A Torino continuano i Giorni Selvaggi. In attesa del Salone, al Circolo dei Lettori, ieri sera ho incontrato Andrew Sean Greer, scrittore statunitense e autore di titoli come La storia di un matrimonio e Le confessioni di Max Tivoli, entrambi editi da Adelphi. Sean Greer è venuto nella città sabauda per presentare la sua nuova fatica, Less, portata in Italia da La nave di Teseo nella traduzione di Elena Dal Pra. A chiacchierare con l’autore è stato lo scrittore italiano Andrea Bajani.
Il libro nasce dalle annotazioni di eventi reali, con qualche riferimento autobiografico limitato a piccoli dettagli, mentre i personaggi che lo popolano sono inventati di sana pianta. Il protagonista, Arthur Less, è uno scrittore all’alba dei cinquant’anni che, per sfuggire in modo elegante allo scomodo invito al matrimonio del suo ex fidanzato, parte per un lungo viaggio alla scoperta di eventi letterari che lo porterà in giro per il mondo. Tra le varie tappe c’è anche Torino che l’autore tiene a precisare non ha mai visitato e che ha descritto affidandosi solo alla sua immaginazione.
La chiacchierata va avanti toccando varie tematiche, a far da cornice è l’atmosfera raffinata del Circolo, ma il grande leitmotiv della serata è la scrittura. Sean Greer definisce lo scrittore come un bambino alle prese con i suoi giocattoli, città, eventi, personaggi e chi più ne ha più ne metta. Insieme, i due autori arrivano a una definizione di scrittura molto calzante, una definizione che per certi versi sarebbe calzante anche per la traduzione, ovvero quella di un incantesimo che per funzionare richiede la formulazione di una serie parole che devono essere recitate in modo appropriato, si devono incastrare alla perfezione nel testo. Talvolta ti trovi a scrivere una frase che in prima scrittura è ideale, ma che poi modifichi e ne alteri “l’esattezza” tanto da dover tagliare certe parti, che altrimenti non funzionerebbero nell’insieme del testo. Pena, la rottura dell’incantesimo.
Quando un autore costruisce il suo libro, gli conferisce un’anima, una sua unicità. Esiste un vero e proprio pantheon di scrittori, ma ognuno parla di ciò che conosce al meglio, di ciò che è unico per lui o lei. E questa particolarità traspare anche quando ruba da altri autori, senza però imitarli. Scrivere comporta, come ogni azione, il fallimento, ed è proprio quando fallisci che puoi fare del tuo meglio perché solo allora sei nella posizione di testare le tue capacità e metterti realmente in gioco.
Sul blocco dello scrittore ha ben poco da dire. L’ispirazione non esiste ed è di gran lunga più importante sedersi alla scrivania e scrivere piuttosto che creare qualcosa di eccezionale. Più che di blocco dello scrittore si dovrebbe parlare di pigrizia dello scrittore, e l’unico modo per superarla è staccare internet, tirarsi su le maniche e lavorare. Che è anche l’unico modo per scappare dalla realtà delle cose e in qualche modo entrarne in possesso, dominarla. Non lasciarsene sopraffare.
Sostiene poi l’importanza dei premi letterari (argomento complesso e dalle tante sfaccettature) in quanto, ove non è presente una giuria popolare, il parere di esperti è interessante per avere un giudizio finale, ma in ultima istanza l’autore è consapevole di avere scritto un buon libro o meno. Anche Sean Greer sa di aver scritto dei libri che non funzionano, e lo confida con una risatina un po’ imbarazzata.
Nel complesso si è trattato di un gradevole incontro, carico di ironia e aneddoti, con uno scrittore che ha tutta l’aria di essere brillante e che spero di conoscere meglio in futuro. Certo, la nota stonata è stata una tendenza a monopolizzare da parte di chi moderava, ma ne è valsa la pena.
-Davide
Praticamente scrivere vuol dire formulare un mantra! 😂
ps anche nei circoli che ho frequentato io il moderatore monopolizzava la conversazione. Chissà!?!
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In un certo senso è proprio così 😂
Quella di monopolizzare dev’essere una caratteristica di (alcuni) scrittori italiani che hanno, a buon diritto o meno, un ego smisurato 😅
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Peggio per loro, non sanno cosa si perdono!
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