La ragazza dai capelli strani di David Foster Wallace: rilettura in audiolibro

Si dice che David Foster Wallace faccia capo alla letteratura postmodernista – e anche noi siamo caduti nella tentazione di dare questa definizione riduttiva – ma in realtà le sue storie, e in particolare i suoi racconti, oltrepassano qualsiasi confine registrabile dalla mente umana. Sono psichedeliche.

Il fatto che Emons consenta ai lettori odierni di riscoprire La ragazza dai capelli strani, una delle sue più celebri raccolte di racconti, la prima a essere stata pubblicata in Italia (minimum fax, 2003; traduzione di Martina Testa), è di valore inestimabile. Tanto più che ciascuno dei nove racconti della raccolta è stato adottato da una voce diversa. Paolo Cresta, Fabrizio Falco, Milena Mancini, Giorgio Marchesi, Vinicio Marchioni, Lucia Mascino, Lino Musella, Paolo Pierobon, Elena Radonicich, Tommaso Ragno.

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La scelta è particolarmente felice perché, benché i racconti siano vicini per tematiche e per immaginario, ciascuno di essi è un piccolo universo lisergico che si espande indipendentemente. Pertanto ben venga la decisione di rispecchiare la costellazione di racconti con un’altrettanta costellazione di lettori. Gli universi di cui parliamo si estendono dall’America degli anni Sessanta per arrivare a quella degli anni Ottanta, esplorando una pluralità di personaggi che si trovano a dover affrontare media invadenti, convenzioni sociali riduttive e le aspettative delle persone, per non parlare di quelle di un’intera nazione, perennemente in conflitto tra il tentativo di affermare la propria libertà personale e un presunto bene superiore che fa capo a un ordine che è tale soltanto in apparenza.

Per rendere onore a questa unicità diamo un’occhiata più da vicino al racconto che più di tutti racchiude l’anima di questa raccolta, e che dice qualcosa di importante anche del lettore.

Lyndon

Lyndon B. Johnson è stato il trentaseiesimo Presidente degli Stati Uniti d’America. In questo racconto Davide Foster Wallace restituisce una diapositiva ben precisa dell’uomo, e lo fa attraverso gli occhi del suo assistente, David Boyd, creatura di pura finzione, che conosce e accompagna Lyndon sin da quando era ancora senatore.

David diventa presto un amico fidato del Presidente. Anche in uno dei momenti più drammatici della storia, l’assassinio di Kennedy, Lyndon lo cerca con lo sguardo quando viene assediato da giornalisti e fotografi e uomini politici. E grazie a questo stretto legame scopriamo l’uomo dietro la carica. Un uomo rozzo ma con le idee chiare, cinico e pragmatico. Sua più grande nemica è la solitudine, sua più grande passione è la retorica.

Lyndon è forse il racconto della raccolta dove David Foster Wallace sperimenta meno in materia linguistica, nonostante sia ben evidente la capacità di manipolarla a proprio piacimento, e che presenta meno contenuti allegorici, forse proprio in virtù del fatto che il Presidente Lyndon Johnson è già di suo un essere retorico, una sorta di incarnazione del valore e del pragmatismo di un’intera nazione che, allo sbando, non sa come reinventarsi.

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Lyndon è anche la scusa per esplorare i rapporti umani, la famiglia e l’amore, per scandagliare il legame tra David e suo marito, tra un Presidente e il suo assistente più fidato. L’amore non è il punto centrale di questa analisi spietata che ha il suo apice nel salottino di Lady Byrd. L’amore può esistere solo in termini di distanza, quando due persone vivono e condividono esperienze a lungo e a stretto contatto il termine amore non è più sufficiente. Lì, nella vicinanza si nasconde un rapporto molto più complesso e più forte dell’amore, un rapporto tanto difficile da definire che perfino la lingua di David Foster Wallace non riesce a individuare con un’unica semplice parola.

Ecco perché Lyndon è il racconto più bello, perché come nel rapporto tra il Presidente e David, è qui che si sente di più l’autore, è qui che il legame fra lettore e scrittore si fa più stretto e lo trascende.

-Davide

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