#ReadChristie2019: Gli elefanti hanno buona memoria

Novembre è finito e prima di addentrarci nello spirito natalizio torna il rito mensile, arrivato per quest’anno al penultimo appuntamento, della #ReadChristie2019, la reading challenge a tema Agatha Christie che ci ha accompagnato da gennaio ogni mese facendoci leggere o rileggere alcuni titoli della scrittrice di gialli più famosa al mondo.

Se per la scorsa tappa abbiamo letto L’ultima seduta spiritica (la tappa richiedeva di leggere una storia ambientata in una casa di campagna), raccolta di racconti che al suo interno contiene un inedito tradotto dal sottoscritto, per il mese di novembre il compito che dovevamo portare a termine era quello di leggere uno scritto tardivo di Agatha Christie.

La scelta, per quanto mi riguarda, è ricaduta sull’ultimo romanzo scritto da Agatha Christie con protagonista Poirot. Non si tratta però di Sipario, pubblicato nel 1975 ma scritto durante la seconda guerra mondiale e nascosto in un caveau, bensì di Gli elefanti hanno buona memoria (Elephants can remember) pubblicato nel 1972.

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La sovraccoperta inglese della prima edizione di Gli elefanti hanno buona memoria

Spesso considerato uno dei romanzi minori di Agatha Christie, Gli elefanti hanno buona memoria percorre gli stilemi classici che ormai abbiamo imparato ad amare (e ad aspettarci) quando prendiamo in mano un romanzo con protagonista il detective belga.

Si aprono le danze con Ariadne Oliver che, intenta a presenziare un pranzo letterario, viene fermata da Mrs. Burton-Cox. Questa signora ha un figlio di nome Desmond, che sta per sposarsi con Celia Ravenscroft, la figlioccia di Ariadne Oliver.

L’incontro ruota intorno a una domanda non proprio semplice (e nemmeno tanto delicata, se dobbiamo dirlo). Celia Ravenscroft era la figlia di Margaret Ravenscroft, amica d’infanzia di Ariadne, e del Generale Alistair Ravenscroft. Dieci anni prima, i due sono stati coinvolti in un presunto omicidio suicidio che aveva creato molto scompiglio. Ma qual è la domanda alla quale Mrs. Burton-Cox vuole trovare risposta?

Lei vuole sapere se è stato prima il marito a uccidere la moglie o viceversa.

Come noi, anche Ariadne Oliver all’inizio rimane interdetta da questa richiesta. Poi però si lascia prendere dalla curiosità, inizia a pensare al caso sempre con più frequenza, per poi coinvolgere il suo amico fidato, l’uomo dal baffo più famoso del mondo: Monsieur Hercule Poirot.

I due si imbarcheranno quindi in un’indagine che li porterà a spolverare i ricordi delle persone che, dieci anni or sono hanno avuto a che fare con il caso Ravenscroft. Un vero delitto in retrospettiva che riporta alla mente Addio, Miss Marple (anche qui si tratta dell’ultima avventura della cara vecchina) e Il ritratto di Elsa Greer.

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Prima edizione italiana Mondadori (1973)

Questo elemento psicologico, che spinge Ariadne Oliver e Hercule Poirot a interrogare alcuni personaggi ormai anziani e dalla memoria incerta (persone che il duo etichetta come “elefanti”), regala al lettore atmosfere rassicuranti, ma mai realmente serene, tipiche del giallo inglese definito cozy o humdrum (monotono, sottotono).

Gli elefanti hanno buona memoria, a parte qualche trovata che coinvolge una parrucca e l’istinto di un cane, può sembrare un giallo non particolarmente originale, ma ci sono alcuni elementi che vale la pena ricordare .

Il testo è ricco di ripetizioni, sia di parole singole sia di intere frasi riproposte, o addirittura di problemi di continuità. A un certo punto veniamo a conoscenza di una notevole differenza d’età tra il generale e la signora Ravenscroft, quando poco oltre viene svelato che il generale si era innamorato della sorella gemella quando era un giovanotto.

Altri romanzi scritti da Agatha Christie che possono essere considerati tardivi e uno studio del 2009 propongono una soluzione a questa contraddizione.

Degli studiosi dell’University of Toronto hanno analizzato l’intera opera della Christie scritta tra i 28 e gli 82 anni. I risultati delle analisi hanno evidenziato una repentina diminuzione del vocabolario utilizzato dalla scrittrice (dal 15 al 30%), insieme alla forte presenza di frasi o parole ripetute e anche di termini come “qualcosa”, “cosa” e “nulla”, che nei suoi ultimi lavori sembrano essere frequentemente usati.

Con questi dati alla mano, il dott. Ian Lancashire, del dipartimento di Inglese, e il dott. Graeme Hirst, informatico, hanno potuto riconoscere in Agatha Christie sintomi riconducibili al morbo di Alzheimer.

Secondo il loro studio ne Gli elefanti hanno buona memoria questi disturbi sono particolarmente evidenti. La varietà di vocaboli utilizzati dalla scrittrice, prendendo come esempio il romanzo Destinazione ignota, scritto a 62 annui, è diminuita del 30%, insieme alla già citata presenza di frasi ripetute e di parole come quelle citate in precedenza.

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Agatha Christie è stata presidente del Detection Club, un circolo letterario che organizzava pranzi come quello a cui partecipa Ariadne Oliver nel romanzo.

Leggendo l’autobiografia di Agatha Christie, in cui la scrittrice non fa mai riferimento alla malattia, ci rendiamo conto di come, sia più facile ricordare eventi di un lontano passato o che hanno avuto un forte impatto nella nostra vita. Sappiamo anche che ad Agatha Christie non è mai stata diagnosticata alcuna forma di Alzheimer, ma forse i suoi romanzi sono in grado di raccontarci qualcosa in più del suo stato di salute.

Sarà forse un caso che proprio questo romanzo veda al suo epicentro la memoria, il ricordo? D’altronde in inglese il proverbio da cui tra il nome l’opera è “Elephants never forget” (Gli elefanti non dimenticano mai) e cambiarlo in “Elephants can remember” (Gli elefanti possono ricordare) sembra un approccio difensivo da parte dell’autrice, la quale potrebbe addirittura aver bisogno dell’aiuto di Hercule Poirot per risolvere il suo problema.

Se volessimo continuare con questa teoria potremmo anche ricordare che Ariadne Oliver non è nient’altro che l’alter ego letterario di Agatha Christie. O meglio, la versione spigliata della scrittrice inglese che grazie a questa incarnazione si è tolta tanti sfizi, tra i quali prendere in giro alcuni suoi colleghi, i suoi lettori e a volte anche se stessa. In questo caso, la connessione tra le due è ancora più forte: entrambe sono scrittrici ed entrambe avvezze a presenziare a pranzi del genere (ricordiamo che la Christie fu presidente del Detection Club) e in questa indagine anche lei si trova in difficoltà, tra ricordi e memorie perduti.

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Tuttavia, potrebbe anche trattarsi semplicemente di un altro tranello architettato dalla sua mente geniale. Continuando la ricerca, viene fuori che in Un delitto avrà luogo, romanzo con protagonista Miss Marple, compare un certo Edmund Swettenham. Uno scrittore che ha scritto uno spettacolo teatrale dal titolo “Elephants do forget” (Gli elefanti dimenticano, eccome). Spettacolo che viene definito dallo stesso autore come una farsa in tre atti.

Qualunque sia il filo conduttore che lega questo pseudobiblium al romanzo e alla presunta malattia di cui avrebbe sofferto Agatha Christie, rimane sempre la certezza che in un modo o nell’altro, anche quando l’autore non ne ha contezza, è il testo a parlare. E se dopo 47 anni ancora ne discutiamo, ci sarà un perché.


Questa era per me l’ultima tappa della #ReadChristie2019 (come sapete, ci siamo alternati nella discussione delle tappe), ma per la vera, ultima lettura, quella di dicembre, bisogna leggere un romanzo o una storia dalla quale è stato tratto un adattamento televisivo/cinematografico. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta!

-Marco

 

 

 

 

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