Lovecraft è uno di quegli scrittori che è in grado di inquietare come pochi altri al mondo. Molti lettori ne sono affascinati per il sistema di valori alquanto singolare, ma il solitario di Providence non è soltanto questo, è un vero e proprio maestro del terrore. A differenza di alcuni suoi predecessori, uno fra i tanti Edgar Allan Poe, che Lovecraft ha sempre ammirato profondamente, non mira alla costruzione di un terrore psicologico.
Spesso la critica sostiene che i personaggi dei suoi racconti siano piatti, ma non è nell’intenzione di Lovecraft dare a essi un profilo psicologico ben definito. Il terrore che vuole e che riesce a generare non ha nulla di mentale, la minaccia che incombe sull’umanità, soprattutto nei racconti del ciclo di Cthulhu, è reale, concreta e ineluttabile. E questo obiettivo lo raggiunge tramite l’uso di un linguaggio estremamente curato, preciso, minuzioso, e che spesso attinge a linguaggi settoriali, in primis quello scientifico (per fare un esempio, tra tanti, basti pensare al racconto Il colore venuto dallo spazio, pubblicato nel 1927). Lovecraft ha sempre amato molto la scienza, un elemento che pare quasi in contraddizione con la sua filosofia di vita, ritenendo egli che il modernismo e la tecnologia non facciano altro che deumanizzare l’individuo.
Proprio per questo sostiene la necessità di rifugiarsi nella tradizione, una tradizione che si traduce sotto forma di mitologia, creando un pantheon davvero unico. Cthulhu, Azathoth, Dagon, Nyarlathotep, sono solo alcune delle divinità che, chi ha letto i racconti del ciclo di Cthulhu, ha imparato a conoscere e temere. Sono i Grandi Anziani, Quelli di Prima, creature che esistono da molto più tempo dell’uomo. E lo scrittore di Providence non specifica mai quali sono i poteri di ciascuna di esse, si sa soltanto che sono dotate di grande potenza. Tuttavia esistono alcune caratteristiche che le legano, come un filo rosso.
La mitologia lovecraftiana ricorda da vicino quella di molti altri cicli a noi noti, sia di matrice religiosa che puramente letteraria, ma le divinità con cui entriamo in contatto sono nettamente diverse da quelle alle quali siamo abituati. Innanzitutto non esiste una vera e propria suddivisione tra divinità ctonie e uraniche. Le divinità lovecraftiane presentano elementi appartenenti a entrambe queste dimensioni. Basti pensare che Cthulhu porta avanti il suo sonno nelle profondità della Terra, in un’antica città sommersa dalle acque del mare, ma, allo stesso tempo, benché sia legato alla terra intesa come elemento, proviene dallo spazio. E così è per tutti gli altri appartenenti al pantheon. Sono creature mostruose, antiche, potenti e nate in un’altra dimensione. Sempre che il concetto di nascita si possa applicare a entità di questo tipo. Diretta conseguenza è il fatto che non ci sia traccia di antropocentrismo o geocentrismo, il nostro pianeta è un puntino nell’universo, e non ci appartiene.
Altra distinzione tipica delle mitologie classiche è quella tra divinità benigne e maligne. Nel pantheon lovecraftiano tutte le divinità sono malvagie, il loro unico scopo è quello di impadronirsi nuovamente del pianeta e cancellare la razza umana. Capite che il concetto di bontà non ha spazio in una narrazione di questo genere. Non a caso l’autore riteneva che il bene, il male, la moralità in generale non fossero altro che pure finzioni vittoriane.
Sono divinità dal grande potere, la cui venuta, che riecheggia un po’ la venuta biblica del regno, è inevitabile, non c’è possibilità di sottrarvisi. Anche gli espedienti che i personaggi dei racconti del ciclo di Cthulhu escogitano per ostacolare i piani degli Antichi servono soltanto a rimandare qualcosa che accadrà sicuramente. D’altronde sono creature perfettamente eterne, non perché incorruttibili, bensì perché sono già costituite di una materia così corrotta che non è pensabile un’ulteriore degenerazione. Una materia incomprensibile per la mente umana.
E il concetto di incomprensibilità è un altro di quegli elementi che ritorna costantemente. Anzitutto, i protagonisti di questi racconti sono quasi sempre intellettuali o studiosi, persone dalla mente aperta e dalla grande immaginazione, ed è proprio l’immaginazione un elemento fondamentale per arrivare a concepire anche solo lontanamente quello che si cela dietro l’orrore. È lo stesso autore che ne La maschera di Innsmouth, ma anche ne Il richiamo di Cthulhu, rivela che l’immaginazione consente di avvicinarsi alla verità, al terrore materiale che è tanto capace di generare nei suoi lettori. Ma, oltre all’immaginazione, un altro elemento chiave sono i sensi. Alcuni sono coinvolti più di altri. Quando i personaggi dei racconti si trovano vicini al male, c’è sempre qualche segnale che dovrebbe fungere da campanello d’allarme. Il primo fra tutti è l’olfatto. In prossimità dell’orrore, l’odore che permea l’atmosfera è quello di un’orrenda puzza di decomposizione, un fetore che sa di pesce marcio. Solo in un secondo momento vengono coinvolti gli altri sensi.
La vista è l’ultimo a entrare in gioco, ma spesso è fuorviante, non ci si può fidare. Le architetture dell’incubo, quelle che i i seguaci dei Grandi Anziani innalzano in loro adorazione sono maestose e stupende, ma celano il male più profondo. Inoltre, la geometria di questi templi è qualcosa che sfugge alla mente umana, tant’é che Lovecraft parla esplicitamente di geometria “sbagliata”. In sostanza, i sensi non sono altro che l’anticamera dell’orrore al quale assisteremo.
Tutti questi particolari, questi dettagli sono minuziosamente descritti nei racconti e contribuiscono a creare e a mantenere l’atmosfera materiale della paura. Quando si apre un libro di Lovecraft gli incubi dello scrittore si animano e iniziano a tormentare anche chi legge.
-Davide
Bibliografia:
- H.P. Lovecraft, Il Necronomicon, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, Milano 2017;
- H.P. Lovecraft, L’orrendo richiamo, a cura di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, Einaudi, Torino 1994;
- M. Houellebecq, H.P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita, postfazione di Stephen King, Bompiani, 2005;
- Rivista “Antarès. Prospettive antimoderne”, H.P. Lovecraft. Filosofia, creature, misteri e sogni del demiurgo di Providence, n. 00/2011, dir. resp. Gianfranco de Turris, dir. edit. Andrea Scarabelli, Bietti, Milano 2011
Bell’articolo e blog splendido! 🙂
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Grazie infinite, sono contento che ti piaccia. 😊
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Stephen King è stato notevolmente influenzato da Lovercraft come da sua stessa ammissione. Io ho letto una raccolta di racconti dei suoi primi anni, devo dire che non mi hanno entusiasmato, ma forse non era ancora quello scrittore maturo che tutti hanno imparato ad ammirare. Magari vedrò di colmare questa lacuna
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Sono affascinato sia dalla scrittura di King che da quella di Lovecraft, anche se stilisticamente sono molto diverse. Prova con qualche scritto maturo, non te ne pentirai. E se invece dovesse essere così, be’, i gusti sono gusti. 🙂
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ti farò sapere
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Un ottimo articolo all’interno di un blog ricco di ottimi articoli. Complimenti!
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Grazie mille per i complimenti! Sono contento che ti sia piaciuto così tanto. 🙂
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Bell’articolo, da profondo conoscitore. Amo Lovectaft. Grazie.
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Grazie a te! Sono contento ti sia piaciuto. 😊
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Mai letto Lovecraft, forse per qualchd pregiudizio, non so. Sembra che la sua narrativa sconfini anche nella fantascienza. ..è così?
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È davvero difficile incasellare un autore del genere. Qualche elemento di fantascienza qua e là c’è, ma parlerei più di letteratura fantastica nel suo caso. 🙂
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L’ha ribloggato su Alessandria today.
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