I quattro della Cinquina

Salendo le scale di Palazzo Graneri della Roccia, elegante sede del Circolo dei Lettori di Torino, si rimane abbacinati dalla bellezza dello stabile. Ancora di più se si è in trepidante attesa per l’incontro con cinque dei più discussi scrittori italiani, la cinquina finalista del Premio Strega. Nella fattispecie, per chi non dovesse conoscerli, sono: Paolo Cognetti con le sue Otto montagne, edito da Einaudi, Teresa Ciabatti con La più amata, edito da Mondadori, Wanda Marasco con La compagnia delle anime finte, edito da Neri Pozza, Matteo Nucci con È giusto obbedire alla notte, edito da Ponte alle Grazie e infine Alberto Rollo con Un’educazione milanese, edito da Manni Editori.

Abbiamo atteso l’arrivo dei cinque nella Sala Grande del Circolo, autentico gioiello di architettura barocca. Appena gli scrittori hanno fatto il loro ingresso siamo stati accolti da una sorpresa, più d’una in realtà. Gli autori erano in quattro, ne mancava uno. A quanto pare Rollo non era potuto venire. Al suo posto era presente il cane di Cognetti, che non avevo idea portasse con sé a questo tipo di eventi, un adorabile batuffolo di peli che si è comodamente steso sul palco, al fianco del suo padrone. A moderare l’incontro erano Massimo Vincenzi, vicedirettore La Stampa, e Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci.

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L’incontro è iniziato con una breve introduzione dei finalisti, parlando del loro impegno in un road tour iniziato già un po’ di giorni fa che, probabilmente, non permetterà loro di riabbracciare le proprie famiglie prima della metà di luglio. Premessa all’evento è stata l’intenzione di non discutere ulteriormente delle loro creature, i libri candidati, ma di concentrarsi su quella che è l’esperienza dello Strega che, a prescindere dalle critiche che gli si possono muovere, rimane ancora uno dei premi letterari italiani più influenti e importanti.

A rispondere alla domanda se il premio emozionasse ancora è stata Wanda Maraschi. È rimasta emozionata della candidatura, certo, perché nasce da una grande tradizione e parteciparvi vuol dire entrare a far parte di questa tradizione. Ha continuato, in quanto outsider orgogliosa, elogiando il tentativo, da parte del comitato, di introdurre e coinvolgere piccole realtà editoriali come la sua casa editrice. Com’è noto il Premio Strega, dalla sua nascita, è stato vinto da scrittori provenienti da grandi case editrici, Mondadori, Einaudi e Rizzoli. Finora non c’è stato spazio per nessun altro. Teresa Ciabatti ha aggiunto che è stata anche un’incredibile esperienza umana, soprattutto per lei che non esce di casa (sue testuali parole), e che spera (e lo dice con un sorriso scherzoso) che quest’anno vincano due donne, in ex aequo. L’atmosfera della serata sembra distesa ma tra gli autori pare scorrere un po’ di tensione, probabilmente un misto di disagio e rivalità.

Un’idea della scrittura che è emersa dall’incontro è quella di un mestiere con il quale difficilmente si vive, e qui mi viene facile fare il parallelismo con la traduzione. Certe professioni, purtroppo spesso denigrate, vengono viste più come hobby e diventa perciò necessario ingegnarsi e rendere la propria figura professionale più trasversale. La Maraschi sostiene che la donna, in quanto deve muoversi tra più ruoli, quello di madre fra tutti, non può dedicarsi interamente alla scrittura e ne consegue un minore impatto sulla letteratura. Tuttavia questo è vero per qualunque scrittore, a prescindere dal suo sesso, che per poter sopravvivere deve, a volte, dividere il suo tempo tra più professioni e impegni di varia natura.

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Sullo stato di salute della letteratura italiana arrivano rassicurazioni. Secondo la Ciabatti esistono molti scrittori eccellenti, non resta che scoprirli. Cognetti stesso dice che, nonostante abbia trascurato gli scrittori italiani durante la sua adolescenza, nutre un grande debito nei loro confronti perché la sua avventura in montagna ha preso spunto principalmente da questi stessi autori.

Quando gli viene chiesto chi, secondo loro, vincerà il premio quest’anno c’è un attimo di (comprensibile) ritrosia a rispondere. Rompe gli indugi la Maraschi che dice scherzosamente che il vincitore sembrerà Cognetti ma in realtà sarà lei nella veste di vincitrice morale. Lo scrittore rilancia che sarà Nucci a guadagnare il primo posto (lanciandogli una frecciatina sul caso Toyota, di cui devo dire non si è parlato) mentre Nucci (con eleganza) evita di rispondere alla domanda (e alla provocazione).

I finalisti ci danno anche qualche consiglio su cosa leggere sotto l’ombrellone. Nucci propone il Simposio di Platone, autore che viene considerato esclusivamente sotto il profilo di filosofo ma che è anche un grande scrittore. Cognetti suggerisce il grande assente della serata, Un’educazione milanese, principalmente perché lui stesso è legato alla città di Milano di quegli anni, pur non avendola vissuta direttamente. Per controbilanciare questi classici la Maraschi suggerisce La montagna incantata di Thomas Mann mentre la Ciabatti rilancia con l’opera omnia di Joyce Carol Oates.

Quando Vincenzi decide di chiudere la chiacchierata sui volti degli scrittori traspare un’espressione di sollievo. Cognetti come ha detto, probabilmente la mattina successiva tornerà a casa sua, tra i monti, e si farà una passeggiata a tremila metri d’altezza. Con il pensiero a questa folle dichiarazione ci siamo alzati e abbiamo lasciato il Circolo. Gli autori si sono fermati ancora qualche istante a fare un po’ di foto e (forse) qualche firmacopia, ma, ahimè, non ho ancora avuto modo di leggere i loro libri. È un compito che svolgerò più avanti, quando sarò colto da ispirazione celeste e soprattutto quando lo sentirò più come un piacere che come un dovere.

-Davide

 

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