Il guardiano della collina dei ciliegi: intervista a Franco Faggiani

In quel del Salone del Libro di Torino, i momenti di riflessione sono stati tanti. L’ultimo di cui vi parliamo corrisponde anche all’ultima intervista fatta. L’autore con cui abbiamo chiacchierato è Franco Faggiani che, dopo La manutenzione dei sensi, è tornato a parlare di natura e uomo con Il guardiano della collina dei ciliegi, pubblicato anche in questo caso per la casa editrice Fazi. Così, al riparo, per quanto possibile, dal caos della fiera, ci siamo sistemati sui comodi divanetti dello stand dell’editore e abbiamo iniziato a parlare.

Il guardiano della collina dei ciliegi racconta una storia parzialmente vera. Shizo Kanakuri è un maratoneta, versato nella corsa di resistenza. Nel  1912 il Giappone, per il volere dell’Imperatore, desideroso di rafforzare i rapporti con l’Occidente, partecipa per la prima volta alle Olimpiadi, che si terranno a Stoccolma. Shizo viene scelto per partecipare alla maratona di resistenza e così, con la benedizione dell’Imperatore, parte per la sua missione e per rendere gloria alla nazione. Il giovane tuttavia, impiegherà molto più tempo del previsto per terminare il percorso (non anticipiamo troppo. anche se la storia la potete trovare in rete). Ed è a questo punto che la realtà viene sostituita dalla finzione narrativa. Shizo intraprende un lungo viaggio di espiazione che lo porta a cambiare nome e a stringere nuove relazioni in una piccola e sperduta città del Giappone. La storia di Shizo, è la storia di un percorso circolare che trova compimento soltanto molti anni dopo la débâcle olimpica.

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Il vero Shizo Kanakuri

La storia, racconta Faggiani, è nata per pura casualità.  Tempo fa una certa rivista gli ha chiesto di scrivere un articolo sulle maratone olimpiche. L’autore, sebbene non particolarmente interessato ha accettato l’incarico e ha iniziato a documentarsi alacremente, spulciando le classifiche disponibili. E poi… e poi ha trovato notizie sull’impresa di Shizo. Così è venuto spontaneo narrare una vicenda con cui era in piena sintonia. Se è mai stato in Giappone? No, nonostante le atmosfere ricordino da vicino la cultura giapponese, che chi è fruitore di manga e anime conoscerà forse anche meglio di chi ha letto autori molto spesso occidentalizzati. Uno degli aspetti centrali della cultura giapponese poi, è la sacralità della dimensione naturale, in parte influenzata dalla religione shintoista. E per un autore come Faggiani, sempre attento al mondo naturale, questa sacralità ha reso l’esperienza di scrivere del Giappone ancora più universale.

La natura, per Faggiani è «scultore che plasma la creta delle nostre vite,» è qualcosa che va vissuta dall’interno, dove «sei obbligato a saper fare, non sei solo più un turista, diventi un altro.»  La chiave di lettura è il fare tutto su misura, cosa che aiuta anche nella vita quotidiana.

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Oltre all’elemento naturale, nel romanzo, è evidentemente centrale la corsa. Anche questo sport è qualcosa di sacro per i giapponesi, perché in qualche modo ti avvicina alla divinità. Con occhi vispi l’autore ci racconta di cosa sono le gare ekiden. Staffette con un percorso tra i 15 e i 250 chilometri, dove il testimone è un tessuto particolare, di valore religioso. Si tratta di gare antiche riportate in vita da un gruppo di studenti universitari, gare che hanno lo stesso seguito del Superbowl in America.

La storia di Shizo viene raccontata nel libro con grande semplicità. È lo stesso autore a suggerire l’aggettivo. Uno stile in parte dovuto al lavoro che svolge, quello del giornalista. Il freelance è per necessità un minimalista. Faggiani, prima di scrivere, si immagina la storia in testa con precisione, costruisce la sceneggiatura e soltanto dopo «trasmigra il suo pensiero sulla carta.»  Da qui anche l’estrema variabilità in termini di tempo per riuscire a portare a compimento un’opera. Mediamente impiega tre mesi per arrivare a una prima stesura, che poi è quello che è successo per La manutenzione dei sensi. Ma il lavoro di ricerca e stesura ha richiesto un po’ più di tempo per Il guardiano della collina dei ciliegi, anche perché parallelamente ha lavorato su un’altra storia. «L’importante è saper gestire il proprio tempo.»

La scena che gli è più piaciuto di più scrivere? Sono due, una a che fare con un cane –non diremo di più- e l’altra con la bellissima descrizione di un lungo viaggio in Transiberiana –anche qui non riveliamo troppo- dove Shizo incontra un amico.

E a proposito di viaggi, il viaggio è proprio la terza componente fondamentale del romanzo. Così come «leggere un libro è fare un viaggio,» così Shizo attraversa l’Europa, per poi tornare in Giappone, alla ricerca di qualcosa che ha perso, forse la sua identità. Il viaggio è la parte del romanzo che si dilata tra una componente dinamica e una più statica, quando Shizo arriverà finalmente alla collina dei ciliegi, da dove, certo, non si muove fisicamente, ma che lo accompagnerà a un drastico cambiamento, un viaggio morale e psicologico dei più profondi.

Sulla scia di queste considerazioni leggere Il guardiano della collina dei ciliegi è fare un viaggio. Come dice anche Faggiani «è curioso far viaggiare le persone anche con la staticità.» Le parole si rivelano ancora una volta uno dei più potenti mezzi di comunicazione al mondo.

-Davide & Marco

3 pensieri su “Il guardiano della collina dei ciliegi: intervista a Franco Faggiani

  1. Pingback: Non esistono posti lontani: il nuovo libro di Franco Faggiani – – Radical Ging –

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