Con il primo appuntamento di Aspettando il Salone possiamo finalmente dire di aver visto dal vivo (e di aver stretto la mano di) Jonathan Safran Foer. L’autore ha presentato il nuovo libro Possiamo salvare il mondo, prima di cena (nell’originale We are the Weather. Saving the Planet Begins at Breakfast), pubblicato in Italia dalla casa editrice Guanda nella traduzione di Irene Abigail Piccinini. A dialogare con Foer nell’Aula magna della Cavallerizza reale è stato lo scrittore italiano Paolo Giordano. La sala era gremita e purtroppo alcune persone non sono riuscite a entrare, ma il fatto che ci fosse tanta gente che un’aula grande come quella della Cavallerizza non poteva contenerla tutta dovrebbe rincuorarci, perché significa che c’è un’attenzione importante nei confronti di un argomento urgente come quello del cambiamento climatico.

Il libro affronta il problema, anche se già da un po’ di anni il termine problema è riduttivo e non pienamente comprensivo della questione, del cambiamento climatico e di cosa sia effettivamente possibile fare per mitigare le conseguenze dell’innalzamento delle temperature. L’aspetto più bello e rassicurante del libro sono le ultime pagine. Nell’era della disinformazione l’autore si è prima di tutto affidato ad articoli scientifici e li ha riportati nella bibliografia finale. Un aspetto che, forse complice il background scientifico, mi ha suscitato un immenso piacere.
Si è parlato tanto e si sono dette tante cose importanti. La prima è che nell’epoca della disinformazione è bene fare affidamento a fonti certe e scientifiche. Per comprendere il cambiamento climatico non possiamo fare affidamento a cosa dice il parrucchiere ed è fondamentale, prima di condividere qualsiasi notizia spinti da una traboccante emotività, controllare bene le proprie fonti e non cedere facilmente agli estremismi.

Contrastare gli effetti del cambiamento climatico è necessario e comporta delle modifiche importanti nel nostro stile di vita. Non si può passare da zero a cento, è un po’ questo il messaggio di fondo dell’autore. Per esempio, uno dei mezzi più inquinanti in assoluto è l’aereo. A rigor di logica sarebbe auspicabile azzerare completamente viaggi di questo tipo. Ma l’approccio più pragmatico è quello di prendere meno l’aereo, senza rinunciarci completamente. Gli estremismi fanno male sempre e in ogni campo ed è importante entrare nella disposizione mentale di fare il possibile.
Un approccio simile è quello legato al consumo della carne, che in termini alimentari, con lo sfruttamento intensivo di pascoli destinati all’allevamento, è una delle cause principali di distruzione di tante foreste. Il caso portato a esempio è ovviamente la foresta amazzonica. A partire da questo esempio è stata fatta anche un’altra considerazione fondamentale. Quando si fa appello all’emotività si concentrano in modo cieco, o almeno miope, la propria rabbia e la propria impotenza su un vessillo che diventa la causa di ogni male. Nel caso della foresta amazzonica questo vessillo è stato Bolsonaro. Ora, Bolsonaro ha sicuramente reso più lasse le norme giudiziarie che tutelavano la foresta e la proteggevano dal disboscamento selvaggio, tuttavia la foresta bruciava anche prima dell’arrivo di Bolsonaro e per un motivo principale, creare nuove terre destinabili all’allevamento intensivo.

Da qui l’importanza, prima di lasciarsi cogliere da estremismi emotivi, di porsi la domanda, ma io cosa posso fare? Una risposta possibile è si può diminuire il consumo di carne. Attenzione, non abbatterlo, perché l’alimento carne non è facilmente sostituibile a tutte le età e sarebbe un’imposizione invasiva, ma ridurlo. La proposta di Foer è limitare questo specifico alimento alla cena. Non consumare carne e latticini a colazione, né a pranzo. A cena scegliere liberamente. Una proposta piccola, modesta, una via di mezzo che moltiplicata per milioni di persone potrebbe effettivamente fare la differenza.
Foer si conferma uno scrittore potente, un narratore, anche della parola orale, avvincente e preciso. Un divulgatore, potremmo dire. Ecco perché leggere un libro di questo tipo oggi, anche se non si tratta di un romanzo, spinge alla riflessione e, cosa di vitale importanza, all’azione. Perché non è più il momento di post strappalacrime su Facebook o Instagram o di mostrarsi rammaricati e poi non fare nulla (e in tutti e due i casi è capitato a tutti, anche a noi). È tempo di agire.
-Davide