Ora dimmi di te: Andrea Camilleri e la lettera a Matilda

A volte si leggono libri dalla mole imponente, voluminosa, che hanno tanto da raccontare e ancora di più da mostrare, libri che è difficile abbandonare, e non solo per il tempo necessario a leggerli. Talvolta però capita che anche i volumi più piccini abbiano lo stesso immaginario e la stessa quantità di cose da dire di un tomo di mille pagine. È questo il caso di Ora dimmi di te, l’uscita più recente di Andrea Camilleri per Bompiani.

Non si tratta di un romanzo, non si tratta esattamente di un saggio ma è una lettera che il padre di Montalbano scrive alla pronipote Matilda. Una lettera per farle capire chi è lui davvero, per spiegarle i suoi anni e le sue esperienze, ben conscio che non avrà il tempo di discorrere con lei di queste cose quando sarà più grande. E così le parla e ci parla della giovinezza, gli anni sotto il fascismo, del secondo dopoguerra, del ’68 e della passione per il teatro, rivelando non solo fatti privati ma anche “pubblici”, la storia del nostro paese.

«Ma perché sento il bisogno impellente di scriverti?

Rispondo alla mia stessa domanda con una certa amarezza: perché ho piena coscienza, per raggiunti limiti di età, che mi sarà negato il piacere di vederti maturare di giorno in giorno, di ascoltare i tuoi primi ragionamenti, di seguire la crescita del tuo cervello. Insomma, mi sarà impossibile parlare e dialogare con te. Allora queste mie righe vogliono essere una povera sostituzione di quel dialogo che mai avverrà tra di noi. Perciò, prima di tutto, credo sia necessario che io ti dica qualcosa di me. Forse tua madre Alessandra te ne parlerà, ma preferisco essere io a dirti di me e dei miei tempi con parole mie, anche se, come mi auguro di tutto cuore, alcune di esse quali ad esempio nazismo, fascismo, razzismo, campi di sterminio, guerra, dittatura ti appariranno remote e inattuali.»

Camilleri non cerca di ritrarre l’immagine di un uomo senza colpe, cerca di rimanere il più possibile aderente alla realtà, di rivelare a Matilda chi fosse il suo bisnonno, luci e ombre. Così non nasconde che, come molti altri bambini e ragazzini all’epoca, ha aderito ciecamente al fascismo sulla scia dell’orgoglio paterno. Solo successivamente ha compreso che i suoi ideali combaciano di più con il comunismo e, negli ultimi anni, con un comunismo tutto suo, che poco ha a che fare con la sinistra odierna.

Due sono le grandi passioni della sua vita, una materiale, la scrittura di romanzi, racconti e poesie, e una incarnata da una persona, Rosetta, con la quale ha condiviso tutto. E anche quando parla della moglie non nasconde l’animo dell’uomo tormentato e dubbioso la notte prima del matrimonio. Conosciamo quindi l’uomo scrittore, il Camilleri che in tanti amiamo, e l’uomo che si cela dietro la penna, quello che consacra per molti anni la sua vita al teatro, che ha vissuto gli sconvolgimenti sociali e politici dell’Italia del secondo dopoguerra.

«Non c’era nessun vittimismo, in me come in tanti coetanei che passavano da un lavoro all’altro in attesa di imboccare la strada che speravano. Faulkner vendeva panini, Steinbeck faceva il portiere di notte: leggendo le biografie degli americani scoprivamo che avevano fatto gli strilloni e i venditori di hot dog, e questa non era stata per loro una diminutio culturale ma un arricchimento di esperienza.»

Per le tematiche trattate e per la lucidità dell’analisi che Camilleri fa dell’Italia si potrebbe quasi pensare a un testo di saggistica ma l’uso di una prosa semplice e la forma del testo, quella diretta, della lettera, rendono il volume un prezioso “assaggio” (che è poi anche il nome della collana Bompiani in cui è custodito) letterario, non solo un’importante trama di materia storica.

Ora dimmi di te è un lungo memo su faccende che troppo spesso si tende a dimenticare ed è altresì un piccolo compendio di spunti su come muoversi nel mondo. Una perfetta sintesi del cuore della lettera sarebbe, per dirla nelle parole di Orazio Costa, maestro di regia di un giovane Camilleri:

“Non condividere le idee di un altro non significa che esse siano poco intelligenti o poco motivate”.

-Davide

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