Challenger di Guillem López

Torniamo a parlare di una voce che abbiamo conosciuto da poco, Guillem López. Abbiamo avuto la fortuna di chiacchierare con lui durante la scorsa edizione di Book Pride (grazie ancora a Eris Edizioni e a Francesca Bianchi!). In quell’occasione abbiamo parlato di Ventuno, secondo romanzo dell’autore spagnolo, e di come fosse in qualche modo agli antipodi del suo primo scritto pubblicato sempre per i tipi di Eris, Challenger, tradotto anche questa volta da Francesca Bianchi.

Dopo averlo letto, possiamo dire con certezza che Challenger e Ventuno si posizionano ai due estremi di un’ipotetica linea temporale del López universo. Challenger però non è un semplice romanzo, no. López utilizza il frammento per raccontare una moltitudine di vicissitudini che hanno più o meno a che fare con l’evento del 28 gennaio 1986, l’incidente del Challenger, partito da Cape Canaveral ed esploso soltanto dopo 73 secondi dal decollo, il tutto mostrato e replicato in diretta su migliaia di televisori attraverso gli USA e il resto del mondo.

Succede anche nella vita, cose piccolissime, inspiegabili, a volte perfino magiche, che scatenano gli eventi più comuni e anche quelli eccezionali. Può sembrare assurdo, ma per ogni cosa esiste un punto di flesso, un luogo in cui l’equilibrio diventa caos e i risultati, le formule, la logica, vanno a farsi friggere; è come lo scarico dell’universo, un vortice che gira e trascina nel vuoto dell’incomprensione qualsiasi ipotesi, qualsiasi regola. Il luogo che ogni scienziato detesta.

73 sono i secondi tra il decollo e l’esplosione, 73 sono anche i frammenti/racconti che compongono Challenger. Potremmo dire in qualche modo che l’esplosione del Challenger sia stata l’evento catalizzatore, il Big Bang che ha dato il via alla narrazione. Non un semplice punto d’inizio ma anche fine ultimo, atto necessario per la maturazione. Spesso si tirano in ballo la Storia con la S maiuscola e le storie con la minuscola. In questo caso Guillem López però supera questa dicotomia e decide di giocare con la teoria degli universi paralleli, dei molti mondi alla Hugh Everett III, per raccontare cosa in realtà è l’umanità.

Das Vermaechtnis des Space Shuttles
L’esplosione del Challenger il 28 gennaio 1986 ha segnato un’era

Si tratta di un viaggio avanti e indietro, nel tempo e nello spazio. Il raggio d’azione è Miami, Florida, che diventa una piastra di laboratorio dove si muovono indistintamente, in perfetta armonia ed entropia, i personaggi protagonisti dei 73 universi possibili del 28 gennaio 1986. I limiti di questo tipo di narrazione? Non esistono.

Guillem López cita la fantascienza alla Philip K.Dick, le atmosfere lynchiane di Twin Peaks, le vicende da poliziotto buono e poliziotto cattivo dei racconti noir e pulp, ci mette in mezzo un realismo che ricorda le grandi narrazioni ottocentesche. Tutto questo per ribadire che la realtà si può raccontare anche attraverso la lente del fantastico. Così ci si trova a seguire i pensieri di un cane, di una statuetta raffigurante una rana vestita da Elvis, un insetto primordiale che ha molte affinità con l’orrore lovecraftiano, uno Zippo che è passato di mano in mano, maledetto da un’incisione che riflette lo spirito che trapassa in maniera trasversale tutte le vite raccontate da López: per aspera ad astra.

La paura è ciò che spinge gli uomini ad affrontare l’ignoto, a cercare emozioni forti, scoprire il proprio vero io e metterlo di fronte alla realtà. È per questo che va a caccia di mostri, perché sono sinceri, non si nascondono dietro nessuna maschera, non indossano nessuna uniforme. i mostri sono autentici, anche se non esistono.

Tuttavia, il libro è più di questo. Un professore attira le attenzioni delle colleghe e di alcune studentesse, un cacciatore di mostri si ritrova con una moglie fedifraga, un ragazzo deve fare i conti con la propria identità, una famiglia è divisa dalla scomparsa della figlia, e poi il libro vibra delle atmosfere magiche di Maman Caresse, uno strano segnale appare sui televisori degli Stati Uniti, una faccia uscita dall’inferno, o forse peggio.

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Guillem López, autore di Challenger e Ventuno

Guillem López non risparmia il lettore. Ogni frammento è un portale per una realtà alternativa, e proprio perché alternativa è altrettanto sincera. Miami micro e macro multiverso, che racconta la situazione dell’umanità in un piccolo ritaglio di tempo, dalle 5.45 della mattina fino al fatidico lancio delle 11.38. Guillem López lavora con il bisturi, e ci riesce con grande maestria.

Ogni cosa è finzione. Sono anni che lo ha capito. Dai tempi della scuola di recitazione. la gente non fa altro che mentire, da quando si alza dal letto a quando torna a dormire, mentono agli altri e a loro stessi. Mentono senza alcun rimorso, come se fosse una prassi quotidiana e si fossero ormai abituati. È così che le bugie diventano verità e distruggono la vita, ti fanno toccare il fondo di quella spirale di ipocrisia che dilaga sotto il sole dei Caraibi.

Il tema della speranza, della volontà che spinge l’uomo a volare verso l’ignoto è in Challenger declinato in molteplici sfaccettature. Il romanzo guarda al cielo azzurro della Florida con grande ottimismo, nonostante i disagi quotidiani, la fame, la vecchiaia, la fine delle relazioni, il dubbio, l’ignoto. L’ordinario diventa straordinario, e lo straordinario diventa parte integrante della routine, proprio come accade nella vita al di fuori del romanzo.

C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui le parole erano le sole in grado di inseguire la folle corsa dell’immaginazione. percepire la vita come un sogno travolgente, una visione febbrile che si dissolve mentre corriamo per raggiungerla. Dopo tutto le stelle sono cadaveri che nutrono le nostre ambizioni e lasciano dietro di sé l’epitaffio di una specie che, prima di tutto, voleva ritornare e ripartire nello stesso momento, entrare e uscire da un luogo senza nome. 

Challenger è un’opera larger than life, non bastano le parole scritte per comunicare la mole di sensazioni e pensieri che scaturiscono durante la lettura. Questo romanzo è un vero e proprio punto di svolta nel mondo della narrazione. Qualcosa di fresco e di cui avevamo bisogno.

-Marco

 

2 pensieri su “Challenger di Guillem López

  1. Mio Padre (Un dittico in distici)
    [Superga (4 maggio 1949)]
    Rosso-bianco-verde. Due fazzoletti.
    Uno sul collo di Calamandrei
    L’altro su quello di mio padre prigioniero.
    Hanno spaccato le lapidi dei loculi.
    Sono alla testa di tutti i cortei.
    Mio padre disse NO al cibo, agli scarponi,
    Alla divisa cucita su misura.
    Rimase negli stracci, nella fame,
    Nei pidocchi. Partì con altri a venticinque anni.
    Tornò. La giovinezza mai vissuta
    Per sempre alle sue spalle.
    […]
    Con Calamandrei
    Stasera mio padre senza farsi vedere
    Sarà forse a Marzabotto con i fratelli Cervi.
    O forse a Porta san Paolo
    O alle Ardeatine.
    Da anni esce dalla tomba.
    Si fa fiore tra i fiori mai secchi
    Sotto le croci di legno sui prati,
    Ai bordi dei fiumi, sulle montagne:
    «La libertà… Il meglio fiore…
    Ma vuole sempre acqua».
    […]
    Calamandrei e mio padre lo dicono sempre:
    «La libertà… E’ di tutti.
    Anche di quelli
    che la negarono a tutti.»
    […]
    Né al fronte né in prigionia.
    Né in guerra né in pace
    Nessuno mai lo aveva visto piangere.
    Fino al pomeriggio
    Del 4 maggio del 1949.
    Cielo di piombo. Superga.
    Tutti i suoi amici sapevano
    Della filastrocca di mio padre
    Ripetuta da solo per giorni
    nel muco e nei singhiozzi:
    Bacigalupo,
    Ballarin, Maroso,
    Grezar, Rigamonti, Castigliano,
    Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola
    […]
    Le scarpe battute sui legni del Filadelfia.
    Lo sguardo di Valentino.
    Il segno d’intesa con il capo stazione.
    La tromba di Oreste Bolmida.
    Le maniche della maglietta
    Tirate su da Mazzola. La carica.
    Il quarto d’ora dei granata.
    Non ce n’era più per nessuno.
    Ma il 4 maggio del 1949 a Superga
    Il grande Torino andò in trasferta altrove.
    Per sempre.
    Mio padre fino alla morte ha ripetuto
    Senza mai farsi sentire
    La sua filastrocca: «Bacigalupo-Ballarin-Maroso
    Grezar-Rigamonti-Castigliano-Menti-Loik
    Gabetto-Mazzola-Ossola…»
    […]
    In 31 perirono a Superga.
    Nessun superstite.
    Qualcuno di nascosto scrisse su una pietra:
    « Solo il fato li vinse»
    […]
    Rosso-bianco-verde. Il fazzoletto al collo di mio padre.
    Dopo le croci sui prati e sui monti al 25 aprile
    Mio padre a maggio sale anche a Superga.
    (gr)
    Grazie per l’ospitalità, preziosa, feconda.
    Gino Rago

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  2. Pingback: Eris Edizioni | Ragni di Marte di Guillem López – – Radical Ging –

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