Siamo alla seconda tappa della #ReadChristie2020. La consegna? Leggere un libro che, tra quelli che ha scritto, Agatha Christie amava particolarmente. Per essere certi di non sbagliare, nella nostra scelta, ci siamo rifatti a due autorità sull’argomento Agatha Christie. La scrittrice, da un lato, e John Curran, dall’altro. Quest’ultimo si può considerare a tutti gli effetti il massimo esperto mondiale delle opere e della vita di Agatha Christie. Alla fine, la nostra scelta è caduta su Nella mia fine è il mio principio.

Il romanzo, pubblicato per la prima volta nell’ottobre del 1967, è una delle storie più belle che Agatha Christie abbia mai scritto. Michael Rogers è un giovane spiantato che si accontenta di vivere alla giornata e che ha nel cuore un unico desiderio: vivere in una casa bellissima con una moglie bellissima. A consentire la realizzazione di questo desiderio sono una graziosa fanciulla, Ellie, e un prestigioso architetto, Santonix. La faccenda si fa complicata quando, per gettare le fondamenta della propria dimora, Michael sceglie Campo degli Zingari, una proprietà che la leggenda vuole essere stata sottratta a una tribù di zingari e che per questo atto di coercizione venne eternamente maledetta.
Michael è un giovanotto non particolarmente ricco che, ironicamente, ha una natura un po’ ‘zingaresca’. Non si ferma mai nello stesso posto per troppo tempo e cambia lavoro alla velocità con cui un costruttore abusivo costruisce una casa in un’area protetta. È proprio questa natura vagabonda, alla continua ricerca di qualcosa di intangibile, a far incrociare il suo destino con quello di Campo degli Zingari.

La narrazione è in prima persona e, come capita spesso nei romanzi di Agatha Christie, è delegata al protagonista, in questo caso Michael Rogers. Trattandosi di un racconto a posteriori, la Christie segue con maestria la memoria di Michael, accumulando un ricordo sull’altro, senza rendere per questo la storia confusa. E a leggerlo sembra quasi che Agatha Christie sia davvero un membro della working class, tanto quanto lo è Michael.
Il romanzo ha un periodo di gestazione molto breve, circa sei settimane. E si tratta di una storia straordinariamente atipica, molto diversa da quella a cui i lettori di Agatha Christie sono abituati. Per certi versi somiglia a un ibrido tra L’assassinio di Roger Ackroyd e Poirot sul Nilo. Senza entrare nel territorio degli spoiler, basti sapere che non è una indagine investigativa – sono assenti peraltro i famosi detective creati dalla Christie – ma è piuttosto una tragedia dalle tinte cupe e misteriose. Tant’è che sull’intera vicenda aleggia anche la questione della maledizione, avvicinando il romanzo ad alcuni dei racconti che sono usciti recentemente ne L’ultima seduta spiritica.
Ad arricchire queste tinte cupe contribuisce la doppietta di citazioni letterarie che la Christie evoca nel titolo e all’interno del romanzo. Nella mia fine è il mio principio, incipit della storia e, solo nel caso italiano, titolo del libro, è l’ultimo verso dei Quattro quartetti di Thomas Stearns Eliot e leggenda vuole che corrisponda anche alle ultime parole che Maria Stuarda avrebbe pronunciato prima di essere decapitata. Nel titolo originale inglese, Endless night, viene invece citata una poesia di William Blake, la stessa i cui versi ricorrono continuamente durante tutta la storia, sotto forma di canzone, accompagnata dalla dolce voce di Ellie. Il riferimento è ad Auspici di innocenza di William Blake.
Ogni notte e ogni mattina
Nascono alcuni alla miseria
Ogni mattina e ogni notte
Nascono alcuni al soave diletto.
Nascono alcuni al soave diletto
Nascono alcuni ad infinita notte.
Agatha Christie, si sa, spesso prende in prestito poesie, filastrocche e nursery rhyme, per usarle nei suoi romanzi. Un esempio tra tanti è È un problema, che ricorda le disavventure di Michael Rogers per un dettaglio fondamentale: la casa. In entrambi i romanzi, ma così è anche nel racconto Il Villino degli Usignoli e nel ben più celebre romanzo Dieci piccoli indiani, la casa getta un’ombra così imponente sulla storia da diventare a buon diritto anche lei un personaggio. Sarà l’influenza di Campo degli Zingari o forse del suo inquietante creatore ma è certo che la nuova villa di Michael ha un che di pericoloso.
Altra curiosità affascinante è che la Christie dedica questa storia a Nora Prichard (una delle nonne di Mathew Prichard, insieme alla Regina del giallo), svelando che ha sentito della leggenda di Campo degli Zingari per la prima volta proprio da lei. La storia dunque ha, almeno nella sua parte folcloristica, radici nella realtà. Nora viveva nella Valle di Glamorgan, nel Galles, dove si dice che una zingara avesse realmente maledetto una terra espropriata alla sua tribù.

La storia viene opzionata per un adattamento cinematografico e figura, con qualche modifica, in una serie televisiva. Il film risale al 1972, con protagonisti Hayley Mills e Britt Ekland, nei panni della giovane coppia. La puntata della serie tv, ispirata al romanzo, viene mandata in onda nel 2013, anche se con l’aggiunta del personaggio di Miss Marple, intepretato da Julia McKenzie.
Nella mia fine è il mio principio è uno di quei romanzi in cui Agatha Christie dispone tutti gli elementi utili alla risoluzione del ‘caso’ di fronte al naso del lettore. Ma quest’ultimo fa fatica a vederli, mescolati come sono a quella solo apparentemente innocua ordinarietà tutta british. Alla fine della storia sembra quasi che l’autrice si sia beffata del lettore, quando invece, se solo avesse collegato correttamente i puntini, alla soluzione ci sarebbe potuto arrivare da solo.
-Davide & Marco
Per la prossima tappa bisogna leggere una storia che Agatha Christie ha adattato per il teatro. Quale sarà la vostra scelta? Vi aspettiamo con i libri alla mano e vi auguriamo buone letture per una #ReadChristie2020 meravigliosa!
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