Quest’anno ricorre il duecentesimo anniversario dalla pubblicazione di uno dei romanzi gotici più letti di sempre, Frankestein. Per la precisione, l’opera venne pubblicata per la prima volta il 1 gennaio 1818 dalla piccola casa editrice londinese Lackington, Hughes, Harding, Mavor, & Jone. L’autrice che si cela dietro questo romanzo non è altri che Mary Shelley, figlia di due personaggi illustri della società inglese dell’epoca, William Godwin, filosofo e politico autore del saggio Inchiesta sulla giustizia politica, e Mary Wollstonecraft, celebre per il suo libro Rivendicazione dei diritti della donna.
La madre, in seguito alle complicazioni conseguenti il parto morì il 10 settembre 1797. Così Mary si trovò a passare gran parte della sua infanzia in aperta rivalità per l’affetto paterno con la seconda moglie dell’uomo, Mary Jane Clairmont. Questa rivalità raggiunse il proprio apice quando la matrigna decise di mandare la figliastra in Scozia (1812), ufficialmente per problemi di salute. Ed è proprio in Scozia che la ragazza inizia a coltivare seriamente la passione per la scrittura, e, tra l’altro, la Scozia sarà anche lo scenario del primo incontro con Percy Bysshe Shelley, accompagnato dalla moglie Harriet Westbrook.
Da qui nacque una relazione scandalosa fra il poeta romantico inglese e la giovane fanciulla, soprattutto perché i due decisero di fuggire dalle rispettive famiglie e vivere insieme. Tornando a Frankestein, della storia della sua creazione ci sono più versioni. Alla fine la cosa migliore è non ascoltare i critici e fidarsi di quella narrata dalla stessa Mary Shelley nella prefazione all’edizione del 1831. Il 3 maggio 1816, alcuni mesi dopo la nascita del secondo figlio (la prima figlia era morta pochi giorni dopo il parto), la giovane famiglia, con la sorellastra di Mary, Claire Clairmont, al seguito, partì per Ginevra per incontrare l’amico George Gordon, meglio conosciuto con il nome di Lord Byron. Quest’ultimo aveva affittato, insieme all’amico John Polidori, Villa Diodati, dove il gruppo di amici si riunì per trascorrere l’estate. Verso la metà di giugno, la discussione letteraria virò verso le storie di paura e Byron propose che ciascuno ne inventasse una, in una sorta di competizione privata. Fu proprio quella notte tempestosa che videro la luce due racconti di genere molto importanti, Il Vampiro di Polidori, che per molto tempo venne attribuito erroneamente a Byron (quando in realtà il vampiro di cui Polidori parla è una caricatura dello stesso poeta), e Frankestein.
Al rientro dalla vacanza a Ginevra i due amanti scoprirono che la moglie di Shelley si era suicidata così, alcune settimane dopo, i due decisero di sposarsi. Mary, ora legittimamente Shelley, passò il 1817 a stendere una versione estesa del racconto da lei inventato che, dopo una serie di rifiuti da alcune case editrici con cui era in contatto il marito, venne finalmente pubblicato il 1 gennaio del 1818.
Dopo questa soddisfazione personale e dopo aver conquistato il successo del pubblico la vita di Mary Shelley venne costellata da un’altra lunga serie di disgrazie e disavventure. Oltre al secondogenito William ebbe altri due figli ma, di tutti e tre, sopravvisse solo l’ultimo, Percy Florence Shelley. Nel 1822 poi, il marito morì annegato e, dopo aver curato alcune opere postume del poeta, il padre di questi proibì categoricamente alla scrittrice di pubblicarne altre, in un divieto che durò fino al 1839. Successivamente la donna subì anche due tentati ricatti, uno da parte di un sedicente politico italiano in esilio che conobbe a Parigi, un certo Ferdinando Gatteschi, e l’altro da un presunto figlio di Lord Byron.
Mary Shelley si dedicò anche ad altre opere, biografiche e storiche, e continuò a curare gli scritti del defunto marito. Ma il libro che ne ha sancito la fama è stato proprio quel Frankestein, o il moderno Prometeo (come da sottotitolo originale), che abbiamo imparato a conoscere letterariamente parlando e anche cinematograficamente, in una davvero nutrita schiera di versioni che molto spesso hanno poco a che fare con il romanzo vero e proprio. Soltanto lo scorso anno è uscito Mary Shelley, con Elle Fanning e Douglas Booth, diretto da Haifaa Al-Mansour, film che ha il suo focus sul rapporto tra la scrittrice e il poeta da un lato e dall’altro sulla fatidica notte che vide la nascita del celebre volume. Un film interessante e ricco di spunti biografici, anche se a volte poco approfonditi, che propone una versione affascinante e onirica della competizione notturna a Villa Diodati.
Sono sicuro che di Frankestein, del suo mostro, e di cosa sia realmente mostruoso se ne parlerà almeno per altri duecento anni. E per altri duecento anni rimarranno sempre temi attualissimi.
-Davide
L’ha ribloggato su Il nido del Gheppio.
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