTO, il percorso di lettura alla scoperta e alla riscoperta di autori e autrici fondamentali per la città di Torino e per la casa editrice Einaudi.

Se lo scorso mese siamo stati trascinati nella Storia da Ernesto Ferrero, questa volta la figura di riferimento è Fernanda Pivano, traduttrice, scrittrice, donna che ha saputo coniugare lo spirito della Beat Generation al fermento del sottosuolo culturale italiano.

C’è una costante in questo cammino, almeno fino ad ora, ovvero il fatto che i primi membri dell’Einaudi si sono ritrovati a studiare al Liceo Massimo D’Azeglio di Torino. E lo stesso è per Fernanda Pivano, nonostante fosse genovese di nascita.

Trasferitasi nel capoluogo piemontese nel 1929, al D’Azeglio trova personaggi che le segneranno la carriera e la vita. Tra i suoi compagni c’è Primo Levi, classe 1919, che con lei condivide l’amara esperienza della bocciatura all’esame di maturità (!). La Pivano racconta che già all’epoca il giovane Levi aveva una predilezione per la chimica, tanto da terminare anche quegli esperimenti che l’insegnante non riusciva a completare.

Gli insegnanti, si sa, sono persone che influiscono profondamente sugli alunni. Questo ancor di più se il proprio insegnante di italiano si chiama Cesare Pavese, come è capitato a Pivano per una circostanza fortuita. Ascoltare Pavese mentre “leggeva Dante o Guido Guinizelli e li rendeva chiari come la luce del sole” è, come dice nei suoi Diari 1917-1973  “uno straordinario privilegio”. Le lezioni, tuttavia, terminano presto. Pavese infatti viene spedito al confino.

Solo nel 1938, quando la Pivano è già studentessa universitaria, i due si ritrovano. Sappiamo che la ragazza aveva in mente l’idea di scrivere una tesi su Shelley, ma quest’idea non vedrà mai la luce. Pavese infatti le consiglia di intraprendere un’altra strada, concentrarsi sulla letteratura americana, e per convincerla le regala quattro libri che saranno per lei fondamentali: Foglie d’erba di Walt Whitman (Whitman è stato anche argomento della tesi di laurea di Pavese), Addio alle armi di Ernest Hemingway, l’autobiografia di Sherwood Anderson e l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.

Inutile dire che questi saranno i semi di una passione che condizionerà tutta l’esistenza della Pivano.

«L’aprii proprio alla metà, e trovai una poesia che finiva così: “mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì”. Chissà perché questi versi mi mozzarono il fiato: è così difficile spiegare le reazioni degli adolescenti».

Frammenti da Libero chi legge, Mondadori, 2010 e dall’introduzione all’Antologia di Spoon River, Einaudi

Questo colpo di fulmine la porta a intraprendere in gran segreto la traduzione di Spoon River, per paura che Pavese, già traduttore e collaboratore di Einaudi, potesse prenderla in giro. Ma quando scopre per caso le prime bozze della traduzione della ragazza, è proprio lui a convincere Giulio Einaudi a pubblicare e ad affidarle quel volume che con la sua semplice verità andava contro tutti i dogmi del ventennio fascista: immaginare un mondo pacifista, anticapitalista, anticonvenzionale era l’antitesi dell’egemonia fascista. Il libro viene dato alle stampe con uno stratagemma. Per evitare la censura viene cambiato il titolo in Antologia di S. River, spacciandolo per una raccolta di pensieri. Tuttavia, il libro viene comunque ritirato dal commercio per la presunta immoralità della copertina, che successivamente verrà sostituita.

Nessuna descrizione della foto disponibile.
©Giulio Einaudi Editore

La Pivano finisce anche in carcere, proprio per questa traduzione.

“Era superproibito quel libro in Italia. Parlava della pace, contro la guerra, contro il capitalismo, contro in generale tutta la carica del convenzionalismo. Era tutto quello che il governo non ci permetteva di pensare […], e mi hanno messo in prigione e sono molto contenta di averlo fatto”

La storia siamo noi, 25 febbraio 2008 (il video purtroppo non è più disponibile)

L’Antologia di Spoon River segna l’inizio della sua carriera di traduttrice, ma non solo. Molti anni dopo, nel 1971, si troverà a collaborare con un suo conterraneo, Fabrizio de Andrè, per un disco ispirato al libro di Masters, Non all’amore non al denaro né al cielo, che nel retro riporta un’intervista della Pivano all’autore.

«Avrò avuto diciott’anni quando ho letto Spoon River. Mi era piaciuto, forse perché in quei personaggi trovavo qualcosa di me. Nel disco si parla di vizi e virtù: è chiaro che la virtù mi interessa di meno, perché non va migliorata. Invece il vizio lo si può migliorare: solo così un discorso può essere produttivo.»

Ma il libro di Masters non è l’unico che la Pivano traduce. Nel 1943, sempre in clandestinità, Nanda lavora su Addio alle armi di Ernest Hemingway. Anche questa attività le costa il carcere.

Con Pavese i rapporti non non sono sempre stati idilliaci. Per lei provava un amore ostinato, tanto da chiederle due volte di sposarla, ritrovandosi in cambio con due rifiuti (immortalati nelle croci sul frontespizio del volume Feria d’agosto). Pivano si sposerà, dopo una breve parentesi con un uomo americano di cui non sappiamo praticamente nulla, con l’architetto Ettore Sottsass, suo grande amore. Pavese la cerca due volte, poco prima del fatidico 27 agosto di settanta anni fa, chiedendole di vederla. Fernanda, in condizioni precarie, non può rispondere all’appello. Stessa sorte ha Hemingway, che proprio pochi giorni prima di mettere fine alla propria vita la chiama per dirle che non ce la fa più.

L’influenza dell’ex professore accompagnerà Pivano per tutta la vita. I valori di quelle prime opere tradotte sono gli stessi di tutte quelle che ha portato in Italia, facendo scoprire a questa parte dell’Atlantico la Beat Generation e la rabbia furente di una generazione stanca e pronta a rovesciare il sistema: Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Charles Bukowski e tanti altri.

Autori sì, ma anche e soprattutto amici. Dal soggiorno a Cortina da Hemingway fino ai viaggi negli States, Fernanda Pivano grazie alla sua curiosità continua è riuscita non solo a far scoprire autori lontani, ma anche a svegliare un po’ dal torpore l’editoria italiana. Basti pensare alla foga dello scambio di lettere con la Mondadori, che forse non si era resa conto del linguaggio dell’opera, per la pubblicazione di Urlo & Kaddish di Allen Ginsberg.

“Ma porca miseria, non credo che ‘cesso’ sia censurabile, e nemmeno ‘masturbazione’. Lascio senza asterischi ‘culo’ e ‘sperma’ perché sono termini di retaggio comune, culo è parola corrente che si trova in innumerevoli romanzi. A pagina 67 non sostituirò ‘cazzo’ con ‘membro’, è meglio l’iniziale con i puntini. Va bene asterischi su ‘figa’, ‘pompini’, ‘inculato’. Non capisco che differenza fa sostituire ‘chiavare’ con ‘fottere’ dato che la volete mettere con la sola iniziale”.

[…]

A pagina 80 non c’è neanche da pensare di censurare tutto, il brano dell’incesto con la madre deve restare: a Ginsberg non lo propongo neanche, e sono certa che se glielo dite vi toglie i diritti sul libro, e vi fa causa”.

Caparbia, testarda, ma sempre coerente, di sicuro senza Fernanda Pivano la letteratura in Italia non sarebbe quella che è oggi, e forse anche la società, che le deve tanto. Potremmo azzardare una metafora, e dire che l’esistenza di Fernanda Pivano è come l’Antologia di Spoon River, un microcosmo di esperienze, di vite vissute. Chissà cosa ne penserebbe Nanda.


Per il prossimo mese l’autore scelto per #EinaudiTO è Primo Levi. Come al solito si possono leggere romanzi, racconti e saggi scritti da lui e su di lui. Non perdetevi i nostri consigli su Instagram!

-Davide & Marco

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