Lo scorso 25 gennaio si è celebrata una data importante, la nascita di una delle più grandi scrittrici moderniste in assoluto, Virginia Woolf. Adeline Virginia Stephen nacque nel 1882, a Londra. Sin da bambina, in una casa rumorosa, con fratelli e sorelle da riempire una villa, trova terreno fertile per la sua mente e la sua curiosità. Infatti, suo padre, Sir Leslie Stephen, era un uomo di grande levatura intellettuale, ed era in possesso di una libreria invidiabile alla quale Virginia ebbe modo di attingere abbondantemente. All’inizio, la fanciulla chiedeva al padre i libri che voleva leggere, e questi tirava fuori la chiave della libreria e glieli forniva, ma arrivò presto il momento in cui l’uomo non riuscì più a stare dietro al ritmo di lettura serrato della figlia e le diede direttamente la chiave.

Virginia in parte leggeva proprio per impressionarlo, ma principalmente era avida di conoscenza e voleva colmare quel vuoto di istruzione che sentiva di possedere in quanto donna e quindi impossibilitata, per divieto familiare dovuto al costume dell’epoca, a intraprendere gli studi al college. Insieme alla sorella Vanessa, alla quale era profondamente legata, aveva espresso una dichiarazione di intenti, quella di vivere solo della sua arte, la narrazione, che già aveva esercitato in ambiente domestico, inventando storie per i suoi fratelli e le sue sorelle.

Virginia Woolf la conosciamo soprattutto per ciò che ha scritto, i suoi romanzi, i suoi saggi, ma è interessante ricordare come sia stata anche nella posizione che tradizionalmente è agli opposti di quella di scrittore, l’editore.
Dopo essersi addentrata attivamente nella vita intellettuale londinese con quello che viene chiamato “Bloomsbury Group”, gruppo di artisti del quale faceva parte anche la sorella Vanessa, Virginia scrive e nutre le proprie passioni letterarie. Proprio all’interno di questo circolo di personaggi illustri conoscerà suo marito, Leonard Woolf, anch’egli scrittore affermato.
E proprio con quest’ultimo fonderà la Hogarth Press, casa editrice che ospitò molti dei più grandi scrittori moderni (e che, ho scoperto, ha spento cento candeline giusto l’anno scorso). Perciò, nell’aprile del 1917, la coppia decise di aprire la propria impresa editoriale, con sede a Hogarth House, Richmond, con due obiettivi fondamentali in testa. Da un lato aiutare Virginia a gestire quel senso di profonda ansia e disperazione che l’attanagliava ogni qualvolta aspettava notizie di un suo manoscritto da parte di un editore, e dall’altro dare spazio alle voci del gruppo di Bloomsbury e degli amici letterati. Così acquistarono un torchio tipografico, realizzando uno dei propositi formulati il giorno del trentatreesimo compleanno della scrittrice (insieme all’acquisto di Hogarth House e di un bulldog di nome John), e iniziarono la loro impresa.

La nascita di questa attività portò un altro indiscusso vantaggio, rendere Virginia indipendente dalla figura del fratellastro, Gerald Duckworth, che aveva fondato già nel 1898 una sua casa editrice, con sede a Covent Garden (e non dimentichiamoci che a detta della sorellastra non sapeva distinguere un libro da un alveare).
La prima opera pubblicata dai coniugi è stata Two Stories, un volumetto che raccoglieva una storia di Virginia, una storia di Leonard e le illustrazioni di Dora Carrington, il tutto impreziosito da carta giapponese fatta a mano, nota con il nome di washi. La Woolf stampò e rilegò ben 134 copie.
Dopo questo inizio promettente la casa editrice ospitò molti altri scrittori allora sconosciuti ma oggi ben noti. Non fu sempre compito facile. Ad avvalorare il luogo comune che sia sempre rischioso mescolare amore e amicizie con il lavoro restano alcuni aneddoti. Il secondo libro pubblicato, Prelude di Katherine Mansfield, mise a rischio l’amicizia delle due donne. E ancora, nel 1934, la pubblicazione di The Dark Island, segnò il definitivo allontanamento di Virginia dalla sua amante, Vita Sackville-West, che pare avesse insistito per un pagamento più sostanzioso per il suo romanzo appena uscito dalla stampa.
La casa editrice pubblicò molte altre opere di molti altri scrittori, T.S. Eliot, Clive Bell, C. Day Lewis, Robert Graves, E.M. Forster, Christopher Isherwood, John Maynard Keynes, e, ovviamente dei Woolf stessi. Virginia si trovò anche nella tanto odiata posizione di dover rifiutare numerosi manoscritti. Un caso celebre è il rifiuto dell’Ulisse di Joyce, che la Woolf ebbe modo di definire “prolisso, torbido, pretenzioso e plebeo”.
Altro posto speciale alla Hogarth Press ebbero le traduzioni. Quasi tutte le opere straniere erano in prima traduzione inglese. Tra di essi figurano autori come Dostoevsky, I.A. Bunin e Rainer Maria Rilke. E poi, nel 1924, la casa editrice portò per la prima volta in Inghilterra la teoria della psicanalisi e gli scritti di Sigmund Freud.
Intorno al 1933 Virginia Woolf iniziò però a stancarsi del lavoro di editore, e sottoposta a continui stress e ansia, abbandonò definitivamente la sua direzione nel 1938. Leonard continuò a pubblicare libri fino al 1946 contribuendo alla creazione di un catalogo di 527 volumi.
La Hogarth Press oggi vive attraverso il colosso dell’editoria Penguin Random House, che ne custodisce il catalogo, romanzi della Woolf compresi. Se volete ripassare alcune delle date fondamentali della storia di questa casa editrice esiste un articolo che ne evidenzia i momenti salienti, lo potete trovare qui.
Insomma, Virginia Woolf non fu soltanto un’eccezionale scrittrice, una persona che ha ispirato il movimento femminista dell’epoca, una donna dalla vita intensa e turbolenta, ma anche una editrice. A testimonianza di quanto le etichette siano obsolete, se applicate una persona. A maggior ragione se questa persona è Virginia.
-Davide
L’ha ribloggato su Alessandria today.
"Mi piace"Piace a 1 persona