È finalmente iniziata quella stagione che tanto aspettiamo, quella che ci permette di immergerci in un mondo fatto di libri, autori ed eventi, tutti riuniti sotto uno stesso tetto per più giorni. A fare da apripista, per noi, è stato Tempo di Libri, la fiera del libro dai discutibili natali che, per questa seconda edizione, si è svolta a Fiera Milano City, nel quartiere Portello.
Il direttore di quest’anno è stato Andrea Kerbaker, che ha preso il posto di Chiara Valerio, la cui assenza non è stata giustificata, ma che è anzi stata criticata in un articolo intervista al direttore dell’edizione presente di TdL, scritta da Luigi Mascheroni, e pubblicata su Il Giornale. In essa si afferma che:
Un direttore – la scrittrice Chiara Valerio – intellettuale. E non c’è nessuno che possa fare più danno alla Cultura di un intellettuale. Quest’anno invece Tempo di Libri […] andrà benissimo. Perché si svolgerà a Milano (alla vecchia Fiera) e perché il nuovo direttore, Andrea Kerbaker, è un manager. Culturale, ma sempre manager.
Ora, siamo partiti scevri da pregiudizi, per quanto possibile considerate le premesse di questa intervista (che ha alzato un piccolo polverone tra gli intellettuali, o meglio le intellettuali definite da Mascheroni stesso “femmine permalose“) e il programma, assai povero di grandi nomi (non intendiamo famosi, ma, anche se non amiamo usare troppo questa parola, di qualità) e arricchito da una sfilza infinita di youtubers ed eventi legati al cibo, in pieno stile sagra della porchetta. Da quello che ci è parso di capire l’intenzione era quella di avvicinare i non lettori, e certo il cibo è un ottimo catalizzatore, chi non lo ama?, tuttavia il rischio è quello di avvicinarli non tanto alla lettura, quanto alla fiera in sé, giusto per fare cassa.
Grandi assenti erano le piccole e medie case editrici, quelle che più affascinano il lettore medio-forte e non solo, ma non riusciamo a biasimarle per la loro assenza. Anche noi, una volta visto il programma, eravamo tentati dal non andare. Gli eventi erano tantissimi ma, almeno nel nostro caso, di scarso interesse. Gli stand libreschi veri e propri erano pochi. Per fortuna c’era il Libraccio, oasi in mezzo al deserto, letteralmente, in cui i lettori si rifugiavano per dissetare i propri bisogni (e basta cercare online le foto della fiera per vedere come, in mezzo al vuoto del padiglione, l’unica isola felice fosse proprio lo stand più amato dagli italiani).

Perfino l’edizione di Chiara Valerio, con l’ostacolo della data e del tempo ridotto all’osso, era stata di gran lunga migliore per contenuti e organizzazione. Questa volta la coda era pressoché inesistente, fatta eccezione per le scuole, invitate evidentemente a frotte, nel tentativo di riempire gli spazi dei due piccoli padiglioni, e si respirava un’aria spenta e triste, con tutto che, sempre per i comunicati ufficiali, le presenze sono aumentate del 60% rispetto all’edizione dell’anno scorso (che furono 60.796). D’altronde però bisognerebbe calcolare che, in quei 97.240 biglietti staccati, 16.000 erano per le scuole, che hanno collaborato con vari progetti, mentre altri 2500 erano accrediti per giornalisti e blogger (d’altronde anche noi siamo entrati con il Blogger Pass). La matematica non sottostà a nessuna legge, lasciamo a voi i calcoli per capire come i numeri reali dei paganti siano diversi da quelli “percepiti” a una prima analisi (per chi invece non volesse perder tempo, il risultato totale è 78.740 presenze di paganti).
A chi dice che più fiere del libro ci sono meglio è, diciamo, anche no. Considerando l’immenso panorama di fiere, saloni, ed eventi legati al libro che ci sono in Italia, di una fotocopia smunta e triste di altre fiere se ne fa volentieri a meno. Prendiamo in prestito le parole del direttore creativo di Book Pride e diciamo che
“una manifestazione culturale deve desiderare di esprimere e condividere un disegno, un senso”.
Tempo di Libri questo disegno, questo senso non ce l’ha. Stavolta è un addio.
-Davide e Marco
Sulla presenza degli youtubers, ci avrei scommesso la casa…
Ormai non c’è evento letterario che non li coinvolga: tra un po’ vinceranno pure il Pulitzer…
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Ahimè, non lo escluderei. Non che li bandirei del tutto dalle fiere, una certa fetta di pubblico ne è comunque affascinata, però, nel caso di Tempo di Libri, mi è parsa una vittoria del commerciale su un mondo letterario molto più vasto e variegato.
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Hai espresso proprio quello che pensavo. Pensavo di essere stata l’unica a pensarla così. Anche per me è un addio!
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Ma infatti non capisco il coro di voci positive su questa fiera. Davvero incomprensibile.
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Io non ci sono stata (ero a Cartomics, sempre con uno stand di libri però) ma non sapevo di tutta la questione food. Penso invece che andrò a Book Pride, anche solo per ficcarci un po’ il naso.
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Book Pride dev’essere davvero interessante. Mi hanno detto che è anche un valido strumento per entrare in contatto con le case editrici indipendenti, piccole e medie!
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Sì, anche a me l’hanno detto e infatti questo aspetto mi interessa un sacco 🙂
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Sono sempre stato scettico circa questi eventi.
Stordiscono il pubblico generale con profumi e balocchi che poco hanno a vedere con i libri; al lettore appassionato non dicono molto, anche perché sono colonizzati dai soliti autori e dalle solite storie (Ferrante, Rattaro ecc.) che già conosce – e/o aborre.
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E pensa che, nel caso di Tempo di Libri, c’erano davvero pochi eventi legati al libro. Molti dei quali molto commerciali.
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