Che sorpresa, Signorina Buonasera!

Qualche mese fa, qui sul blog, abbiamo postato un mio piccolo racconto, che vi invito a leggere, con protagonista la Signorina Buonasera, voce di punta dell’EIAR negli anni ’30. Oggi vi propongo un piccolo sequel (o forse no), tutto ambientato ovviamente nella Torino dell’epoca. Per immergervi ancor di più nelle atmosfere voglio consigliarvi qualche “canzonetta” dell’epoca, che potete trovare qui, qui e qui. Buona lettura!


L’ultima volta che si erano visti era stato qualche giorno prima e, come al solito, si trattò di uno di quegli incontri fortuiti che si regalavano tra un turno in radio di lei, e la bottega di famiglia di lui. Bruna era, e sarebbe sempre rimasta, la Signorina Buonasera della radio, la donna che con la sua voce calda, dolce e briosa augurava una buona sera a tutti gli italiani, grandi e piccini.

Lui invece, Tazio, omaccione pelato ed un po’ goffo, era il tipico droghiere: grande pancione, grembiule bianco e sguardo bonario. Come ogni droghiere che si rispetti, aveva una bella famigliola. Sua moglie, Berenice, era più giovane di lui di pochi anni. Era mingherlina, ed aveva una chioma nera, come il carbone delle calze che preparava ogni anno per i suoi figli, ormai adolescenti.

Era quindi passato poco tempo dal loro ultimo incontro, però le festività natalizie erano alle porte e, prima del nuovo anno, non sarebbero più riusciti ad incontrarsi. Decisero quindi, scambiandosi bigliettini più o meno segreti, di incontrarsi quel venerdì nel luogo dove avrebbero attirato meno l’attenzione della gente.

Si diedero appuntamento nel Giardino Sambuy, in Piazza Carlo Felice. Tazio aveva scelto quel posto perché l’edificio imponente della stazione di Porta Nuova gli era sempre piaciuto, così massiccio e sicuro. Inoltre, il ciottolato, i sentieri tra il prato verde all’inglese, i giochi d’acqua e gli alti alberi, gli ricordavano di quel viaggio fatto da ragazzo in Inghilterra, dove giardini simili erano frequentati da lady inglesi e matrone aristocratiche. Qui a Torino, invece, di lady nemmeno l’ombra, ma di madamine impettite era pieno, tutte aspiranti “Signorine Grandi Firme”, come cantava Carlo Moreno in radio.

Dovevano incontrarsi sulla panchina vicina al monumento dedicato a Edmondo De Amicis, La Seminatrice. Spesso, i bambini, si divertivano a giocare saltando e rincorrendosi intorno al piedistallo con l’effige dello scrittore, mentre le loro madri, o le fantesche che si occupavano di loro, erano impegnate sulle panchine a far capannello, scambiandosi pettegolezzi e confessioni più o meno scottanti.

Tazio non era ancora arrivato, quando Bruna si sedette nel posto designato. Anche a lei quel giardino piaceva particolarmente. Era sempre stata attratta dai giochi d’acqua, che per lei non avevano perso il fascino che l’attirava sin da quando era bambina. Sarebbe potuta rimanere per ore a fissare l’acqua saltare con un getto su in alto, per poi ricadere come leggera nebbiolina gelida, che formava piccoli arcobaleni colorati. Inoltre, più e più volte, le era stato raccontato di quanto fosse bello l’orologio fiorito, ma mai in realtà si era soffermata a guardarlo, più che altro perché le sembrava un’attrazione un po’ volgare. Tazio era in ritardo di qualche minuto, lei non era preoccupata. Sapeva che lui sarebbe uscito dalla bottega per poi raggiungerla appena possibile.

Lì, seduta in silenzio, poteva godersi un momento di pace. Il lavoro in radio era frenetico, bisognava sempre stare attenti a cosa si diceva, a come lo si diceva e soprattutto a chi si diceva cosa, per evitare problemi. Non erano certamente anni stupendi ma, per quel poco che bastava, per lei erano perfetti, come quel pomeriggio al parco.

Nel guardarsi intorno aveva notato come la colonnina del grande termometro segnasse i 16 gradi, insoliti per quel periodo dell’anno
“Che strano eh! Non sembrerebbe nemmeno dicembre con questo sole” parlò una signora, che si era seduta vicino a lei “Ma non si faccia ingannare, bisogna sempre coprirsi bene” continuò. Bruna rispose con un semplice sorriso, qualche parola di cortesia e poi continuo a guardarsi intorno.
Il giardino sembrava cambiare al muoversi della luce. Dai giochi d’acqua, che facevano arcobaleni, si passava ai raggi del sole, filtrato tra i rami spogli, che proiettavano strane ombre sul terreno, dove i passanti passeggiavano e parlavano tra loro. Dal gazebo, installato dall’altro lato del parco, si innalzava una canzonetta in voga nell’ultimo periodo, un motivetto delle Lescano ovviamente. Voci gioiose, strumenti musicali più o meno accordati, e lo scrosciare dell’acqua, erano una distrazione abbastanza forte per Bruna, che si rese conto, soltanto quando iniziò a fare buio, che Tazio non si era presentato all’appuntamento.

“Magari avrò capito male” pensava tra sé mentre si stringeva nello scialle, la temperatura era calata. Decise quindi di prendere le sue cose e dirigersi verso casa ma, mentre si apprestava ad andarsene, la donna accanto a lei parlò ancora:
“Mi tolga una curiosità, ma lei lavora alla radio vero?”
“Si, vero.” Rispose stupita “Ma come l’ha capito?”
“Beh, mi ha detto due o tre parole, ma la sua voce è inconfondibile. Lei è la signorina Buonasera! Sa, la mia famiglia ed io la sentiamo sempre, quanto ci piace il suo saluto. Mio marito va pazzo di lei.”
“Mi fa piacere, grazie mille” rispose Bruna con un sorriso. Quella signora le stava simpatica.
“Sa, sono qui perché lei non è l’unica alla quale il mio Tazio va appresso. Oggi ho trovato un bigliettino nella buca delle lettere, e a quanto pare, lui e questa donna, si dovevano vedere proprio qui!”.

Bruna rimase impassibile, con un sorriso ormai tirato, mentre dentro di lei il mondo crollava. Sapeva che Tazio aveva una famiglia, ma occhio non vede e cuore non duole, non aveva mai pensato al male che avrebbe potuto infliggere. Il senso di colpa le aveva stretto la gola.

“Vorrei proprio sapere chi va appresso al mio Tazio, pelato e grosso com’è. È proprio vero, al cuor non si comanda. Capisco qualche scappatella, nessuno è perfetto, però almeno si abbia la decenza di nascondersi. E se questo biglietto l’avessero trovato i miei figli?”

Bruna non sapeva cosa dire o cosa fare, quindi si limitò a sussurrare delle parole che suonarono come un “mi dispiace” e un “cosa intende fare ora?”.

“Semplice, voglio soltanto parlare con questa donna e dirle che mio marito potrà anche vedersi con lei, ma ogni sera torna da me. Non c’è bisogno di scenate, siamo adulti, no?”
“Certo. C’è da apprezzare il suo sangue freddo” parlò Bruna, ormai attenta a cosa diceva “altre donne non si comporterebbero così”

“Eh, lo so, ma l’amore è amore. C’è chi la chiama sottomissione… rimane il fatto che alla fine quella non si è presentata”
Berenice si alzò, controllò di aver preso tutto e, sistematasi il cappello, salutò Bruna

“Mi ha fatto molto piacere conoscerla, immagino già la faccia di mio marito quando gli dirò di averla incontrata! Allora arrivederci, Signorina Buonasera”.

-Marco Amici

 

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