Patrick McGrath e La guardarobiera

Ieri sera ha avuto luogo, nella splendida cornice del Circolo dei Lettori, il nono appuntamento dei Giorni Selvaggi. Abbiamo incontrato l’autore Patrick McGrath, scrittore inglese che sicuramente avrete conosciuto chi per Grottesco, chi per Il morbo di Haggard, chi per Follia, tutti editi in Italia da Adelphi. In realtà ha scritto molti altri romanzi, il più recente, quello che è venuto a presentare a Torino, è La guardarobiera, pubblicato da La Nave di Teseo. A dialogare con lui è stato Martino Gozzi, direttore didattico della Scuola Holden, moderatore attento e rispettoso dello scrittore.

La guardarobiera racconta di un amore ossessivo. A Londra, nel gennaio del 1947, il mondo teatrale viene sconvolto dalla morte dell’attore Charlie Grice, che lascia la moglie, Joan, guardarobiera del teatro, nel più completo dolore. Le cose cambiano quando, assistendo alla messa in scena dello spettacolo che fu del marito, a Joan pare di intravedere lo spirito dell’uomo negli occhi del suo sostituto. Così inizia l’avvicinamento al giovane attore, che sfocia piuttosto rapidamente in un’intimità fisica che la porta addirittura a donargli i vestiti del marito. Un’attrazione frenetica obnubilata dai fantasmi del passato.

La protagonista della storia, Joan, come in molti altri romanzi di McGrath, è prima di tutto una donna. Così lo scrittore rivela la sua curiosità nell’esplorare i personaggi femminili, in un mondo letterario costellato da protagonisti maschili gli interessa esplorare quelle figure che per ottenere quello che hanno le loro controparti debbono lavorare di più e in modo più zelante. Riguardo al nome rivela che probabilmente si è trattato di un tributo inconsapevole alla scrittrice Joan Didion, tant’è che ne ha riletto il capolavoro L’anno del pensiero magico per riuscire ad avvicinarsi il più possibile al personaggio di Joan.

Ma non è Joan a raccontarci la sua storia, né tantomeno un altro dei protagonisti del suo libro. Il narratore, un narratore inaffidabile, è un imprecisato noi corale femminile, forse un gruppo di anziane signore che facevano parte del coro del teatro, uno di quei gruppetti votati al pettegolezzo e alle battutine ironiche. Sono loro a parlarci della guardarobiera, un’eroina simile, per certi versi, alla protagonista de La duchessa di Amalfi, la tragedia di John Webster che vede la donna sacrificarsi per l’amore di un uomo.  Una tragedia che trova una ricca eco nella letteratura inglese, tra i tanti autori che l’hanno inserita nelle loro opere ricordiamo Agatha Christie che la fa rappresentare, e non a caso, nell’ultima avventura di Miss Marple, Addio Miss Marple. Ma La duchessa di Amalfi non è l’unica opera teatrale ad essere rappresentata nel romanzo. All’inizio del libro viene messa in scena La dodicesima notte di Shakespeare. La scelta di porre all’inizio de La guardarobiera una commedia e al termine una tragedia è ponderata e voluta, e si rivela un’inversione di tendenza rispetto ad altri scrittori nelle cui opere la nota tragica iniziale si smorza in una situazione comica.

Nella mente dell’autore l’idea di scrivere un romanzo sul mondo del teatro aleggiava già da un po’. Benché la moglie, Maria Atken, fosse un po’ restia a condividere con lui i segreti del mondo teatrale, gli ha dato un giudizio finale sulla veridicità di quello che McGrath ha dipinto nel libro. Quando si dice che finzione e realtà collimano.

Ma durante la serata non si è parlato soltanto della sua nuova opera. Si è parlato di scrittura, intesa come lavoro tecnico, più che emotivo, che è un po’ l’opinione che ci aveva dato già Andrew Sean Greer, in un altro appuntamento dei Giorni Selvaggi. E si è parlato di fascinazione per i disturbi psichiatrici e di come questa sia stata in qualche modo alimentata dal padre che, ricordiamo, lavorava come psichiatra nel manicomio criminale di Broadmoor, nei cui pressi lo scrittore ha passato gran parte della sua infanzia.

Alla domanda quale fosse il suo romanzo preferito McGrath ha risposto senza esitare La guardarobiera. I personaggi del libro lo perseguitano ancora e soltanto il tempo allontanerà questa sensazione.

-Davide

 

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