Fede, speranza e anarchia. Queste sono le parole che compongono il sottotitolo di Un giorno verrà, nuovo romanzo di Giulia Caminito edito per Bompiani. E proprio su questi tre agenti, che potremmo definire provocatori, che si fonda il romanzo.
A partire da una storia famigliare, la propria, Giulia Caminito crea un universo di personaggi che, sullo sfondo dell’Italia tra fine ‘800 e inizio ‘900, racconta come il nostro paese fosse lungi dall’essere unito; non solo dal punto di vista nazionale, ma dal punto di vista delle persone che nella Storia con la S maiuscola hanno poca o nessuna voce. Il punto di vista dei vinti (anche se di questo termine troppo si abusa) che vedono la Storia passare davanti o tra le loro mani e non ne riescono a capire l’essenza, la forza. Quindi, partendo dalla storia di suo nonno, Nicola Ugolini, anarchico, Caminito delinea la famiglia Ceresa, che vive nella Marca, a Serra de’ Conti.
Da Nicola Ugolini nasce il personaggio di Giuseppe Ceresa, anarchico anch’egli. La sua storia si mischia a leggenda e verità. Giuseppe è un uomo insofferente a ogni tipo di autorità, che sia un’istituzione di potere o il matrimonio. Luigi, suo figlio, invece di seguire le orme paterne, si affida agli insegnamenti dello zio, che lo avvia all’attività di famiglia, il forno. E sarà proprio il forno a creare una spaccatura fra Giuseppe e il figlio. Quest’ultimo cerca in ogni modo di evitare lo sfacelo del precario status quo, per dare un futuro migliore (ma sarà poi così?) alla sua famiglia, trascinandosi sul percorso senza infamia e senza lode della professione di fornaio.
Come diceva Corrado: “E non finisce qui!“. Perché in realtà il lettore segue le vicende dei figli di Luigi e Violante. Antonio, il prediletto, è quello che avrà in eredità il forno. Adelaide è la figlia condannata a passare quel poco di vita che le rimane nel letto, malata e moribonda. E poi c’è Nella, ragazzina scapestrata, che come il nonno non vuole stare alle regole della società, forse più per gioco e provocazione che per innata volontà anarchica. La beffa è che sarà costretta a diventare suora di clausura nel convento di Serra, gestito dall’ Abbadessa Suor Clara, anche nota come la Moretta.
I due fratelli più piccoli, Lupo e Nicola sono lontani anni luce l’uno dall’altro. Se Lupo ha un carattere volitivo, si getta nel lavoro fisico, nel sacrificio, e desidera soverchiare l’ordine costituito per cercare un futuro migliore: è il ragazzo, e poi l’uomo, con le mani in pasta nella Storia. Nicola invece, per gli standard dell’epoca, si potrebbe dire un inetto. La vita sembra sfuggirgli tra le mani, lui non la vuole capire, non ne ha bisogno, non vuole sentirla. Se i ritmi degli altri mezzadri sono scanditi dalla fatica nei campi, dal calore del sole e dal sudore, la vita di Nicola è scandita dalla preoccupazione e dalla paura.

Queste mancanze di Nicola, questa apparente debolezza ergeranno Lupo a suo personale difensore, non solo per puro istinto fraterno, ma anche perché Lupo vede in lui un modo per riscattare se stesso, le sue idee. Spesso anche a discapito di Nicola stesso.
Parallela e allo stesso tempo fittamente aggrovigliata alla storia della famiglia Ceresa è quella di Suor Clara, chiamata Moretta a causa del colore della pelle. Trapiantata a forza in Italia dal Sudan, dopo esser stata vittima di soprusi ed esser diventata schiava, le viene data la possibilità di un futuro per mezzo dell’intercessione di un uomo di chiesa, che la consegna nelle mani delle monache di clausura del convento di Serra. Dapprima bambina scapestrata, che non riesce a stare ferma, che trova l’unico modo di esprimersi attraverso la musica, diventa poi una suora intransigente, fino ad arrivare al rango di Abbadessa.
Un giorno verrà è ricco di rivelazioni e colpi di scena che tengono il lettore incollato al libro. Vuoi per la prosa poetica e immaginifica, vuoi per le vicende personali della famiglia Ceresa, che si mischiano agli avvenimenti del convento e a quelli della Storia delle rivolte anarchiche, che dopo i fatti di Villa Rossa porteranno alla Settimana Rossa, il lettore non ha il tempo di fare un respiro di sollievo (in senso buono ndr).
È una storia che racconta di stenti, di nessuna possibilità di rivalsa, di predestinazione, di sofferenza e arrendevolezza. I suoi protagonisti tentano di affermare la propria identità, sia nei confronti del potere, sia nei confronti delle aspettative altrui.
L’anarchia non è limitata ai fatti di Villa Rossa, agli scioperi dei contadini, alla Settimana Rossa che ha investito Marche, Toscana ed Emilia Romagna, ma dilaga nel romanzo. C’è chi cerca di soverchiare lo Stato di Diritto per ottenere un futuro migliore, c’è chi vorrebbe rovesciare il potere divino, chi vorrebbe liberarsi dal gioco del proprio essere, e chi invece si arrende al ruolo che gli è stato dato, per vigliaccheria o per semplice inerzia.
Un giorno verrà non è un semplice romanzo storico o famigliare, ma è il racconto di come volenti o nolenti siamo tutti chiamati ad assumere il nostro ruolo nella Storia e nella storia. Di come la differenza tra le due a volte è solo nell’importanza che diamo loro.
-Marco&Davide