La tappa del mese di agosto della #ReadChristie2019 prevedeva la lettura di un romanzo con protagonisti Tommy e Tuppence. Del dinamico duo ne avevamo già parlato con Avversario segreto, il primissimo romanzo, pubblicato nel 1922, che li vedeva all’opera. Sembrava quindi doveroso volgere lo sguardo all’ultima storia in cui compaiono, Le porte di Damasco. Per questa tappa abbiamo deciso di spingerci oltre la pagina stampata e abbiamo ascoltato l’audiolibro del volume in lingua originale su Storytel (Postern of fate). Il lettore? Hugh Fraser, attore britannico che ha interpretato il capitano Hastings nella serie televisiva Poirot (1989-2002) e scrittore di polizieschi.
Il romanzo è stato pubblicato nel 1973, ben cinquantuno anni dopo Avversario segreto, ed è anche l’ultima storia mai scritta da Agatha Christie, che soltanto tre anni dopo sarebbe morta. I due protagonisti, ormai settantenni, decidono di comprare una casa a Hollowquay, un tranquillo paesino della campagna inglese, per godersi il meritato riposo della maturità. Tuttavia, rimarranno presto coinvolti in una storia che ha profonde radici in un passato molto lontano e che coinvolge un messaggio segreto celato ne La freccia nera di Stevenson, un cavallo a dondolo di nome Mathilde, un carrozzino di nome Paloma (Truelove, nel testo originale), Oxford, Cambridge e una certa Mary Jordan.

All’interno del romanzo ci sono moltissime citazioni letterarie ma quella più importante di tutte è nascosta nel titolo. Questo riprende una poesia di James Elroy Flecker, citata più volte anche all’interno della storia.
Quattro porte ha Damasco
Mistero Solitudine Disinganno Paura
Non varcarle, o viandante. E mai cantando.
Non conosci il silenzio di quei luoghi
Dove gli uccelli sono tutti morti
Ma s’ode ancora un trillo?Da Le porte di Damasco
di James Elroy Flecker
E vengono citate molto spesso anche le altre avventure di Tommy e Tuppence – che ricordiamo essere custodite in altri tre romanzi e una raccolta di racconti – soprattutto Avversario segreto e Quinta colonna. Ma c’è un altro collegamento a un’altra opera della Christie, scritta soltanto pochi anni prima. Sto parlando di Passeggero per Francoforte, omaggiato dal ritorno di Mr. Robinson, una figura chiave e imponente (in tutti i sensi) nella narrazione.
Al di là degli elementi classici delle avventure di Tommy e Tuppence, qui a farla da padrona è una certa staticità, riflesso dell’età matura dei due personaggi – che è bene ricordarlo sono gli unici personaggi della Christie a invecchiare – e della stessa scrittrice. Esplorare la casa che hanno appena acquistato e vagliare i cimeli in essa custoditi sono la strada migliore per risolvere il mistero di Mary Jordan. Non ci sono pericoli apparenti o mirabolanti inseguimenti in auto. Anche per questo il romanzo ha un’atmosfera calda e famigliare, che viene particolarmente alla luce con la lettura di Hugh Fraser, dotato di una voce altrettanto calda e dell’inconfondibile accento britannico.

Abbiamo detto che i due si trasferiscono a Hollowquay. Hollowquay viene descritta come un paesino di pescatori che poi, con il cambiare dei tempi, si è visto diventare un qualsiasi paesino di villeggiatura della riviera inglese (English Riviera). Che è poi la sorte di molti paesini dell’epoca che ancora oggi vivono di turismo stagionale. In Hollowquay non è difficile vederci Torquay, fosse solo per l’assonanza dei due nomi, dove l’autrice nacque. Un luogo che le fu sempre caro, anche quando fu costretta ad abbandonare la casa d’infanzia, Ashfield.
Uno degli elementi a cui più siamo abituati quando leggiamo Tommy e Tuppence è la guerra. In questo caso sarebbe più corretto parlare al plurale. Le guerre, le due grandi guerre, le stesse che anche Agatha Christie aveva vissuto sulla sua pelle come infermiera volontaria, sono uno spettro del passato, un passato molto recente, ma pur sempre passato. Resta il fatto che anche in questo romanzo, come nell’intera serie di Tommy e Tuppence, la guerra fa capolino. Magari da un cespuglio di erba della pampa. D’altronde che storia di spionaggio sarebbe senza qualche riferimento bellico?

Dal punto di vista stilistico spiccano due elementi. Il primo è un abbondante uso di dialoghi. Si potrebbe dire che i personaggi vivono più tra le parole che tra le azioni. In questo senso è una storia molto diversa da quelle a cui siamo abituati con Tommy e Tuppence, classicamente molto dinamiche. L’altro elemento è una certa ripetitività. È difficile dire se in qualche modo possa aver influito l’età avanzata della scrittrice o se sia un tratto voluto. Fatto sta che, per un tipo di storia quale Le porte di Damasco, che vede protagonisti due personaggi maturi, la ripetitività è una caratteristica che aderisce bene alla storia.
Durante i lavori di ricerca, la coppia, sdoppiata nella classica narrazione parallela, viene in contatto con moltissimi personaggi. Alcuni di essi fanno parte dello scenario prettamente bucolico della campagna inglese, anziane zitelle che sanno di Miss Marple o giovani ragazze sgrammaticate e chiacchierone, altri sono personaggi maggiormente legati all’ambiente delle alte sfere e a quello militare e spionistico. Personaggi misteriosi che sembrano darti briciole di informazioni importantissime e che poi si rivelano quantomeno fuorvianti. I due mondi si mescolano come succede di rado negli altri romanzi della Christie, e Tommy e Tuppence, sebbene in pensione e ben lontani dai tempi dei Giovani Avventurieri, si trovano invischiati in una faccenda che appartiene al passato, a metà fra un senso di ritrosia a tornare a certi vecchi schemi e fra un senso di nuda e cristallina curiosità. Quella stessa curiosità che poi ha sempre fatto da motore per le loro avventure.

Quello che sorprende di più di questo volume non è tanto la storia in sé o l’idea dietro al mistero, ma l’universalità del messaggio che Le porte di Damasco celano. Il male, l’odio e la guerra aleggiano perennemente sulla vita di tutti, tutti i giorni, anche quando sembrano apparentemente sconfitti – basti pensare che all’epoca la Seconda guerra mondiale era solo più un doloroso ricordo – e si rinnovano costantemente. Un messaggio talmente universale che è squisitamente attuale ancora oggi.
-Davide