Di raccolte di racconti non ne parliamo mai abbastanza, quindi, è con grande soddisfazione che mi trovo a scrivere qualche parola su Persone care di Vera Giaconi, pubblicato qui in Italia nella traduzione di Giulia Zavagna dalla casa editrice Sur.
Vera Giaconi è una giovane autrice che arriva da Montevideo, città che ammetto di non aver mai sentito nominare nonostante sia la capitale dell’Uruguay. È editor e redattrice freelance per varie case editrici e con Persone care, che è la sua seconda raccolta di racconti, ha vinto nel 2015 il Premio Internacional de Narrativa Breve Ribera del Duero.
È un libro molto breve, che si legge nel giro di una serata, avvolti in una coperta e magari con qualche bibitone caldo in mano. I racconti che fanno da gemme alla corona che è questo volume sono tanti e piccoli. Il tema che congiunge come un filo rosso l’intera narrazione è senza dubbio la paura, che si tratti della paura di perdere una persona amata, non importa il tipo di rapporto, o di perdere se stessi nel tentativo di essere la migliore versione possibile del proprio io con i mezzi a disposizione o perché intrappolati nel turbine del dolore e del rancore non fa differenza.
I protagonisti delle storie qui custodite sono fratelli, sorelle, genitori, amanti e amici. Insomma, tutto lo spettro delle relazioni interpersonali possibile e immaginabile. Tutti questi personaggi sono uniti dalla terribile paura della perdita e spesso cadono nella facile trappola del risentimento e dell’odio. In fondo le persone care, le persone che più amiamo sono anche quelle in grado di generare in noi i sentimenti negativi più abietti e meschini.
A volte invece, come succede nello Stimatore, non è la paura di perdere qualcuno a dominarci, quanto più la paura di un legame indistruttibile che ci incatena a un’altra persona, magari con la quale non si ha molto a che spartire. Nelle parole, o meglio i pensieri, di Adrián questo messaggio è più chiaro. Guardando alla tv un programma di stimatori di eredità famigliari e oggetti che popolano le case delle persone e studiando l’orologio che la madre gli ha regalato ma che segretamente odia arriva alla seguente conclusione.
(…) quell’orrendo orologio che gli ricorda costantemente sua madre e il legame di sangue che li unirà per sempre. Non importa che lo usi solo quando la va a trovare, perché anche quando torna a casa e lo ripone in un doppiofondo della cassettiera l’orologio è come un allarme sempre acceso. Un oggetto caro ma ordinario, qualcosa che gli appartiene e di cui non riesce a sbarazzarsi, qualcosa che detesta e con cui non sa che fare.
Giaconi, con una scrittura pulita e lapidaria arriva subito al cuore delle relazioni umane. Ne I resti, è celato il significato della raccolta in tutta la sua potenza. Nel racconto la morte di Nora e l’affaccendarsi delle sorelle rimaste in vista del funerale offre lo spunto per indagare sui legami famigliari e su tutti quegli aspetti e quelle sfaccettature che emanano le ‘persone care’. Il nostro affetto, il nostro legame è dettato da due condizioni fondamentali, un sincero moto del cuore, oppure, nella maggior parte dei casi, rigide convenzioni sociali.
Al di là delle più amare riflessioni, il motivo per cui è realmente importante leggere questo libro è per riflettere sui nostri sentimenti reali e per affrontare l’annoso dilemma, così ben delineato nell’ultimo racconto della raccolta, Rincontro, cosa si è disposti a fare per le persone amate? In quali abissi si è disposti a scendere?
-Davide