Per il mese di maggio la tappa della #ReadChristie2020 prevedeva la lettura di una storia (romanzo, racconto o altro) che Agatha Christie avesse dedicato a un familiare o a una persona cara. Un bella opportunità per scoprire le relazioni coltivate da Agatha Christie durante la sua vita. La nostra scelta è ricaduta su un titolo che non rientra tra le storie con protagonisti i famosi Poirot, Miss Marple o Tommy & Tuppence. Si tratta di Perché non l’hanno chiesto a Evans?, pubblicato da Mondadori nella traduzione di Diana Fonticoli.
Il romanzo venne dato alle stampe nel 1934, nello stesso anno di Assassinio sull’Orient Express e Ritratto Incompiuto, quest’ultimo scritto con lo pseudonimo Mary Westmacott, sempre per il Collins Crime Club. Il titolo cambia nell’edizione americana, che da Why Didn’t They Ask Evans? diventa The Boomerang Clue.

To Christopher Mallock
in memory of Hinds
Il romanzo, nell’edizione originale, contiene una dedica a Christopher Mallock. Sappiamo che i Mallock erano amici della Christie da prima del suo primo matrimonio. Insieme, nella loro casa, Cockington Court, vicino a Torquay, mettevano in scena diversi spettacoli amatoriali, occasioni in cui l’estrema timidezza di Agatha spariva completamente. Il riferimento a Hinds rimane a oggi sconosciuto, un po’ come la frase che dà il titolo al romanzo: Perché non l’hanno chiesto a Evans?
Questa domanda è il motore della narrazione, una vera fonte di ispirazione, come il caso di Jane Fish in Avversario segreto. Infatti, Perché non l’hanno chiesto a Evans? è la frase che, in punto di morte, un uomo sussurra a uno dei protagonisti del romanzo, Robert Jones.
Robert, aka Bobby, sta giocando a golf insieme al dottor Thomas, in un campo sul limitare della scogliera gallese di Marchbolt. Non essendo un professionista (che Agatha si sia ispirata a Bobby Jones, golfista, questo sì, professionista?) e mancando della fortuna del principiante, la pallina di Bobby finisce al di là di un precipizio. Mentre la cerca, Bobby trova un uomo. Insieme a Thomas, si avvicina per prestargli soccorso, a prima vista sembrerebbe che il malcapitato sia caduto dalla scogliera, complici l’ora buia e la foschia che si alza dal mare. L’uomo purtroppo è in fin di vita. Mentre il dottore va a chiamare aiuto, Bobby rimane lì. L’uomo gli rimane impresso: di bell’aspetto, abbronzato. Ipotizza abbia gli occhi azzurri. Ne ha la conferma quando in uno spasmo li apre, per proferire l’enigmatica frase: Perché non l’hanno chiesto a Evans?

Lì per lì Bobby non dà peso a quelle parole, e quando l’uomo spira, gli copre il volto con un fazzoletto. Per stabilirne l’identità cerca tra le sue tasche, ma trova solo la fotografia di una donna. Si ricorda allora di avere un appuntamento con il vicario di Marchbolt e lascia l’uomo nelle mani di uno strano tipo che dice di chiamarsi Bassington-ffrench.
Una semplice disgrazia, così stabilirà la corte cittadina. Ma è veramente così?
Raccontare l’antefatto è necessario, perché come nella maggior parte dei romanzi di Agatha Christie è nelle prime pagine, nelle prime frasi, che si nascondono tutti i nodi che permetteranno al lettore di sciogliere il mistero. La Christie infatti non nasconde mai al lettore elementi necessari a sbrogliare la matassa di indizi e depistaggi che gli viene offerta.
Bobby Jones prende il posto dei celebri investigatori nati dalla penna della Christie, ma non è l’unico a calcare la scena. Sua compagna per le rocambolesche (mai aggettivo fu più adatto) avventure è Lady Frances Derwent, Frankie, amica d’infanzia di Bobby, che ha sempre avuto a cuore il giovane figlio del vicario.
I due, novelli Tommy & Tuppence, tentano di risolvere il mistero che avvolge l’identità di Evans. Attenzione! Niente è come sembra, tutto ha un doppio e la verità a volte è proprio sotto gli occhi, basta stare attenti.
Lady Frances, oltre a ricordare Tuppence, rientra in quel canone di giovani avventuriere descritte da Agatha Christie in diversi romanzi. Pensiamo a Victoria Jones di Il mondo è in pericolo, oppure a Anne Beddingfeld di L’uomo vestito di marrone, a Hilary Craven di Destinazione Ignota, a Eily Trefusis di Un messaggio dagli spiriti e ancora a un’altra lady, Lady Eileen “Bundle” Brent di Il segreto di Chymneys.

Un romanzo, Perché non l’hanno chiesto a Evans?, che pare sia stato ispirato dalla frase del fratello di un’amico di Agatha Christie, come riporta John Curran nel suo Agatha Christie’s Complete Secret Notebooks. Dopo aver terminato la lettura di un libro, e averlo riposto, questo signore dice alla Christie, “niente male, ma perché non l’hanno chiesto a Evans?”. In quel momento lei decide immediatamente che quello sarebbe stato il titolo per uno dei suoi prossimi libri. La Christie scrive che non si sarebbe preoccupata dell’identità di Evans, e nemmeno della trama in sé, e che ci avrebbe pensato in futuro. Come in effetti fece, ma quando?
A quanto pare durante la progettazione di Un messaggio dagli spiriti. Il quaderno 59 a pagina 24 recita:
l’ispettore è l’assassino – concussione confermata. Perché non l’hanno chiesto a Evans? Ada Evans – anche il nome del giardiniere.
Non si tratta di uno spoiler, state tranquilli. Ma questo quesito ritorna anche dopo, quando Agatha si apprestava a scrivere Se morisse mio marito. A pagina 53 del quaderno 41 è scritto:
capitolo XXV perché non l’hanno chiesto a Evans?
E anche prima, nello stesso quaderno, troviamo una nota personale:
ci possiamo mettere in mezzo perché non l’hanno chiesto a Evans?
A molti questo romanzo sembrerà manchevole, vista l’assenza di personaggi iconici cari alla Christie, ma in realtà è uno tra i più divertenti (e diversi, nonostante le somiglianze con altri romanzi): scambi di persona, travestimenti, incidenti inscenati ad arte, indagini in campagna, identità misteriose, molteplici twist e un finale che forse finale non è.
Perché non l’hanno chiesto a Evans? è anche un tributo (e un pastiche) all’universo dei romanzi gialli, noir e d’avventura che negli anni ’30 spopolavano tanto. C’è tanta carne sul fuoco ma non per questo il risultato è forzato, ridondante o noioso. Bobby e Frankie sono una coppia così male assortita che funziona alla perfezione, e in più di un’occasione non perde l’opportunità per fare l’occhiolino al lettore e far notare come le loro avventure sembrino tratte da un romanzo, da un’opera o da uno spettacolo teatrale.
In questo senso, complici anche letture recenti, siamo andati in brodo di giuggiole perché alcuni elementi del romanzo della Christie ricordano un’altra opera che non ha un vero e proprio finale: Il mistero di Edwin Drood.
Calmi, non ci stiamo addentrando nel reame delle cospirazioni, ma esistono diversi elementi che collegano queste due storie: la coppia protagonista, la coppia antagonista, il tema del doppio, la presenza di un vicario, un uomo di nome Jasper (!), i travestimenti, l’uso di determinate sostanze, l’immancabile citazione a Lady Macbeth e questa strana coscienza dei protagonisti, un momento ignari e vittime del loro ruolo di personaggi letterari, e poi stranamente coscienti della loro realtà fittizia. Sono solo speculazioni, ma come dice il nostro caro Hercule Poirot:
«L’impossibile non può essere accaduto; quindi l’impossibile deve essere possibile, nonostante le apparenze.»
Questa era la nostra lettura per la tappa di maggio della #ReadChristie2020. Per giugno, che segnerà il giro di boa della challenge, bisogna leggere una storia ambientata nei luoghi vissuti da Agatha Christie. I nostri consigli arriveranno a breve, sapete già cosa leggerete?
-Davide & Marco
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