Intervista a Guillem López: Ventuno

Regalo quanto mai gradito di questa prima edizione (per noi, almeno) di Book Pride è stata la possibilità di incontrare e intervistare Guillem López, l’autore di Ventuno, ospitato nel bellissimo catalogo di Eris Edizioni.

La chiacchierata si è svolta nel cortiletto centrale della Fabbrica del Vapore, una boccata d’aria gradita specialmente dopo il bagno di folla e di calore della fiera. Così, riuniti a concilio insieme all’editore, Gabriele, e alla traduttrice del romanzo, Francesca Bianchi –che ha fatto da interprete– abbiamo parlato della storia, di quello che si nasconde dietro la superficie del romanzo, di traduzione e di futuri progetti editoriali.

Ventuno è un romanzo di formazione che sfugge scalpitante a qualsiasi altra etichetta che cerchi di tenerlo fermo. Il titolo è anche il nome del protagonista della storia e narratore delle vicende che si susseguono nel Pozzo. Come suggerisce il nome del luogo, la società a cui appartiene Ventuno abita le viscere della Terra ed è una comunità di derelitti, uomini che hanno come unico scopo quello di scavare ininterrottamente nuovi cunicoli, in nome di un dio meccanico che onorano mortificando la propria carne e modificando il proprio corpo. Il nucleo portante della società è la unafamiglia: i membri della unafamiglia svolgono il proprio dovere come chiunque altro e si mantengono integri solo fino al raggiungimento della maturità. Ventuno si trova proprio nel limbo tra l’età adolescenziale e l’età adulta, ma una cosa in mente l’ha ben chiara, non ha assolutamente intenzione di applicare al suo corpo innesti meccanici. Così, come una moderna Becky Sharp, senza però sfruttare il suo corpo, tenta una scalata sociale che gli consenta di raggiungere un certo livello di benessere, non importa chi dovrà calpestare o cosa dovrà fare per raggiungere i suoi obbiettivi.

Cover Ventuno_fronte.jpg

L’interesse principale è quello di «esplorare il topos dell’adolescente nel passaggio all’età adulta… l’epica del viaggio di Ventuno che deve scegliere se integrarsi nella società o meno.» Società che chi leggerà il libro scoprirà sin da subito gli sta stretta quasi quanto la  sua unafamiglia.

In realtà, nelle intenzioni originali dell’autore, il protagonista doveva essere il Pozzo, ma poi è emerso questo personaggio, Ventuno, un ragazzino spregiudicato che si può definire tutto fuorché una brava persona. Ma d’altronde, la domanda che viene spontanea subito dopo, come potrebbe mai crescere una persona in una società così cruda e violenta, dove solo chi è più astuto e spregiudicato, per l’appunto, riesce ad accaparrarsi quelle poche briciole disponibili?

Ci sarebbe da aggiungere poi, che la storia narrata in realtà non è esattamente quella di Ventuno. Il ragazzo è solo uno spettatore, e ne è un po’ anche il burattinaio, della diatriba che scoppia tra le falene, una banda di ragazzine che vive di illegalità e la banda di malviventi di Papa Piszkos. Dicevamo prima che Ventuno è come una moderna Becky Sharp solo che non usa il suo corpo per la scalata sociale. Ebbene, non è del tutto vero. Ventuno usa una parte specifica del suo corpo, la lingua, per intessere una rete di bugie e manipolare le persone che gli stanno intorno, inclusa la sorella Anca, che incidentalmente è anche membro delle falene.

Nel romanzo, tutti i nomi dei personaggi sono in qualche misura parlanti, rivelano una caratteristica fondamentale propria di quel personaggio. Nel caso di Ventuno, sono due le possibili spiegazioni che si è immaginato l’autore. La prima riguarda la numerosità dei membri della unafamiglia del ragazzo, in questo senso Ventuno sarebbe il ventunesimo membro di un nucleo famigliare evidentemente molto numeroso. L’altra spiegazione affonda le sue radici nella componente mistica. «Ventuno è l’ultimo arcano dei tarocchi, il mondo. Il mondo indica realizzazione ma anche qualcosa di irraggiungibile

Infatti la superficie è la rappresentazione fisica del desiderio di Ventuno, per rimanere anche nel tema del Book Pride. Ventuno sa però benissimo che la superficie non lo accetterà mai, come tutti gli emarginati, e un po’ come il protagonista nella canzone dei Radiohead Creep.

Parlare nel dettaglio di un romanzo di questo tipo è complesso anche perché López più che prendere spunto da altri romanzi attinge riferimenti visivi dal cinema e da altri media. La società descritta nel libro ricorda in qualche misura Mad Max: Fury Road, soprattutto per quanto riguarda il ruolo e l’importanza della meccanica nella vita di tutti i giorni. Ma c’è anche qualcosa di Hellraiser (il film e la serie di libri di Clive Barker), per quanto riguarda tutta la dimensione della mortificazione della carne. Ventuno è un romanzo sotterraneo, in completa opposizione alla storia dello stesso autore pubblicata precedentemente sempre per Eris, Challenger. La storia del Pozzo è una storia oscura, vivida perché i suoi abitanti si muovono prepotentemente sulla scena e agli occhi del lettore sembra più di assistere a un film che leggere un libro. Lo scrittore attinge anche a piene mani dall’universo queer che in realtà «è quello che sperimenta con il corpo dell’individuo come ultimo rifugio della libertà creativa.»

Una domanda che è diventata ormai di rito, agli autori che intervistiamo o con cui chiacchieriamo, riguarda il rapporto fra scrittore e traduttore. Tra Francesca e Guillem c’è una bella sintonia e una corrispondenza fra le parti è esistita ed esiste tuttora. Challenger, in quanto prima opera tradotta e vista la quantità di personaggi e voci richiedenti un mindset diverso è risultata una traduzione più complessa da affrontare. Anche se pure la neolingua di Ventuno non è stata cosa semplice da rendere. Tradurre è un mestiere spesso relegato a hobby, quando in realtà è di una complessità dalle dimensioni planetarie e vedere scrittori disponibili e aperti è sempre una bella immagine.

L’intervista si è conclusa sulle note di curiosità che hanno poco a che fare con Ventuno. Una domanda forse un po’ abusata, ma dalle risposte sempre interessanti, rivolta ad autori stranieri, è se c’è qualche scrittore italiano di riferimento o di particolare interesse. López ci ha fatto esaltare citando Calvino e Pavese ma ha fatto anche un altro nome (il cui cognome inizia per B e finisce per o) che non faremo per il vostro bene e della letteratura italiana tutta. Fra l’altro Challenger è stato in una certa misura influenzato da Le città invisibili, di Italo Calvino.

Considerata la nostra ansia sociale, non poteva essere un’intervista più piacevole e ricca di così. L’invito è quello di leggere Ventuno, che di letture così, di qualità, non ce ne sono tante. Con l’occasione vi invitiamo anche a sfogliare il catalogo di Eris, che, come ha fatto notare Michele Vaccari nella presentazione del romanzo lo stesso giorno, rimane uno dei cataloghi di narrativa italiana più validi in circolazione.

-Davide & Marco

3 pensieri su “Intervista a Guillem López: Ventuno

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