Cercare di capire M¥SS KETA, la sua filosofia, il pensiero che c’è dietro quella maschera intrigante e quell’occhiale da sera, è come cercare di capire perché Baricco sia così famoso e considerato nel mondo editoriale italiano (e non solo). Proprio per evitare il problema, la M¥SS se ne esce con un libro edito Rizzoli Lizard che spazza via la concorrenza (GAME OVER Ale) e si impone come pietra di fondamento per una corrente letteraria che già viene vista di buon occhio nell’ambito accademico.
UNA DONNA CHE CONTA è la prima fatica editoriale di MYSS KETA, libro messo insieme da lei e dall’entourage di MOTEL FORLANINI, corredato dalle illustrazioni di Fabio Tonetto. Ma come siamo arrivati al libro che ha fatto scuotere le fondamenta dell’Accademia di Svezia che, intimorita da questo manuale del sapere, ha deciso di non sbilanciarsi e non consegnare il Nobel alla M¥SS per evitare fraintendimenti e incidenti diplomatici?

Questo ce lo spiega proprio lei, lo spettacolo di donna che dà il titolo al volume: gli esordi sono alla *******, nota azienda di salumi (di cui noi sappiamo il nome, riferitoci proprio dalla M¥SS durante la presentazione del suo volume, avvenuta a Torino lo scorso 9 dicembre) dove, negli anni Ottanta, lavorava. Tra campagne pubblicitarie che D’Annunzio si sarebbe sognato e impegni improrogabili, la M¥SS era pronta a sbocciare e stupire. L’occasione? La festa di Natale dei dipendenti, ci pare ovvio. Ogni Messia ha il suo Natale: c’è chi viene in una mangiatoia, chi in un abbraccio di prosciutto. Ed è così che nasce la M¥SS (forse).
Da lì, è un attimo. In quegli anni Milano era una passerella da percorrere a falcate ampie, il tempo era troppo poco, ma la voglia, come la bamba, era tanta. Qui nasce la donna di spettacolo, lo spettacolo di donna. Da lì vengono tutti gli elementi che la contraddistinguono: la voglia di strafare e vivere sotto il segno dell’eccesso all’italiana, vivere una vita sregolata, in CAPSLOCK. Ma cos’è M¥SS KETA? M¥SS è la voglia repressa, ES freudiano che si esprime nell’urlare al mondo che non ce ne frega nulla, siamo pronti a tutto, vogliamo tutto, senza se e senza ma. Non distrugge, ma crea distruzione per chi non ce la fa a stare al passo. Nelle parole di Darwin, evolviti o muori.

Se nei testi delle canzoni troviamo una stratificazione di linguaggi, significati e rimandi pop e culturali, allo stesso livello, se non ancora in maniera più profonda, li ritroviamo nel suo libro. Con uno stile semplice, e attraverso l’espediente della lunga confessione, ci ritroviamo a leggere un libro che finalmente dà una risposta all’annosa questione sul cosa c’è dopo il post modernismo: IL CAPSLOCK.
Proprio come Virginia Woolf, che con il suo Orlando e il suo Gita al faro ci fa viaggiare attraverso le epoche, i linguaggi, senza soluzione di continuità, sospesi in un mondo che si distacca dalla tradizione letteraria imponendosi come nuovo assioma, lo stesso fa M¥SS KETA. Sapientemente, riesce a raccontarsi come creatura senza tempo, una donna tormentata dall’infinito, che la compone e la circonda. Se Virginia ci racconta attraverso la famiglia Ramsey il disfacimento dell’Europa e del mondo all’inizio del Novecento, M¥SS KETA, con altrettanta grazia, riesce a darci uno spaccato dell’Italia. Il tutto, difendendosi soltanto con l’occhiale da sera e la maschera.

Questo denota una grande preparazione intellettuale: persone decisamente più esperte di noi si sono date all’analisi dei significati della maschera, ed è chiaro che M¥SS KETA e le menti dietro MOTEL FORLANINI, le abbiano studiate e fatte proprie. Uno su tutti Jean Starobinski, che nel suo Ritratto dell’artista da saltimbanco, fa un analisi approfondita della maschera. Prendendo a piene mani dal bacino culturale della storia dell’arte, del circo, del teatro e della letteratura, il pensiero Starobinskiano decifra ciò che è MYSS KETA: nuovo Arlecchino (di cui vi abbiamo parlato qui, è forse un caso che abbia origini diaboliche?), un donna che dei suoi mille colori fa sfoggio senza vergogna, e che incita i suoi adepti a fare lo stesso.
Non basta però la maschera per diventare M¥SS KETA, no. La maschera è solo un pretesto e, sinceramente, solo artisti mediocri hanno bisogno del mistero per far parlare di sè. M¥SS KETA non è la maschera, è una Ragazza di Porta Venezia. E per essere una vera Ragazza di Porta Venezia, bisogna fare propri questi cinque comandamenti:
INCARNARE TUTTI E SETTE I VIZI CAPITALI È DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE.
LA LEGALITÀ è UN CONCETTO TALMENTE BASSO E VOLGARE CHE NON DEVE INTERESSARTI
CONOSCI CHI TI CIRCONDA, MA SOPRATTUTTO I PIN DEI LORO BANCOMAT
NON AVERE PAURA DI CIÒ CHE SEI, FA’ IN MODO CHE SIANO GLI ALTRI AD AVERNE
CHI NON TI AMA NON TI MERITA, MA MERITA LA CLONAZIONE DELLA CARTA DI CREDITO
Il messaggio di M¥SS KETA è semplice, ma allo stesso tempo radicale e complesso: uno spogliarsi di tutte le gabbie che ci imprigionano, perché in gabbia non ci andremo mai. Scorrendo le pagine, tra un’illustrazione e una foto, scopriremo il percorso che dal manifesto di denuncia MILANO SUSHI & COCA ha scosso le fondamenta dell’assopita civiltà occidentale, un po’ come Joseph Conrad e il suo Cuore di Tenebra.
Non vi tediamo oltre, dovete in maniera categorica comprare, leggere e imparare a memoria UNA DONNA CHE CONTA, il libro di M¥SS KETA. Attraverso la lettura riuscirete a costruire, ma non a raggiungere, l’essenza della donna di spettacolo; d’altronde se non c’è riuscito Dalì, non ci riusciremo nemmeno noi.
PS: come è giusto che sia però, rimangono degli enigmi: come è andata veramente la storia con il Gabibbo? Dov’è la ricetta scritta dell’insalata russa? E perché non c’è traccia dell’intervista con Franca Leosini per Storie Maledette? Queste domande ci fanno ben sperare per un secondo volume, ancora più in CAPSLOCK.
-Marco
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