#InViaggioConSUR: Cintura Nera di Eduardo Rabasa

È bello uscire dalla propria comfort-zone, in qualsiasi situazione. Soprattutto per quanto riguarda la lettura, visto che spesso più per pigrizia e paura di rimanere delusi che per altro si decide di seguire i propri gusti. Sono contento quindi, che abbiamo accettato la proposta di SUR edizioni e abbiamo letto Cintura nera di Eduardo Rabasa (tradotto da Giulia Zavagna), penna messicana e mio battesimo del fuoco per quanto riguarda la letteratura sud-americana (Allende, Marquez e i più famosi non contano, almeno così la penso).

Eduardo Rabasa è un personaggio eclettico: scrittore ed editore di una delle più prominenti case editrici indipendenti messicane, la Sexto Pisto, è anche traduttore di Somerset Maugham, Morris Berman e George Orwell, che è stato tema della sua tesi in Scienze Politiche, ed è giornalista sul Milenio. Per ultimo, ma non per importanza, è il vocalist dei Nobody Fucks with the Jesus.

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Eduardo Rabasa

Si capisce quindi che da un personaggio così non possono che uscire opere che prendono a piene mani da diverse esperienze, per comporre una sinfonia più o meno armoniosa, a seconda delle corde che vengono stimolate.

E sembra proprio che Rabasa, in Cintura nera, si diverta a mettere nel calderone elementi come la frustrazione dell’individuo verso il sistema e la propria vita, la smania di avere successo per trovare una posizione che renda significativi tutti gli sforzi compiuti nel cercare di raggiungerli. Ma ci sono anche le paranoie generate dall’insoddisfazione in ambito relazionale, amoroso o meno. E poi ci sono la gelosia cieca, gli abusi verso chi sembra più debole di noi e una velata voglia di stupire attraverso trovate più o meno scabrose, per destabilizzare il lettore.

Cintura nera racconta le avventure di Fernando Retencio, impiegato della Soluzioni, una grande azienda alla Megaditta maniera che si occupa, tramite call centre, di trovare soluzioni a qualsiasi tipo di problema, che sia ritrovare il proprio posto nel mondo, oppure il venire a patti col fatto di essere degli sporchi approfittatori mangia soldi.

L’unica cosa che sembra guidare la vita del povero Retencio (insieme a litri e litri di whisky e pillole che gli vengono somministrate dal Dottor Lao, criptico medico dell’azienda) è la conquista della Cintura Nera, ovvero il massimo grado al quale si può aspirare all’interno della Megaditta del Sig. Sorriso (il Megadirettore Galattico). Per conquistare la cintura nera, Retencio non deve far altro che arrivare in cima al grande tabellone che si trova nell’atrio dell’azienda. Per farlo, deve riuscire a essere il miglior risolutore, a trovare le soluzioni più azzeccate per i clienti più disparati. La concorrenza? Un esercito di dipendenti grigi, informi, tutti di nome Pérez.

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Dettaglio della copertina di Cintura nera edito SUR

Sotto gli occhi del Sig. Sorriso, che urla attraverso gli altoparlanti in una lingua comprensibile solo a Retencio (che se ne fa un gran vanto), si sviluppa un sistema che, al limite della distopia, è capace di inviare un coro di cheerleaders pronte a intonare la canzone del licenziamento al malcapitato di turno. Un sistema che tratta i poveri non come esseri umani, ma come un fenomeno da sfruttare per trarre profitto e una morale pulita.

È questo il compito della signora Cipiglio, proprietaria dell’Atelier della Povertà, una sorta di museo/spazio espositivo dove, a rotazione, mette a disposizione dello sguardo di dipendenti e ricchi una famiglia di poveri nel suo habitat naturale. Ad aiutarla è Karla, moglie di Retencio.

Un’esistenza normale, non fosse per le paranoie di Retencio verso sua moglie, una donna che sa di avere fascino e di essere in grado di conquistare qualsiasi uomo. È proprio questo che fa imbestialire ed eccitare Retencio, che spesso però scavalca il confine della gelosia per entrare nel campo della paranoia.

E poi c’è il povero Dromundo, il tuttofare di Soluzioni. Infestato dalle piaghe, è il capro espiatorio di Retencio, che si diverte e trova sfogo nell’umiliarlo per poi usarlo in qualsiasi modo per raggiungere i propri scopi. Dromundo dovrà sfidare un campione di boxe pacifista, travestirsi da suora per liberare una bambina dalle grinfie di una Madre Superiora che regna su un convento al limite della perversione e molto altro ancora.

Eduardo Rabasa crea un mondo dissacrante, grottesco e speculare al nostro. Retencio è un semplice Fantozzi, l’uomo qualunque che, sconfitto da se stesso e dalla società (che non è una semplice entità astratta, ma composta da altrettanti uomini qualcuno pronti a combattere con i denti per sopravvivere e godere dello status quo), cerca di raggiungere una meta che possa dare senso a tutte le schifezze immonde del quale si è macchiato lungo il tragitto: poco importa dei poveri, della speculazione, dei fondi monetari che finanziano il lavoro sporco e di centinaia di morti. L’importante è non distogliere gli occhi dalla Cintura Nera, dal traguardo.

Devo ammettere che, durante la lettura, più di una volta mi sono chiesto dove Rabasa e Retencio volessero andare a parare. Questi elementi grotteschi e caricaturali culminano in un finale decisamente azzeccato, giusta meta di un viaggio che ricorda un po’ le atmosfere del Condominio di Ballard, che insinua il dubbio alla Palahniuk, e che però non risulta per niente scontato.

Leggere Cintura nera è stata una bella sfida, da portare felicemente a compimento. Nonostante le suore, le mire intellettuali di Alejandro Alejandrez e tutto quel whisky e quei tranquillanti.

-Marco

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