Memoria e ricordo sono valori che sarebbe bene coltivare continuamente. Se è vero che non bisogna vivere nel passato, è altrettanto sacrosanto imparare dal passato e portarlo sempre con sé, e le storie aiutano in questo importante compito. Il ruolo delle storie nella nostra società è anche argomento centrale di Nome non ha, un lungo racconto firmato da Loredana Lipperini e accompagnato dalle evocative e visionarie illustrazioni di Elisa Seitzinger. Il volume è stato pubblicato da Hacca edizioni che, se non doveste conoscerla, è una piccola casa editrice marchigiana, e proprio a questi luoghi il libro è strettamente legato.
Loredana Lipperini è scrittrice e conduttrice radiofonica (Fahrenheit su Radio3). Si è sempre dedicata non solo alla narrazione del territorio ma anche del fantastico, in tutte le sue forme. Ne è testimone la produzione letteraria narrativa e saggistica, talvolta in coppia con Giovanni Arduino, traduttore di Stephen King. Magia nera, La notte si avvicina (Bompiani), Scrittrici della notte (il Saggiatore), Danza macabra (Bompiani), per citare alcuni tra i titoli più recenti di questa autrice. Elisa Seitzinger è l’artista del logo della XXXIII edizione del Salone del libro di Torino e proprio in questa città esercita la sua attività di illustratrice e professionista visiva.
Nome non ha è la loro ultima opera, impossibile da confinare negli spazi di un genere o di una semplice definizione. Possiamo dire che è la storia di tre ragazze – Camilla, Marta e Tony – che, partite insieme a bordo di una Panda con l’intenzione di andare a Venezia, si trovano bloccate per un guasto in un piccolo paesino poco dopo il confine delle Marche. Sperdute in un posto che sembra sospeso nel tempo, cercano refrigerio in una chiesa. Ed è lì, con gli occhi rivolti in su, verso l’immagine di alcune Sibille, che Viola, che a Serravalle di Chienti ha due case, le trova e si offre di aiutarle dando loro ospitalità.
Per avvicinarci alla vera natura di questo libro, forse potremmo dire che è un contenitore di storie. Tra le sue pagine troviamo la storia delle Sibille che hanno vissuto su questa Terra. Donne sapienti, sagge, che spesso sono state etichettate come streghe, perché una donna libera e indipendente ha sempre fatto paura. Le Sibille spesso sono state perseguitate, si è fatto di tutto per far dimenticare il loro nome ma, anche laddove i loro nemici sono riusciti nell’intento, non sono mai scomparse. Potranno avere perso il proprio nome ma non hanno mai smesso di esistere. Basta aguzzare un po’ lo sguardo e saper tendere l’orecchio, accettare l’immateriale.
Quel che conta delle Sibille è la voce. La voce delle donne è sempre stata temuta. Per questo si ha paura delle sirene, i cui canti erano considerati sventura per i maschi. Ed è femminile il coro di Persefone che accompagna il momento della morte.
Le Sibille sono delle vere e proprie profetesse, spesso inascoltate o incomprese, perché per poterle capire è richiesto lo sforzo di un cambiamento di prospettive, sforzo non sempre benaccetto. E poi, si sa, «Le donne sapienti fanno paura». Nella lunga serie di storie che gli amici di Viola, radunati a tavola insieme alle tre giovani, raccontano, emergono un’infinità di simboli e leggende, rianimate tutte non tanto dal luogo in sé o dalla compagnia di moderni cantori che le sta rievocando – sette, a sua volta simbolo mistico – ma dal ricordo, dalla memoria.
Ma le Sibille parlano
a dispetto del timore degli uomini,
e nonostante tutto attraversano i secoli
nei deserti nelle montagne e nelle grotte,
ballano nei boschi come le ninfe
e sono fatte di luce come le elfe.
L’importanza della memoria, il valore delle storie e dell’irreale, il tentativo di sottrarsi a un mondo che corre troppo. Nome non ha ci ricorda anche un’altra cosa. Di quanto sia fondamentale, in una società che procede spesso per polarizzazioni estreme, riscoprire il valore della complessità, dei territori di mezzo. Dietro alla versione di una storia, dietro a un fenomeno, un’esperienza, si cela sempre qualcosa di più. Sfumature difficili da cogliere a un occhio poco allenato. Ma anche per questo ci serve la guida delle Sibille. Perché vivono di sfumature e doppiezza, conoscono il mondo meglio di noi. «Nome non ha la Sibilla: non uno almeno. Sono creature doppie a seconda di come vengono narrate.»
-Davide