A cosa serve il genere? A cosa servono le etichette? Indubbiamente le etichette hanno un forte valore identitario, di rappresentazione individuale, ma quando si parla di libri la classica suddivisione in generi ha una funzione principalmente commerciale. Cosa succede se iniziamo a ragionare intorbidendo le acque, mescolando i confini tra quella narrativa pura che un tempo veniva considerata rispettabile e il genere più propriamente detto, il fantastico, l’horror, il weird, il giallo e giù a cascata tutte quelle etichette che siamo soliti associare a un libro o all’altro?
È un po’ questo che si propone di indagare la raccolta di racconti L’anno del fuoco segreto, pubblicata da Bompiani e curata da due dei venti autori presenti in volume, Edoardo Rialti e Dario Valentini. Il libro è stato marketizzato come raccolta di racconti new weird – e lo strano, lo sconcertante, il perturbante perfino, sono il nocciolo duro attorno al quale si sviluppano queste storie – ma è molto più di questo, travalica generi e confini.
E questo già si vede dal titolo, perfetta fusione tra L’anno del pensiero magico di Joan Didion e il fuoco segreto che tanto spesso invoca Gandalf nel Signore degli anelli. Due elementi apparentemente contrastanti che in realtà condividono la natura ibrida di un testo letterario che non accetta etichette e la natura ambigua di un fuoco la cui reale essenza sfugge al lettore. Nelle intenzioni dei curatori e delle autrici e degli autori che hanno partecipato a questo progetto editoriale c’è proprio l’idea di fondo dello sconfinamento letterario. La narrativa non è mai completamente reale, c’è sempre un frammento di finzione, e il genere non è mai sempre e solo tale, nasconde anche qualcosa di reale.
A partire da queste fondamenta si sviluppano venti storie molto diverse tra loro e che fanno eco ad autori e autrici molto diversi tra loro. Può capitare di trovarsi di fronte a creature che ricordano solo vagamente la forma umana, come nei racconti di Andrea Zandomeneghi e Dario Valentini – L’ombelico dell’Arno e Il drago delle rose, rispettivamente –, di essere immersi in una foresta rigogliosa che per atmosfera ricorda vagamente Annientamento di Vandermeer – è questo il caso di Deserto verde di Laura Pugno – di affrontare qualche oscura intelligenza elettronica, come in Barbablù_1 di Francesco d’Isa. Gli scrittori e le scrittrici di questo volume – tutti abituali frequentatori della forma scritta, chi della «narrativa pura» chi del genere – esplorano gli spazi oscuri della natura umana e le domande che ritengono più rilevanti nel mondo in cui viviamo.
Di fronte a questi racconti, alcuni li potremmo considerare brillanti esperimenti letterari andati a buon fine, chi legge non può che rimanere sconcertato dal caleidoscopio multiforme che ne risulta. Non c’è una storia che somigli all’altra, sono tutte dotate di un’anima tutta particolare. Hanno una voce unica. Sono di per sé la dimostrazione, insieme a tanti altri autori e autrici che in passato e tuttora hanno esplorato ed esplorano gli spazi liminali della letteratura, che, oltre al solito romanzo condito dal dramma di una famiglia borghese, la letteratura italiana è capace di ampliare i propri orizzonti e trovare nuovi spazi.
Questa vivace raccolta di racconti è il sintomo che anche i grossi gruppi editoriali finalmente si interessano all’idea di fare libri «altri». E in una edizione cartacea di grande pregio, accompagnata da un progetto grafico molto ben curato e con gli ormai tipici angoli tagliati delle edizioni Bompiani.
Nell’introduzione al volume dei due curatori, e durante l’evento di presentazione al Salone del libro di Torino di quest’anno, è stata usata una parola particolarmente calzante, che si sposa perfettamente alla natura di questo libro: sabba. L’anno del fuoco segreto è un sabba, nel senso che si tratta di un’esperienza collettiva e rituale, volta a esplorare gli spazi bui della natura umana e della letteratura per poi illuminare questa oscurità col fuoco della condivisione.
-Davide