Città sommersa di Marta Barone

Assistiamo a un inizio esaltante per la letteratura italiana del nuovo anno. Nel mese di gennaio è uscito in libreria Città sommersa di Marta Barone, traduttrice e consulente editoriale che ha già all’attivo tre libri per ragazzi. Questo volume è il suo esordio nella narrativa “per adulti”, pubblicato con la casa editrice Bompiani.

Città sommersa è un romanzo che esce dagli schemi di genere tanto cari alla narrativa italiana. Sotto molti punti di vista è un libro ibrido. È una sorta di biografia ma non vuole essere una biografia. Si potrebbe definire una storia personale e di crescita, forse un memoir, per come la memoria emotiva della protagonista – che è anche, incidentalmente, la scrittrice – si intreccia con la memoria storica della Torino degli anni Settanta e dei gruppi armati di sinistra.

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La foto della protagonista che viene fornita al lettore è quella di una donna solitaria, malinconica e riflessiva. Questa donna racconta del padre, a pochi anni dalla sua scomparsa per un cancro al fegato poi diffuso ai polmoni. All’inizio viene descritto come un uomo incostante nelle sue emozioni, con una maschera artificiosa per l’ambiente esterno, quando in quello domestico si dimostrava tutt’altra persona. Un uomo nel segno del tre, tre volte è stato sposato e tre lauree ha conseguito: medicina a Roma, giurisprudenza e psicologia. Come, quell’uomo del Gargano sia arrivato a Torino, la protagonista non lo sa, almeno non con precisione.

Il bisogno, la necessità di parlare dell’uomo prima che fosse padre, nasce in un secondo momento. A tal proposito, un particolare episodio è fondamentale: quando la madre, scavando nei ricordi, un giorno che si era decisa a pulire la sua camera, trova le carte di un processo del padre. La figlia subito se ne disinteressa ma verrà un momento, molto tempo dopo, in cui la casualità la porterà a esplorare queste carte, e la domanda alla quale inizialmente non sa dare risposta, chi sono? troverà seguito grazie alla risposta a un’altra domanda, chi è stato mio padre?. Perché il padre era conosciuto nell’ambiente di Prima linea? Cos’ha fatto di così grave da dover subire un lungo e macchinoso processo? E l’idea di scriverne un romanzo viene ancora dopo. In fondo, non siamo sempre noi a trovare la storia giusta da raccontare, molte volte è vero il contrario.

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Marta Barone

Nella migliore tradizione del romanzo a storia famigliare italiano, Marta Barone scavando nelle proprie origini riesuma i reperti che compongono la storia italiana di quegli anni, in particolare a Torino. L’autrice segue un percorso che è anche di formazione, alla scoperta dell’identità paterna e della propria. Particolarmente calzante – e in perfetta sintonia con l’immagine di copertina – è un brano a poco più di un terzo del libro, dove le due vite a confronto, quella del padre e quella della figlia, o forse suo padre e L.B., l’uomo che la figlia non ha mai potuto conoscere, vengono paragonate a una vita visibile da un lato, e a una vita sotterranea, sommersa, dall’altro.

Era come se ci fosse una vita sotterranea che scorreva in parallelo a quella visibile: l’attesa del prossimo incontro con qualcuno che mi avrebbe raccontato un altro frammento di L.B.; la ricerca lenta e paziente di nomi, volti e circostanze nei documentari, nei libri, nelle fotografie, negli archivi dei giornali; (…) sembrava che, nonostante fossero passati decenni, nonostante non l’avessero più visto che di sfuggita per strada, anche solo l’idea di trascorrere qualche ora a rievocarlo – e insieme a rievocare quello che loro stessi erano stati tanto tempo prima – li colmasse di un calore che ogni volta mi sorprendeva e riempiva, di riflesso, di dolcezza struggente per loro, e per il loro fantasma.

E a ben vedere c’è molto di più che la storia di una famiglia, o perlomeno di una sua parte, e la Storia, quella della Torino degli anni Settanta e del gruppo al quale L.B. aveva aderito. Ci sono tante storie di tante persone che a volte si sono incrociate solo per pochi mesi, giorni, istanti. Ma tutte queste vite, tutte queste persone, tutte queste storie, in varia misura, hanno assorbito l’impronta di L.B., un uomo complesso, un giovane prima che un padre.

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Torino durante gli Anni di Piombo era un campo di battaglia

A volte, leggendo il romanzo – navigando per quei lunghi e rassicuranti fiumi che sono dei lunghi, e a volte un po’ barocchi, periodi – ci si scorda che i personaggi e gli avvenimenti che scuotono la Torino tra le pagine sono persone ed eventi reali. Quando poi ci si ri-impossessa di questa consapevolezza non si può fare a meno di sobbalzare sulla sedia e scrutare dalla finestra la Torino di oggi – nel mio caso i palazzi grigi della periferia che ricambiano la mia occhiata inerti.

Città sommersa permette di rievocare e ricordare una pagina dolorosa della nostra storia e, forse anche di più, di rimettere a fuoco l’immagine che abbiamo di una persona, una che magari abbiamo amato molto ma che non abbiamo fatto in tempo a conoscere per bene, o ancora, l’immagine che abbiamo di noi stessi.

-Davide

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